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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Fuggetta, il ‘boss’ del calcio giovanile in Liguria: “Ci interessa soprattutto l’educazione sportiva”

“Se mi chiedono come sta il movimento in Liguria, dico che non sta proprio male. Purtroppo noto una mancanza abbastanza pronunciata nella conoscenza delle norme”
Aldo Fuggetta (a destra nella foto) vanta una notevole esperienza nel mondo del calcio
Aldo Fuggetta (a destra nella foto) vanta una notevole esperienza nel mondo del calcio
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di DANILO SANGUINETI

Fare il dirigente di calcio al giorno d’oggi è un diavolo di lavoro. E farlo nel settore giovanile è un diavolo al quadrato perché bisogna combattere contro una concorrenza – delle altre discipline sportive – che solo vent’anni fa era impensabile, contro le difficoltà causate dalle nuove, più dettagliate e assai più complesse normative, da nuove filosofie educative e strategie di gioco che hanno cambiato, anzi hanno proprio capovolto l’intero sistema del calcio italiano.

Perciò diventa ancor più meritevole l’apporto che danno da decenni uomini appassionati come Aldo Fuggetta. Sessant’anni suonati, di Sestri Levante, vive a Levanto, pensionato, in precedenza macchinista delle Ferrovie dello Stato. Il calcio una passione mai raffreddatasi. Prima come atleta, poi come dirigente. Ha scalato i gradi della carriera, passando dai club alla Federazione, prima nella Delegazione del Levante, poi alle dipendenze del Comitato Regionale Ligure della Figc, con la qualifica di “Coordinatore Federale Regionale FIGC-SGS Liguria”. E lui a tenere le fila dell’intera attività delle società che fanno capo al Settore Giovanile Scolastico da Ventimiglia a Sarzana. Scelto dal presidente della Figc Gravina. 

“La ‘colpa’ se siamo arrivati a questo è di Renzo Uzzecchini, che mi catturò tanti anni fa. E che è stato il mio professore, mio maestro. Mi convinse quarant’anni fa a dargli una mano nel settore giovanile del Sestri Levante. Io ero l’organizzatore, responsabile del settore giovanile invece lui era responsabile tecnico. Abbiamo portato la nostra esperienza anche al Casarza. Intanto allargavo le mie conoscenze all’interno del calcio levantino. Non posso non ricordare un altro fraterno amico, Enzo Malatesta, colonna del calcio della Fontanabuona, che è stato un altro prezioso consigliere”. 

Nel 2014 un grave lutto familiare lo induce a prendersi una pausa, lascia il Casarza. “Dopo pochi mesi mi chiamò Giulio Ivaldi, l’attuale presidente regionale della LND e mi chiese se volevo far parte dello staff della Figc. E da lì è partito tutto: dal 2015, sono in Federazione come membro del Levante. Il 21 di settembre di quest’anno mi chiama il presidente Ivaldi informandomi che c’era questo ruolo di coordinatore regionale da assegnare e che avevano pensato al sottoscritto. Ho accettato con entusiasmo”.

Anche se il lavoro da fare è e sarà tanto e complesso… “Certo, ed è proprio questo il bello della sfida. Ci occupiamo di tutti i settori giovanili e scolastici, dei club che fanno solo quello fino ai club che hanno il vivaio accanto alla prima squadra. Ce ne sono una marea, stare dietro a tutti non è facile”.

Qual è la missione del coordinatore? “Quella di trasmettere a tutti i settori giovanili il programma di formazione e di educazione elaborato dalla Federazione sfruttando il lavoro di decine di professori e tecnici del più alto livello. Sia chiaro, noi diamo un suggerimento, nel senso non è un obbligo ma un indirizzo. Non stiamo con il fucile spianato, deve essere un rapporto di collaborazione manifestando disponibilità nei confronti dei club ai quali spieghiamo regole e regolamenti. Forniamo le linee guida, come orientarsi con i regolamenti”.

I vivai arrivano da anni difficili, la pandemia sicuramente ha tagliato un po’ le gambe alle società ma oggi la ripresa si avverte dappertutto. “Se mi chiedono come sta il calcio giovanile in Liguria, dico che non sta proprio male. Purtroppo noto una mancanza abbastanza pronunciata nella conoscenza delle norme. Diciamo che una buona metà delle società della Liguria non sono attente ai vari regolamenti. Mi spiego meglio riferendomi alla mia attività di responsabile provinciale: nelle verifiche gara non sempre vengono rispettati i regolamenti di base. Molti bambini giocavano senza parastinchi, in panchina non c’era un ordine ben preciso, a volte non si tenevano sotto controllo i ragazzini, molti genitori sugli spalti davano spettacolo tenendo comportamenti disdicevoli. E infine gli stessi regolamenti del settore, quando si gioca a 5, quando si gioca a 7, quando si gioca a 9, non sempre vengono rispettati, non perché non vogliono rispettarli ma perché non c’era abbastanza informazione in quel settore”.

Ed è complicato spiegarlo e, soprattutto, farlo comprendere agli addetti ai lavori. “Magari gli allenatori sono di uno stampo un po’ vecchio, non stanno a passo coi tempi. Come comunicare che le nuove regole implementano molto i giochi prima di fare le partite? Non sono molto ben accettati dalle società, soprattutto dagli allenatori”. Questione di cultura? “Esatto, ci vuole un cambio di mentalità. Non sono più i corsi di formazione di una volta, questi sono corsi molto più vicini a certi programmi di formazione, di educazione, perché alla Federazione non interessa scoprire talenti. Il talento è scientificamente provato che fino all’età di 14, 15 anni non viene fuori. Siamo nella fase preliminare alla individuazione dei possibili campioni. Qui parliamo di bambini dai 5 agli 11 anni, ci interessa che sui campi di calcio ci sia l’aggregazione sociale, ci sia la formazione, soprattutto l’educazione sportiva”.

Una filosofia che sembra fare a pugni con tradizioni consolidate. “Io cerco di far capire che il calcio, come gli altri sport, come la vita di tutti i giorni, non è più quello di venti fa. E che bisogna sempre studiare, aggiornarsi, riflettere, ripensare al proprio lavoro. Non basta fare un corso, prendere un patentino e pretendere di sapere tutto, per sempre. Ho sempre in testa la frase che il grande Renzo Uzzecchini mi diceva praticamente ogni giorno. Ricordati che c’è sempre da imparare. Se pensi di essere arrivato vuol dire che non sei ancora partito”.

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