di DANILO SANGUINETI
La fratellanza dei ritrattisti. Un nome, due studi, cinque inventori. Di immagini che non è meno creativo e meno stuzzicante per la sensibilità dei fruitori. Foto Mariuccia che diventa Foto Flash, una donna fotografa negli anni Venti e Trenta del Novecento, rara nel mondo, mosca bianca nel Tigullo, poi due nipoti che respirano i nitrati ancor prima di essere svezzati, e poi ancora due figli che nella culla giocano con i ‘cannoni’ e i lampeggiatori (i cosiddetti flash appunto) invece che con gli orsetti.
La storia dei Sanguineti fotografi tra Chiavari e Lavagna, ritrattisti e cronisti, paesaggisti e reporter andrebbe raccontata a puntate perché ogni anno, ogni svolta dell’azienda di famiglia meriterebbe un racconto a parte. Maria Darliny, Giorgio e Mario Sanguineti, Mauro e Luca Sanguineti ossia Foto Mariuccia che era situato a Chiavari in corso Garibaldi 57 e Foto Flash che è aperto in vico Palestro, una traversa di via Nuova Italia a Lavagna.
Spetta al più giovane della stirpe, Luca, 58 anni nascosti dall’eterna aria sbarazzina, riassumere una carrellata fatta di tanti fermo immagine nel senso più letterale della espressione. “Partiamo dalla mia prozia, sorella di mia nonna, Maria Darliny, che negli anni Venti va a Genova ad imparare il mestiere dal grande Fantato, uno dei fotografi più apprezzati nel primo Novecento tra quelli formatisi all’ombra della Lanterna”.
Ha una passione che non può essere frenata dai tanti ostacoli mentali prima che materiali (stiamo parlando dell’Italia postbellica e prefascista…) che si frappongono tra una ragazza e una professione che è ‘roba per maschi’. Ha capacità e mostra dedizione, Fantato, da maestro e artista, ci mette poco a capire che la ragazza è portata. E le affida un incarico delicato: aprire una succursale dell’agenzia nel Tigullio. Apre in via Entella e Maria lavora 24 ore al giorno perché oltre al commerciale cura il lato artistico della fotografia.
Niente figli ma due nipoti, Giorgio che nasce nel 1933 e Mario che lo segue due anni dopo, che fanno da garzoni di bottega. Tuttofare, dallo spazzare per terra al reggere le lampade al magnesio per illuminare i soggetti che vogliono il ritratto ‘bello’ della Mariuccia. Nel dopoguerra Maria si mette in proprio e va in corso Garibaldi. L’insegna recita sin dal primo momento Foto Mariuccia perché il suo nome fa garanzia.
“Mio papà e mio zio ancora minorenni si dimostrano fotografi esperti in ogni genere della nostra arte, sì consentitemi di chiamarla così, dal ritratto al paesaggio, dal fatto colto al volo alla posa che può durare ore per ritrarre un momento particolare della natura o della città. Nel 1958 diventano collaboratori del ‘Secolo XIX’, nel 1962 aprono l’agenzia giornalistica che è incaricata di procurare immagini quotidiane al ‘Decimonono’. Fanno una vita di inferno, si alternano in turni lunghi di diversi giorni nei quali sono reperibili sempre, anche e soprattutto di notte perché nel nostro mestiere gli orari li fanno gli avvenimenti”.
Ne sa qualcosa Luca, che continua a fare questa vita. “Papà Giorgio si aggiunge una complicazione. Non contento di una vita senza pause, segue la Sampdoria, di cui è tifoso a livello patologico, ovunque, sempre a Marassi, spesso nelle trasferte. Mio zio deve coprirlo nel negozio nei weekend in cui sparisce per cantare con le immagini le vittorie e le sconfitte (per tanti anni soprattutto le seconde n.d.r.) dei beniamini blucerchiati”.
Dal 1970 ufficializza anche il rapporto con la Samp. E intanto alleva altri due ‘malati’ di clic, i figli Mauro, classe 1959, e Luca. Nel 1977 una separazione, la prima e l’unica in famiglia. “Mio padre e mio zio decidono di dividere le strade. Caratteri diversi, più estroverso Giorgio, più chiuso Mario. Papà sceglie Lavagna, apre in via Nuova Italia e mette subito al lavoro in negozio me, mio fratello e mia madre Maria Teresa”.
Una frattura che con il tempo si salderà anche se un po’ dolore nell’anima rimarrà. “Si divisero le zone di influenza, mio zio copriva Chiavari, Zoagli, mio padre Lavagna, Sestri, Moneglia per i clienti e per il giornale”.
Giorgio delega ai due figli il più possibile, facendo fare loro, però, la più classica delle gavette. “Io l’ho subita un po’ di più di mio fratello, che si è subito abituato ai ritmi del negozio, ed ha cominciato a collaborare anche con il ‘Secolo’. Il sottoscritto per 4 anni ha pensato di fare un altro lavoro, poi il richiamo della foresta è stato troppo forte e sono tornato. Con Mauro andiamo d’accordissimo, lui è quello che fa quadrare i conti, io sono un po’ più giramondo, mi appassiona il lavoro on the road. Insieme facciamo funzionare il team Flash, almeno lo spero”.
Luca, che è anche consigliere di maggioranza e collabora con il sindaco Mangiante, e che all’apparenza dà l’idea di vivere il momento, si rivela una miniera di aneddoti e molto attento alla storia professionale della famiglia. “Mia zia mi raccontava del suo archivio, dei ritratti fatti a tutti i partigiani scesi dalle montagne il 25 aprile 1945. Sono una serie di piccoli capolavori, vere descrizioni di tipi e istantanee preziosissime di un momento storico fondamentale per il nostro Paese”.
Un sorriso appena velato dal rimpianto quando ricorda la passionaccia del padre per il calcio. “Era diventato l’ombra dei giocatori della Samp, adorava Flachi ed era tanto devoto che già malato andava a Marassi imbottito di medicinali pur di non mancare a una gara dei suoi beniamini. Pochi giorni prima di morire, era il 2007, gli portammo una maglia di Montella con una dedica speciale per lui, vidi gli occhi illuminarsi. Volle una foto con l’indumento”.
Il modo giusto che un grande fotografo scelse per andarsene, con una testimonianza di cosa aveva veramente contato nella sua vita. Sino a quando gli fu possibile, andava in negozio per dare una mano e se possibile fare un paio di scatti. “Non abbiamo, anzi non avevamo mai chiuso in tanti decenni. Solo per il funerale di papà e quello dello zio che mancò un paio di anni dopo, e naturalmente adesso per le note vicende”.
L’arte e il commercio della fotografia avevano problemi prima, quanto accaduto non potrà che peggiorarli. “È vero, penso ai servizi per il giornale ma anche ai matrimoni o alle cerimonie. Ci sarà poca voglia di celebrare”.
Forse. Invece di ricordare, caro Luca, ci sarà ancor più necessità. E chi meglio di un fotoreporter doc come te e tuo fratello sapranno come e quando farlo?