di DANILO SANGUINETI
Oltre al sangue anche la pelle non mente? Perché pare proprio che nella famiglia Matteazzi scorra il talento calcistico e che sia abbinato a un tatuaggio, indelebile, uno scudetto con diavoletto nero in campo biancoceleste. Domenica 7 gennaio ad Ancona ha debuttato nella Virtus Entella che stava (e che avrebbe continuato fino al triplice fischio) difendendo un prezioso gol di vantaggio un centrocampista classe 2005: una manciata di minuti nella gara valida per la ventesima giornata del girone B di serie C, sufficienti anche se non ci fosse (e sicuramente così non sarà) un seguito per segnare un piccolo primato. Il ragazzo in questione, maglia numero ventisette, si chiama Ernesto Matteazzi ed incarna la terza generazione di calciatori che nell’Entella hanno militato e che con essa hanno colto o i primi o i più significativi successi. È il nipote di Bruno e il figlio di Matteo, attuale direttore generale del club guidato da Antonio Gozzi.
Bruno Matteazzi era nato a Chiavari nel 1934. Ha giocato per la Virtus Entella dal 1954 al 1963, centrando una promozione dalla Serie D alla Serie C nella stagione 1959-1960.

Matteo Matteazzi è nato a Chiavari nel 1971. Ha giocato come difensore per diverse squadre di serie B, C1 e C2, tra le quali Vastese, Aquila Montevarchi, Carrarese ed Empoli. Ma l’alfa e l’omega del suo percorso è stato vissuto da biancoceleste al Comunale. Aveva iniziato la sua carriera nelle giovanili dell’Entella, la concluse alla Lavagnese, già pronto a iniziare un iter da dirigente prima come direttore generale del settore giovanile, poi dell’intero club ai tempi della B e oggi della C.
Ernesto Matteazzi è il suo secondogenito, fin da piccolo ha mostrato di avere ereditato i geni pedatori di padre e nonno. Sempre in biancoceleste dai Primi Calci alla Primavera, a parte una stagione nella Under 18 della Sampdoria, sempre ‘sotto leva’, a confermare la precocità e le qualità atletiche del ragazzo. Uno che messo sotto i riflettori dei media dimostra di avere la ‘garra’ per prendersi l’intera ribalta.
Basta ascoltare le sue dichiarazioni intervistato dall’area comunicazioni dell’Entella. “Questa squadra è la mia passione, questo posto è il posto in cui ho iniziato a giocare a calcio. Il Comunale come la Colmata a Mare rappresentano i luoghi dove ho iniziato a fare quello che amo di più: giocare a calcio”. Non sono state tutte rose. “Ho guardato sempre avanti, ho passato dei momenti difficili, purtroppo sono capitati però per fortuna ho avuto persone accanto che mi hanno aiutato a superarli. Lo stimolo che ho avuto è sempre stato quello di raggiungere il mio obiettivo. Non l’ho ancora raggiunto, devo ancora lavorare tanto”.
Per lui la società di calcio è una seconda famiglia. “Vestire la maglia dell’Entella per me che sono nato a Chiavari e cresciuto qui è un orgoglio. Prima che giocatore, sono un tifoso di questa squadra, andavo allo stadio a vederla, lo faccio tutt’ora, quindi sono sia un tifoso che un calciatore di questa società e sarò molto orgoglioso di esserlo anche in futuro”. Minuto 86esimo di Ancona-Entella, i pensieri al momento di entrare in campo. “Mi sono passati davanti tutti i momenti nel settore giovanile, un percorso che è stato difficile. Sicuramente ero molto emozionato però per fortuna i miei compagni quando sono entrato in campo mi hanno aiutato, mi hanno aiutato molto e ho rotto l’emozione e negli attimi successivi al mio ingresso in campo”.

Nei giorni successivi le congratulazioni fioccavano. “Ho ricevuto un po’ di messaggi. Mi hanno fatto molto piacere quelli da parte di tutti i mister che ho avuto in passato. Il messaggio più importante però penso sia quello di mio papà perché è la persona che mi ha aiutato di più durante questo percorso, nelle difficoltà, e quindi il messaggio più bello l’ho ricevuto da lui. Sicuramente il mio sogno per il futuro è quello di poter giocare nel calcio professionistico. È chiaro che mi piacerebbe moltissimo giocare qui. Questo è stato sicuramente il primo passo però deve essere un punto di partenza, devo ancora migliorare tantissimo, spero di farlo il più velocemente possibile”.
C’è una tradizione di famiglia che si tramanda di generazione in generazione nel mondo del calcio: quella dei calciatori che di padre in figlio giocano per la stessa squadra. Un esempio emblematico è quello dei Maldini, una dinastia che ha legato il suo nome al Milan per oltre sessant’anni. La storia dei Matteazzi come quella dei Maldini, una storia di famiglia, di passione e di fedeltà. Una storia che continua e che potrebbe riservare altre sorprese in futuro. Nel fiume che lambisce il Comunale, il fiume da quale la società prende il nome, l’acqua scorre lenta ma costante. Così nel ‘fiume’ del calcio chiavarese scorre l’epopea dei Matteazzi, predestinati a seguire la corrente bianco e celeste.