di ALBERTO BRUZZONE
Da quel crollo non ci si è più ripresi, né materialmente né dal punto di vista organizzativo. E il futuro è ancora un’immensa incognita. Era il 21 novembre del 2023 quando una parte del pavimento della scuola materna ‘Della Torre’ di Chiavari, in via Delpino, crollava, proprio mentre i bambini erano già nelle classi.
Solo per una fortunata coincidenza non si fece male nessuno, ma da quel momento l’asilo, che è inquadrato tra quelli paritari ed è gestito dall’Associazione Asilo Infantile Chiavari, non si è mai più rialzato in piedi, i settantacinque piccoli alunni e alunne sono stati destinati altrove, i dieci dipendenti (tra cui sette insegnanti) non sono stati ricollocati, i genitori hanno dovuto affrontare enormi e infiniti disagi, le liste d’attesa nel pubblico si sono allungate e la pietra tombale è arrivata nei giorni scorsi, quando è stata dichiarata la completa e totale inagibilità di tutto il palazzo di via Delpino, compreso quindi il piano superiore, che era occupato dagli uffici dell’incubatore e coworking Wylab, compreso pure il piano inferiore, sede tra l’altro della Chiavari Scherma.
Quando una struttura per la formazione chiude i battenti, è sempre un immenso problema per le famiglie. Figuriamoci se tutto avviene in maniera improvvisa e traumatica. Sino all’inizio dell’estate, si è fatto fronte come si è potuto, con trasferimenti e ricollocazioni temporanee. Poi, con l’avvio dell’anno 2024/2025 ormai alle porte, si sperava in soluzioni più durature, ma queste paiono molto di là da venire e rimane solamente la grande delusione da parte di mamme e papà, perché la materna ‘Della Torre’ era un gioiellino e, forse, non tornerà mai più a essere così.
Nei giorni scorsi, a ‘Piazza Levante, è giunta una lettera firmata, da parte di una mamma, che ha voluto esprimere con le sue parole tutta la delusione: “Scrivo queste righe in risposta all’articolo uscito qualche giorno fa riguardante l’asilo ‘Della Torre’: possiamo dire che alla fine ha vinto la politica, poco hanno importato le richieste e i sentimenti delle famiglie, delle lavoratrici che perdono anni di lavoro e soprattutto non interessano i bambini, il futuro che tanto dobbiamo proteggere. Ma cosa importa cosa chiedono proprio loro? L’importante è che siano ricollocati, come soprammobili che sposti da una parte all’altra della casa, cosa importa se perdono la continuità, la serenità raggiunta grazie a quelle insegnanti che hanno saputo ascoltare i nostri figli, che hanno insegnato l’amore e il rispetto, che li hanno coccolati e rassicurati quando ne avevano più bisogno, che molto più semplicemente hanno amato i nostri figli come se fossero i loro”.
La mamma prosegue: “Bisognerebbe fermarsi un attimo e imparare ad ascoltare un po’ di più i bambini, qualche giorno fa mia figlia mi ha detto che all’asilo avevano fatto i diritti e i doveri e ancora lei mi ha detto che è diritto di ogni bambino avere la propria maestra e che non vede l’ora di rivedere la sua… Ora come le dirò che oltre a non tornare nel suo asilo in via Delpino non tornerà nemmeno in quello di Ri, che ci ha ospitati quest’anno? Ma soprattutto come le dirò che non avrà neanche la sua maestra? Perché chi avrebbe potuto aiutare ha preferito far sì che i bambini venissero divisi?”.
Questo lo stato d’animo delle famiglie, frustrate e prese in giro, perché il Comune ha sempre promesso che avrebbe sistemato tutto (e lo sostiene pure in un comunicato di Palazzo Bianco): ma come stanno le cose al momento attuale? Quali prospettive ci sono dopo che si è chiuso l’infausto anno scolastico 2023/2024 e si sta per aprire il prossimo? Ci sarà ancora la soluzione di Ri? E, se sì, come?
‘Piazza Levante’ prova a fare un po’ di chiarezza e pone alcune questioni. Nelle scorse settimane, l’Associazione Asilo Infantile Chiavari, che degli spazi in via Delpino risulta essere proprietaria, ha prodotto con il suo presidente Alberto Sivori un piano economico per un’eventuale riapertura, in pianta stabile, presso un’altra sede. I costi per il funzionamento sono stati stimati in ottantamila euro. Per far fronte alle difficoltà, il piano è stato sottoposto al Comune di Chiavari, che già in inverno ha messo a disposizione i locali di Ri. L’Associazione ha chiesto la gratuità degli spazi, la gratuità della navetta dal centro di Chiavari a Ri e gli ottantamila euro per il funzionamento della struttura.
Il Comune di Chiavari ha rilanciato con trentamila euro (il massimo della quota che una civica amministrazione può assegnare a un ente paritario in difficoltà, come è indubbiamente e per ragioni assai evidenti il ‘Della Torre’), mantenendo però l’affitto degli spazi. Il resto del fabbisogno sarebbe potuto giungere da altri enti (la Regione Liguria su tutti), ma nessuno ha bussato ad altre porte e, a oggi, la situazione è questa: ad aprire i locali di Ri sarà direttamente il Comune, con un servizio di scuola materna comunale.
Quaranta i posti, due le insegnanti che sono state richieste al Ministero dell’Istruzione: nessuna traccia del vecchio asilo ‘Della Torre’. Tutte le famiglie hanno fatto l’iscrizione, molte sono rimaste escluse, alcune hanno scelto l’altra paritaria, ‘Santa Marta’, ma di fatto ancora una trentina di famiglie sono in attesa di collocazione (ci sono gli esuberi sia dell’ex ‘Della Torre’ che delle materne statali, che della materna comunale).
Un quadro complesso, e a finire nel mirino è il Comune di Chiavari: perché non è stato inseguito con maggiore convinzione il salvataggio del ‘Della Torre’? Perché non si è andati a bussare alle porte della Regione o di sovvenzionatori privati? Perché non si è mai concretizzato l’annunciato ricollocamento del personale del ‘Della Torre’? Come si pensa di gestire i bambini che sono ancora in lista d’attesa per l’asilo?
Domande che i genitori fanno e che meritano una risposta. A settembre, nessuno ritroverà le maestre di prima. E ci sarà chi non ritroverà neppure i propri compagni. Ci sarà chi ha perso il lavoro e chi ha perso la bussola. E ci sarà chi non ha affrontato la questione con più coraggio. Perché sì, serviva coraggio, servivano più attenzione e riguardo, ma sin dal giorno del crollo la priorità della civica amministrazione è stata quella di ribadire la natura privata del problema. Modesto pensare di sbrogliare la questione assumendo la gestione pubblica: perché si è accontentata solamente una parte dell’utenza, lasciando fuori molti altri. E ora questa lista d’attesa pesa come un macigno, e non si può più addebitare al crollo di un pavimento privato. Servono sforzi ulteriori, e servono velocemente. Le famiglie lo meritano e non aspettano altro.