di PAOLO DE TOTERO *
Ebbene sì, vi confiderò che ho un sogno. Anzi due. E sono strettamente connessi l’uno all’altro. Perché il primo, quello che mi ha accompagnato sino ad oggi ed è stato realizzato oltre 40 anni fa è stato possibile grazie a Lui, che ora non c’è più e comunque meriterebbe di essere ricordato in qualche modo. Perciò ho un sogno… “I Have A Dream” direbbe il reverendo Martin Luther King. Un sogno significativo, più o meno come il suo. Un sogno giusto. Un sogno per stimolare in qualche modo la memoria, una cosa che con questa esigenza di semplificazione, magari farà anche a pugni. Però in questo periodo in cui si parla sempre molto – e magari a sproposito – di comunicazione e informazione ha senza dubbio un segno.
E comunque è vero che l’oggetto del contendere, il ‘Corriere Mercantile’, ormai da nove anni – era il 27 luglio del 2015 – non esiste più, ma a maggior ragione visto che avrebbe compiuto 200 anni ed è uno dei giornali più longevi d’Italia, andrebbe in qualche modo ricordato.
Due storie strettamente connesse, due sogni, come dicevo. Il primo quello di diventare giornalista, nel lontano 1983 dopo i due anni di praticantato, si è realizzato grazie a lui che non c’è più, in quella redazione, un ex cinema, di via Archimede 169 rosso, in un giornale, quotidiano del pomeriggio e poi del mattino – dal 2001- in cui è stato direttore proprio Mimmo Angeli. Ed è stato Lui che ha accolto esule da ‘Il Lavoro’, altro giornale allora in cooperativa la cui proprietà era passata alla Rizzoli. Così raggiunto il sogno lì mi sono fermato per 32 anni. Praticante, giornalista, cronista, vice capocronista, capocronista e infine caporedattore. Sino a liberare il posto appena raggiunta l’età del pensionamento nel tentativo di garantire la sopravvivenza alla testata e ai colleghi più giovani.
La mia storia professionale che si è incrociata con i percorsi di tanti colleghi bravi ancora in attività e con quella di altri come me pensionati. Epperò un sacrificio vano. Visto che il quotidiano più antico di Genova nel luglio del 2015 ha dovuto chiudere per una sopraggiunta crisi finanziaria tra il disinteresse generale della classe politica e imprenditoriale. Per la verità ci sono state molte promesse, ma come spesso accade a Genova… nessuno le ha mai mantenute.
La mia personale impressione è che come figli di una cooperativa, per di più talmente ibrida da essere formata da giornalisti e poligrafici, la G&P appunto, venivamo spesso percepiti dai colleghi come figli di un dio minore. Tanto che quando decidemmo e comunicammo che dopo un accordo con ‘La Stampa’ di Torino saremmo andati in edicola come un giornale del mattino e non più del pomeriggio qualche collega maligno dell’altra testata genovese ci disse che da quel momento “avremmo dovuto cercare/imparare a scrivere in italiano”. Le ferree regole degli aziendalismi più seguite della solidarietà fra colleghi. Ma a Genova ha spesso funzionato così.

Perciò non mi stupisce che l’altro mio sogno, quello ancora da realizzare, che vorrebbe essere proprio l’apposizione di una targa sull’edificio nei cui locali dal lontano 1976 ha vissuto la cooperativa che editava il ‘Corriere Mercantile/Gazzetta del Lunedì’, non sia stato ancora preso in considerazione. Probabilmente le operazioni di memoria non sono più molto di moda. Ci ha provato un consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Stefano Balleari, presentando in ordine del giorno approvato all’unanimità in cui si chiedeva l’impegno del Comune di Genova per l’apposizione di questa targa. Ma in Sala Rossa è rimasto lettera morta.
E per questo sono qui a provare a risollecitare con questo mio scritto le istituzioni. Il ‘Corriere Mercantile’ in fondo è stato una fucina di giovani giornalisti, una sorta di palestra in cui ci si metteva alla prova e ci si accostava alla professione. E molti giornalisti della carta stampata e non ho visto passare da quei locali di un ex cinema teatro per mettersi alla prova. E qualche collega più giovane mi ha confidato dell’ebbrezza provata nel salire le scale dell’ex cinema che portavano alla redazione sistemata in quella che una volta era la ‘galleria’. Insomma ‘I Have A Dream’. E il mio sogno è quella targa apposta lì a ricordare i 200 anni di un giornale che ancora in città è ricordato. Uno dei tanti quotidiani genovesi degli anni Settanta. Una targa in quell’edificio dove compaiono ancora nella bacheca all’entrata una copia del quotidiano e una locandina pubblicitaria. Ci furono il giorno della chiusura, quel 27 luglio, promesse e rassicurazioni mai mantenute. E in fondo il fatto che questa mia perorazione compaia su un giornale edito a Chiavari dovrebbe assumere un qualche significato. ‘I Have A Dream’. E potrei suggerire anche il giorno adatto per apporre quella targa. Giusto il 27 luglio. Il giorno in cui nove anni fa il giornale chiuse i battenti.
(* già caporedattore del ‘Corriere Mercantile’ e ‘Gazzetta del Lunedì’)