È mancato nei giorni scorsi, a Sestri Levante, Vincenzo Gueglio. Malato da tempo, si è spento all’età di 76 anni. Esponente del Pci e personaggio molto conosciuto a Sestri, è stato consigliere comunale e assessore alla Cultura. Il suo amico Goffredo Feretto ne ha scritto un ricordo commosso che abbiamo il piacere di pubblicare. Anche l’editore e la redazione di ‘Piazza Levante’ partecipano al dolore della famiglia di Vincenzo Gueglio.
di GOFFREDO FERETTO *
Scrivo queste poche righe in ricordo di Vincenzo Gueglio con il magone in gola.
Vincenzo mi è stato amico per moltissimi anni, ma, interrogandomi adesso, mi domando quale sia stata la base del nostro duraturo rapporto.
Ovviamente potrei dire che avevamo interessi comuni, i libri in particolare e l’attività di editori.
Ma, questo non basta.
Ciò che ci legava era soprattutto l’immensa stima, quella che io ho sempre provato per lui (e spero che anche Vincenzo ne avesse un poco per me).
Che cosa è la stima? Secondo il vocabolario Treccani essa è “alta considerazione, opinione favorevole o comunque positiva che si ha di altri, delle loro qualità, capacità” ecc.
Sì, per lui ho sempre avuto un’alta considerazione, per le sue qualità e le sue capacità.
So che non riterrebbe pedante la mia citazione ‘treccaniana’, visto che ci accomunava anche un grande amore per la lingua italiana, che lui sapeva usare da vero maestro, come dimostrano ampiamente i suoi libri.
Quali le qualità per cui lo stimavo? Oltre l’ovvia ammirazione per il suo lavoro di scrittore, traduttore e saggista, le qualità che più apprezzavo in lui erano quelle puramente umane.
Chi lo ha conosciuto sa di che cosa parlo. Sottolineo soltanto tre caratteristiche: l’umiltà, l’ironia e l’impegno sociale. Vincenzo era un vero intellettuale, dotato di una cultura vastissima, ma, in tanti anni, non ho mai avuto occasione di vederlo ostentare il suo sapere, mai, un sapere che considerava un privilegio da condividere con gli altri.
La sua ironia era, a volte, per me addirittura spiazzante: ricordo certe battute affilate sulle quali dovevo riflettere qualche secondo prima di coglierne il senso. Affilate, ma sempre avvolte in una ‘pietas’ profonda, dentro uno sguardo indulgente per l’umanità intera.
Quanto all’impegno sociale, è nota a tutti la sua attività politica, sempre condotta senza acredine, considerando chi gli si opponeva soltanto come un avversario, mai come un nemico.
Ma ora basta. Mi fermo qui: Vincenzo non amava il peana e neppure l’epicedio – questa parola colta gliela devo, per farlo sorridere – pertanto non intendo tediarlo oltre, laddove egli si trova in questo momento.
La terra ti sia lieve, caro amico.
(* editore e libraio)