di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
Lo scorso fine settimana si è tenuta la seconda edizione di “Zueni Festival”, una manifestazione originale e dedicata ai giovani, dove i temi affrontati li vedono protagonisti e attori delle diverse proposte offerte. Chi scrive non appartiene da lungo tempo a questa categoria: la mia fascia d’età mi pone tra i “matusa”, ma la curiosità mi accende passioni che mi inducono a partecipare e vedere cosa combinano i giovani d’oggi; una curiosità senza nessun preconcetto verso questo mondo.
Qui sorge subito una domanda: perché occuparsi dei giovani? Naturalmente non mi passa minimamente per la testa il pensiero della critica, spesso motivata dall’invidia della loro giovane età. Semplicemente, sono interessato a capire il possibile futuro; e i “Zueni” lo rappresentano, lo costruiscono e lo mettono in pratica, se diamo loro occasione d’esprimersi autonomamente. A questo riguardo desidero citare il testo dello studioso che più di ogni altro ha verificato la loro discesa in campo, l’inglese Jon Savage, che propose persino un’ipotesi sull’ invenzione dei giovani, arrivando a intitolare così la stimolante opera che ha dettato le norme d’indagine sulle nuove generazioni.
Il suo libro individua nel periodo post bellico il momento della discesa in campo dei più giovani come soggetti autonomi, e sostiene che allora per la prima volta nella storia gli adolescenti e i teenager si presentavano con una loro proposta autonoma e originale. Bene, ho provato a indagare sul nostro territorio e ho potuto ritrovare le tracce che lo studioso inglese ha esplorato.
Noi arriviamo un po’ dopo, ma copriamo l’intero spettro culturale di quel tempo. I primi “capelloni”, le prime agitazioni a scuola, le prime proposte di un nuovo linguaggio, in particolare musicale. Naturalmente sarà il Sessantotto a consacrare ufficialmente la presenza dei giovani e delle loro proposte, ma se guardiamo con attenzione possiamo trovare già prima alcuni avvenimenti di grande interesse.
Possiamo riprendere, proporlo come elemento di datazione, l’arrivo dei Beatles in Italia, con un concerto a Genova Palasport nel 1965: data memorabile e coincidente con l’uscita di un’apposita rivista dedicata a quella proposta musicale, denominata appunto “Giovani”. L’anno seguente si verificò un fenomeno che ebbe come epicentro il Tigullio: a Rapallo si organizzò il primo “Concorso Davoli” al quale partecipano migliaia di giovani musicisti con i loro “Complessi”. Sfogliando le pagine del Secolo si possono rileggere decine d’articoli di cronaca, ed una nuova parola tipica di quel tempo: i ‘capelloni’. Ho provato a ricercare i documenti e le delibere di quelle iniziative ed ho trovato proposte davvero incredibili: il concorso di Rapallo avrebbe dovuto sostituire il Festival di Sanremo!
Procediamo ad un approfondimento e verifichiamo chi vinse quell’edizione sanremese così contestata: fu Domenico Modugno con “Dio come ti amo”. E chi ebbe il maggior successo in quei giorni a Rapallo? non c’è dubbio, furono i Corvi con “Sono un ragazzo di strada”. Una canzone ritenuta rivoluzionaria e ripresa da un gruppo, i Brogues, che aveva come autrici due ragazze.
Tornando a sfogliare le pagine del Secolo XIX troviamo la prima edizione di Ribalta Studentesca a Chiavari, gli istituti superiori alle prese con una rappresentazione teatrale, testi, scene, musiche, tutto fatto nei locali scolastici.
Ora è il momento di tornare a “Zueni” dello scorso fine settimana. Siamo nella sala Ghio Schiffini, e si discute di sceneggiatura e possibili proposte di soggetti per film serie TV. Gli studenti hanno avuto modo di prepararsi con l’aiuto di un giovane chiavarese ormai del mestiere, Nicola Peirano, che ha coordinato quattro gruppi di proposta. I “Zueni” protagonisti sono davanti al pubblico e argomentano le loro proposte creative; ognuno porta un momento del lavoro e si apre il confronto con la giuria. I ragazzi sono pronti, argomentato e sostengono le loro idee. Il premio è molto interessante e coerente con lo spirito della manifestazione, il gruppo che è stato riconosciuto vincente riceve in premio l’iscrizione ad un corso per sceneggiatori, naturalmente on line.
Altro momento davvero interessante è dedicato alla tradizione culinaria; si esce dall’Economica, si attraversa la strada e ci si ritrova da ‘Luc-King’, il re della farinata, per una dimostrazione capace di narrare secoli di storia: la preparazione dell’impareggiabile miscela di farina di ceci, acqua, olio e sale.
Ecco forse la chiave del successo di questa sperimentazione, una sorta di paradosso, ma capace di coniugare con linguaggi attuali un corso di sceneggiatura e la migliore arte culinaria, i linguaggi del video maker e il ‘testo’ in rame, il corso on line e la secolare osteria Luchin.
Il cammino del Festival prosegue con nuove possibili esperienze, dove ci possiamo chiedere come poter fare commercio, non nella bottega, ma sui social media, ancora oltre con la possibilità di creare un podcast e avere ascolti, successo. Ora si rientra in Economica e si sale nel Giardino dei Lettori, una nuova platea per ascoltare temi strategici e fondamentali, dall’energia ai nuovi confini del mondo.
Ecco una breve sintesi di ciò che ho vissuto al “Zueni”: ho ritrovato una dimensione importante e di grande utilità, nella certezza che le giovani generazioni sanno innovare e innovarsi, con i loro linguaggi, le esperienze e le idee. I veri anziani sanno ascoltare la loro voce e non emettono verdetti, ma alzano gli occhi per aspettare, tutti insieme, il futuro.
(* storico e studioso delle tradizioni locali)