di FABRIZIO DE LONGIS
Circa trentaquattro miliardi e mezzo di euro per le infrastrutture liguri. Investimenti su treni, autostrade, porti, città e mezzi pubblici. Un totale di 147 progetti. Quasi un desiderio più che un programma.
È quanto Regione Liguria ha previsto come opere necessarie e strategiche per le infrastrutture da oggi al 2030. A identificare gli interventi considerati strategici per il territorio ligure, è il Piano regionale integrato su infrastrutture, mobilità sostenibile e trasporti, abbreviato in Priims.
Il documento approvato dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta, ripercorre un insieme di interventi macroscopici, come la realizzazione della Gronda autostradale o il Terzo Valico, fino alle indicazioni di maggiore integrazione fra il trasporto pubblico regionale (prevalentemente ferroviario), e quello urbano (quasi sempre su gomma).
Un lavoro durato tre anni che punta a delineare un quadro di insieme volto soprattutto a due punti: pianificare la mobilità in Liguria e attrarre i fondi. Infatti, nota dolente, gli oltre trentaquattro miliardi di euro previsti nel Priims non sono opere finanziate, ma bensì un desiderata basato su priorità e progetti. Documento senza il quale, va detto, non sarebbe però possibile attrarre questi fondi. A partire dal tanto evocato Pnrr.
Un lavoro, quindi, che punta a ridisegnare la mobilità nella regione, per un insieme di opere che dovrebbe vedere, nel suo totale: 11,8 miliardi destinati alle autostrade; 12,6 miliardi al trasporto ferroviario; 3,3 alle strade; e 4 alla portualità.
Obiettivo di questi investimenti: superare alcune criticità storiche, come l’eterno mancato raddoppio della ferrovia fra Andora e Finale Ligure; realizzare opere strategiche in un quadro nazionale, come la Gronda o il Terzo Valico; e ridisegnare la mobilità urbana ed extra urbana della regionale.
Punti nodali per raggiungere questi obiettivi, sembrano essere, secondo le intenzioni di Regione Liguria: il miglioramento della viabilità ferroviaria; una serie di interventi decisi sulle scalcagnate autostrade; e creare sempre più integrazione fra gli asset infrastrutturali, con particolare attenzione a quelli pubblici.
Rientra proprio sull’ultimo aspetto, infatti, l’obiettivo dichiarato di ridurre la mobilità privata di oltre tre punti percentuali (dal 76,3% al 73,2%), e aumentare quella ferroviaria (dal 6,6% al 10,14%), con una conseguente riduzione delle emissioni nocive (con la diminuzione delle polveri sottili del 25,35% per il pm10 e del 33,01% per il pm 2.5 e, invece, ben del 71,82% per il monossido di carbonio).
E in questo quadro si inserisce in curioso caso chiavarese. Unica città ligure che, contro le disposizioni dell’Unione europea, la programmazione regionale e anche la buona amministrazione, ha insistito per spostare il capolinea dei bus pubblici, allontanandolo dalla stazione del treno. Una scelta che stride totalmente con ogni intento di favorire l’uso dei mezzi pubblici in sostituzione di quelli privati. Ma soprattutto con il benessere dei cittadini.
Un esempio di decisioni locali che sembra allontanare la possibilità di migliorare la viabilità e vivibilità del territorio, nonché l’ottenimento di fondi pubblici per le infrastrutture, in un momento cruciale per la regione. Con l’ultima evidenza di andare assolutamente contro la programmazione dei prossimi sette anni prevista da Regione Liguria.
Ossia il modo migliore per escludersi da soli dalle direttive dello sviluppo economico regionale, trascinando con sé i propri cittadini e le imprese del territorio.
Il Priims sembra, infatti, essere un altro dei tasselli che negli ultimi anni (dal crollo del Ponte Morandi del 2018), ha visto mettere in moto un radicale riassetto della mobilità nella regione.
Infatti la Liguria sembra proprio rientrare con forza in un quadro di mobilità nazionale e internazionale, giocoforza anche per l’azione del viceministro alle Infrastrutture, il genovese Edoardo Rixi.
Nell’insieme sembra essersi disegnata una visione incentrata sulla mobilità che basa le proprie fondamenta nel trasporto pubblico per le persone, la riduzione delle merci in autostrada a favore del mare e un potenziamento dei servizi urbani.
Un esempio sembra essere il tentativo di dirottare le merci in container provenienti dalla Toscana e dirette verso la Spagna, su nave, imbarcandole a La Spezia, per sbarcale fra Savona e la Francia. Comprendendo così quasi una nuova viabilità marina nel riassetto delle autorità portuali che dovrebbe vedere un’unica autorità per la Liguria. O la necessità di garantire il raddoppio ferroviario fra il tracciato del Terzo Valico e Milano. Nonché il sempre ipotizzato raddoppio della pista dell’aeroporto genovese che, tuttavia, alla scadenza del 31 dicembre 2029 vedrà messa a gara la propria gestione, in un attuale quadro di costante perdita di tratte e voli.
Ma in un settore di lunga progettazione, costosa e lunga realizzazione, nonché lunghissima durevolezza (o almeno lo si auspica), le infrastrutture non sembrano essere proprio la soluzione a portata di mano. Realizzare asset viari, aree logistiche e punti intermodali, infatti, richiede ingenti somme e molto tempo. Per questo le soluzioni scelte sono spesso soggette a variazioni, stop temporanei e ripensamenti. Creando così spesso un’immobilità anche decennale.
Tema cruciale, spesso, risulta essere la carenza di risorse che non bastano per realizzare tutte le opere che si vorrebbero. E proprio questo sembra essere il rischio in cui la Liguria potrebbe incorrere.
Il tunnel subportuale di Genova che rischia di drenare le risorse del tunnel della Fontanabuona con conseguente aumento dei pedaggi autostradali a livello nazionale. Una Gronda soggetta a variazioni progettuali più per necessità di riduzione dei costi, che di problematiche strutturali o logistiche. Un aeroporto da sempre desideroso di sviluppi troppo onerosi rispetto al volume di passeggeri. La diga del porto di Genova per cui si è dovuti procedere a una seconda gara con rialzo dei costi di realizzazione. Tratti ferroviari da sempre deficitari. Collegamenti provinciali su gomma non agevoli e in perdita di mercato.
In breve, quello che il Priims ricorda, è che la necessità di nuove ed efficienti infrastrutture, in Liguria è cocente e non rinviabile. Ma che la difficoltà orografica e di antropizzazione della regione, con i ritardi della politica e l’aumentare dei costi di costruzione, rischiano di creare più una lista di desideri, che di opere, lasciando cittadini e imprese nelle more di code in autostrada, treni in lenti e carenti, o una mobilità urbana intricata.