di DANILO SANGUINETI
Al centro di Rezzoaglio spicca un arco trionfale che incornicia un cancello, discesa e una casa-cubo del post razionalismo tardo novecentesco. A concludere un’insegna con ghirigori fioriti in stile liberty sulla quale si legge: ‘Nuovo Liquorificio Fabbrizii in Val d’Aveto’. Ti aspetti di vedere Ernesto Calindri sbucare da dietro l’angolo: il pensiero corre a una famosa China e una celeberrima bevanda a base di carciofo.
Ci vorrebbe il forbito attore-dandy come uomo-immagine delle specialità di casa Fugazzi, la famiglia che ha portato alla luce con un’operazione di archeologia alimentare le disperse ricette del cavalier Fabbrizii. Sarebbe bellissimo associare anche ai suoi prodotti un’immagine che si imprima nei cuori. I liquori prodotti a Rezzoaglio sono dei ‘tempi dei garibaldini’ e ti senti subito meglio, al riparo ‘dal logorio della vita moderna’. Il che non deve far pensare a un retrogusto di anticaglia, a qualcosa che valga come sciapo amarcord.
L’Operazione Liquorificio è stata ideata e realizzata in modalità open per mettersi al passo con i tempi e catturare oltre il cliente giovane anche quello smemorato. Evocare l’Amaretto di Saronno, la Ferrochina Bisleri per chi è cresciuto a spritz, apericene e Red Bull è un po’ come parlare del telefono a rotore se non del dagherrotipo, gli under 40 ne hanno una vaga nozione. Strappare alle sabbie del tempo, nella fattispecie un canterano, un mondo che non è esiste più è un atto di coraggio.
Giorgio Fugazzi, uno dei sei soci che hanno fondato l’azienda, lo definisce una scommessa. “La genesi del liquorificio spiega chi siamo e cosa vogliamo fare. La mia famiglia aveva una ditta, una piccola industria che operava in un settore di alta specializzazione. Facevamo analisi particolari, studi di dinamiche sulle macchine vibranti che operano nel campo dell’energia, particolarmente i macchinari per la dissalazione. Un grande gruppo inglese voleva le nostre competenze e ci convinse a vendere sei anni fa. Non ci siamo trovati bene, inutile negarlo: passare da una realtà con 17 dipendenti a essere inseriti in un’azienda da 17mila operai è traumatizzante. Le aspettative che avevamo non si sono concretizzate. La nostra mentalità era quelli degli artigiani, super professionali ma anche umani. Noi eravamo tra i pochissimi nel mondo ad avere quelle competenze, ed eravamo una delle tre ditte cresciute a Genova al tempo di Ansaldo, Italimpianti e Fincantieri. La decisione di cambiare è stata spontanea e condivisa da tutti noi della famiglia”.
Ci vuole lucidità nel riconoscere di avere imboccato un vicolo cieco. Il passo successivo era ancora meno scontato. “Nel 2017 ci siamo domandati: cosa facciamo da grandi? In soccorso, in maniera casuale (oppure no per chi crede nel karma, ndr), è arrivato un trasloco: per ragioni di salute mio suocero aveva dovuto lasciare la sua vecchia casa, avevamo voluto salvare gran parte della mobilia, antica e molto bella. Dai cassetti di un canterano saltò fuori il ricettario di Fabbrizii, il bisnonno di mia moglie, dentro le formule per la produzione dei liquori, un ricettario del quale si erano perse le tracce e che era ormai ritenuto una specie di leggenda”.
La Schliemann dei Fabbrizzi è Laura, moglie di Giorgio, come lui e come il loro figlio Fabrizio, ingegnere. “Quasi non credevamo ai nostri occhi. Il quaderno con le formule scritte di suo pugno: grazie a questo prezioso reperto non solo abbiamo finalmente potuto assaggiare le sue creazioni tanto decantate in famiglia, ma abbiamo potuto riprodurre aperitivi e digestivi eguali a quelli che oltre 120 anni fa facevano furore”.
È tempo di conoscere Giovanni Fabbrizii, liquorista e caffettiere. All’inizio del secolo scorso apre la sua rinvendita (mescita) nel centro di Sestri Ponente. “Aveva inventato un amaro e un aperitivo che forniva a varie casate nobiliari e che da Genova spediva in tutta Italia. La Genova bene si ritrovava da lui per farsi vedere e per gustare il famoso Amaro Fabbrizii, ‘liquore tonico digestivo’ fornito anche ai Duchi di Savoia”.
Nel corpus di documenti rinvenuti da Laura ci sono testimonianze di valore. Oltre a teste coronate (un biglietto di ringraziamento della Regina Margherita), stemmi nobiliari, anche una lettera del professor Edoardo Maragliano: l’illustre virologo aveva gradito il dono di alcune bottiglie della bottega e rispondeva a Giovanni sostenendo che a suo parere l’amaro aveva delle qualità eccezionali, addirittura meglio del Fernet Branca”.
Fabbrizii apre un secondo negozio a Sanremo, gli affari vanno molto bene, poi i tempi cambiano, il fondatore invecchia e con la Seconda Guerra Mondiale amaro e aperitivo escono di produzione. Ottanta anni dopo… “Ci siamo detti: proviamo questa avventura dove da una parte c’è Laura, che è la depositaria dell’archivio di famiglia e dall’altra c’è Fabrizio, mio figlio, che è amministratore delegato della società. Loro sono gli artefici, io sono il consulente, dò una mano”.
Reinventarsi a una certa età e sentirsi di nuovo giovani: “Siamo imprenditori, il mettersi continuamente in gioco è qualità imprescindibile, secondo me. Una volta lanciata la scommessa non puoi esitare e vai fino in fondo. Niente compromessi: il locale aperto qui a Rezzoaglio il mese scorso vuole rinverdire i fasti di quelli del cav. Fabbrizii”.
E a breve ci sarà un’altra inaugurazione che sarà un altro recupero del passato, un altro tuffo nella memoria. “Oltre ad aver stabilito la sede del Liquorificio nel centro di Rezzoaglio, stiamo infatti ristrutturando la bellissima villa detta ‘Ravenna’ dal nome dei suoi vecchi proprietari: un gioiello dell’architettura Liberty la cui torretta è visibile da quasi tutta la valle, simbolo di un’eleganza che ci riporta con il cuore e con la mente al celebrato locale di Giovanni Fabbrizii. Qui inaugureremo presto un boutique hotel in grado di offrire ai turisti una struttura d’accoglienza unica per il suo charme. Abbiamo anche acquisito vari terreni in diverse zone della valle per poter coltivare in totale autonomia e in regime biologico le botaniche per i nostri liquori: non vediamo l’ora di aprire la nostra azienda agricola e mostrare quanta cura mettiamo nei nostri prodotti”.
Il ‘jolly’ Giorgio getta per un attimo la maschera. Siamo oltre il divertissement, qui si fa estremamente sul serio. “Le prime settimane, con la vendita al dettaglio, sono andate bene, direi meglio delle aspettative. È importante ma non è decisivo. Siamo molto ambiziosi, il nostro sogno è arrivare in tutto il mondo: il target è piazzare i nostri prodotti sul mercato globale”. Il che significa su ordini di grandezza cento volte superiori a quello attuale. “Lo ammetto. Stiamo cercando agenti, impiegati, tra qualche giorno andiamo a parlare in Centro Italia con esportatori che lavorano con la Russia e la Cina. Nelle settimane scorse li avevamo contattati, adesso andiamo a ‘braccarli’ di persona. Venti giorni fa abbiamo portato il nostro campionario negli Emirati Arabi, le nostre bottiglie sono piaciute, e ci hanno detto di parlare con i loro venditori in Italia”.
Un ingranaggio che si muove lento ma costante. “Il prodotto è buono e noi siamo sei soci – una famiglia e due giovani che è come se fossero parenti – che lavorano in armonia. La sintonia ci permette di conservare i piedi qui dove sono le nostre radici e allungare lo sguardo oltre l’orizzonte”.
Giorgio: “Mi raccomando, sono solo un primus inter pares”. Laura: “Orgogliosa nipote del bisnonno Giovanni”. Fabrizio: “Io e i miei abbiamo un’inclinazione naturale per la ricerca, per l’organizzazione, per il far funzionare bene le cose”. Serena: “Appena è nato nostro figlio Riccardo mi sono voluta dedicare a questo nuovo progetto credendo anch’io fortemente nelle potenzialità della Valle”. Marco Molfino: “Ho conosciuto gli altri grazie al basket, e non appena mi è stata proposta la possibilità di collaborare a questo ambizioso progetto non ci ho pensato due volte”. Giovanna Canepa: “Ho conosciuto i Fugazzi ai tempi della squadra di basket e lo spirito che caratterizzava quei tempi lo ritrovo tutti i giorni nel lavoro e nel progetto liquorificio che ho visto nascere dall’inizio e che sento mio”.
Una famiglia allargata, orgogliosamente ligure, di mare e di terra, di Ponente e di Levante. La parte di Ponente discende da Giovanni Fabbrizii, imprenditore a Genova ed è legata a Sestri Ponente e a Pegli. La parte di Levante è radicata dal 1600 in Val d’Aveto, Rezzoaglio e Santo Stefano, oltre che a Recco e Chiavari.
I liquori hanno sempre avuto gran parte anche nella casa dei Fugazzi che da oltre mezzo secolo ospita grandi pranzi e feste tra amici e parenti. “Abbiamo un legame profondissimo con la Val d’Aveto: siamo cresciuti tra i suoi prati e i suoi boschi, raccogliendo bacche, radici, cortecce, erbe e fiori per fare in casa liquori di ogni tipo, dai classici prugnolo, erba Luisa e nocino, ai grandi mix che ogni anno regalavano emozioni diverse al primo assaggio. È stato naturale per noi portare qui anche i liquori storici di Giovanni Fabbrizii, perché il nostro è un progetto che va oltre la bottiglia: vogliamo infatti far conoscere questa meravigliosa zona dell’entroterra ligure a tutto il mondo… un bicchierino alla volta”.
Aperitivi e digestivi, come una volta. Prima e dopo i pasti: l’Amaro, l’Aperitivo, il Gin Rusagni e il Limoncello di Santo Stefano sono sempre buoni perché sono tutti fatti con ingredienti naturali, senza conservanti e senza coloranti. Come una volta. Artigiani nel tono, nel rispetto assoluto del fattore umano; manager da paese globale, per ambizioni e visione, senza steccati, capaci di fare le pulci ai cinesi del rabarbaro e agli indiani del ginseng. I valori del canterano. Un liquore quindi un liquido, uno stato proteiforme che sa adattarsi ai contenitori. Come l’ingegno della famiglia Fugazzi, duttile e pronto a cambiare alla bisogna.