(r.p.l.) Nell’aula di Palazzo Madama si è approvato nei giorni scorsi – con 85 sì, 21 no e 28 astenuti – il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa, la cui importanza strategica abbiamo messo in evidenza anche noi in uno degli ultimi editoriali di ‘Piazza Levante’ (leggi qui).
Il provvedimento, già approvato dalla Camera il 26 febbraio, diventa così definitivo. Il testo è passato con l’astensione del Pd, che accusa la maggioranza di aver svuotato la legge di iniziativa popolare presentata originariamente dalla Cisl. Soddisfatto il centrodestra, che parla di “svolta storica”. Plaude la ministra del Lavoro Marina Calderone: “Voglio ringraziare i parlamentari che hanno approvato in via definitiva la legge sulla partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese. Un impegno importante che abbiamo preso con le migliaia di firmatari e il mondo del lavoro, perché oggi abbiamo finalmente applicato l’art. 46 della nostra Carta fondamentale”.
Secondo la ministra, “si scrive oggi, dunque, una nuova fase dei rapporti nel mondo del lavoro: viviamo un’epoca di profondi cambiamenti, nella quale il lavoro e i lavori cambiano in maniera molto veloce, a volte anche con conseguenze sociali significative. Anche per questo, la collaborazione tra imprenditori e lavoratori assolve una funzione strategica, nell’ottica sia del rafforzamento delle imprese, che è la vera garanzia dei livelli occupazionali, sia delle trasformazioni aziendali e del grande tema della formazione della forza lavoro, la più grande sfida che abbiamo di fronte a noi. È stata scritta una pagina storica. Siamo felici di aver accompagnato il processo di approvazione della norma”.
Tra le senatrici che più hanno lavorato a questo obiettivo c’è anche la genovese Annamaria Furlan, già segretaria generale della Cisl. Nelle scorse settimane ha lasciato il Pd per Italia Viva anche per le titubanze dei dem proprio a proposito dell’iter di questa legge. Secondo Annamaria Furlan, “la legge sulla partecipazione è un passo in avanti importante per le lavoratrici e i lavoratori del nostro Paese. Nonostante le limitazioni e la riscrittura di ampie parti della proposta originaria della Cisl, il testo che abbiamo votato mantiene i pilastri normativi che lo rendono di fondamentale importanza per lavoratori e imprese, mettendo al centro il ruolo della contrattazione collettiva”.
Ma che cosa contiene questa legge? Il nuovo impianto normativo si propone di rafforzare la coesione tra datori di lavoro e dipendenti, valorizzare il lavoro anche in chiave sociale ed economica, favorire la democrazia economica e sostenere la sostenibilità d’impresa.
Le forme di partecipazione previste sono quattro: gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva. Ognuna ha caratteristiche e ambiti di applicazione specifici, disciplinati secondo criteri di flessibilità e compatibilità con la struttura societaria dell’impresa. Il testo riconosce un ruolo centrale ai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, che diventano il veicolo privilegiato per introdurre e regolare le diverse modalità di partecipazione. Anche gli enti bilaterali – organismi paritetici costituiti da rappresentanze sindacali datoriali e dei lavoratori – possono svolgere un ruolo rilevante, soprattutto nelle imprese di dimensioni ridotte.
La legge approvata in Senato nasce dalla proposta di legge di iniziativa popolare denominata ‘La Partecipazione al Lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori’, per la quale la Cisl ha raccolto quattrocentomila firme. L’idea era maturata in seguito al congresso 2022 del sindacato, quando era ancora segretario generale Luigi Sbarra. In un’intervista, aveva spiegato che “partecipare conviene a tutti. Ci sono decine di studi internazionali che dimostrano come le aziende in cui i lavoratori e le lavoratrici stanno meglio, hanno migliaia di euro di valore aggiunto in più rispetto alle altre e sono anche quelle più attrezzate ad affrontare questa fase di profondi cambiamenti”.
Daniela Fumarola, che nel febbraio scorso è succeduta a Sbarra, aveva nuovamente ribadito questi concetti poche settimane fa, nel corso di un’audizione al Senato. “Questa legge rappresenta una svolta culturale oltre che normativa. Per la prima volta il legislatore riconosce la partecipazione non come opzione astratta, ma come motore concreto capace di rilanciare salari, produttività, sicurezza e benessere lavorativo, legalità e giustizia sociale”. Per la segretaria generale, la nuova norma “valorizza la contrattazione collettiva come leva fondamentale per accordi partecipativi costruiti dal basso, nei luoghi di lavoro, incoraggiati da incentivi economici alimentati da un Fondo dedicato alla partecipazione dotato dal Parlamento di 71 milioni”.