Venerdì 30 Settembre, alle ore 18, presso il Giardino dei Lettori della Società Economica di Chiavari (in via Ravaschieri 15), è in programma la presentazione del libro ‘Di rosso e di luce’, pubblicato da Nero Rizzoli. L’autrice, Valeria Corciolani, sarà intervistata da Sabina Croce. Introduzione a cura di Alberto Bruzzone.
L’evento è a ingresso libero e la prenotazione del proprio posto, sino ad esaurimento, è consigliata, utilizzando la piattaforma EventBrite (a questo link: https://bit.ly/3SCHDzV), oppure telefonando al numero 347 2502800. In caso di rinuncia dopo la prenotazione, si raccomanda di avvisare, in modo da rendere il proprio posto nuovamente disponibile per altre persone interessate. In caso di maltempo, l’incontro si svolgerà nella sala Ghio Schiffini.
Su concessione dell’autrice e della casa editrice Rizzoli, anticipiamo un estratto dal romanzo ‘Di rosso e di luce’.
di VALERIA CORCIOLANI
Scarlatto
Freme per un attimo, poi di colpo si avvita, librandosi verso l’alto per ripiombare giù e ondeggiare contro il fondale scuro. Infine la danza riprende, prima lenta e sinuosa, per lanciarsi ancora in volute sempre più rapide e vorticose, in una spirale rossa di uno scarlatto splendido e seducente. Irresistibile.
«Fenomenale, vero?» La voce la coglie alle spalle, come una schioppettata.
Edna sussulta e il vino deborda dalla flûte inondandole la manica del vestito.
«Oh, pardon!» si dispera lui, manco avesse appena falcidiato un branco di foche monache e non fatto sperperare poche gocce di spumante, peraltro neppure così memorabile.
«Nessun problema, mi creda» cerca di tranquillizzarlo lei, per nulla scossa e scolandosi il resto a scanso di equivoci.
«Mi lasci rimediare, la prego» insiste invece l’uomo, che poi risulta essere pure il padrone di casa, tendendo l’inconfondibile profilo a individuare qualcuno di imprecisato là, tra gli ospiti che intasano il salone barocco.
Edna sospira e con malcelato fastidio lascia scivolare lo sguardo sulle teste fresche di piega, sui crani lucidi striati dai riporti, sui succinti abiti da cocktail disegnati per ricoprire toniche membra e non facoltose ottuagenarie incartapecorite.
Lo sapeva.
Non doveva lasciarsi convincere.
Neppure per buttare un occhio su questa fantomatica riproduzione di un dipinto disperso di Hieronymus Bosch.
Quando le è arrivato l’invito del cavalier Petracchi, l’ha cestinato senza neppure aprire la busta. Tanto è risaputo che per il cavaliere ogni scusa è buona per spalancare le porte della suntuosa villa di famiglia sulle alture di Albaro a far mostra dei nuovi acquisti e per ribadire ancora una volta il suo arcinoto fiuto da rabdomante, capace di scovare il “Pezzo con la p maiuscola” nel magma informe dei mercatini e robivecchi.
Edna lo osserva ruotare la testa di qua e di là e infine spalancare le braccia, con un’apertura alare di tutto rispetto, come a segnalare il misfatto con uno sfarfallio di falangi. A chi, non le è dato ancora saperlo.
E sarà per via delle spalle spioventi da cui sporge una testina dal naso adunco e rapace, ma il cavalier Antonio Maria Petracchi, pur equipaggiato di un suo insigne fascino, le ha sempre fatto venire in mente il Jo Condor di quella vecchia réclame del Carosello. Con un gran occhio, per carità, ma, come sostiene il suo caro amico Ottavio, una serata da Petracchi è più pesante di una caponata a colazione. Per questo quando ieri gli è piombata in casa per invitarlo a diventare il suo “+1” alla soirée del Condor, Ottavio l’ha squadrata prima da capo a piedi, poi le si è avvicinato per annusarla circospetto, apostrofandola con un «Ti sei fumata roba buona o ci hai dato giù con la grappa?», piuttosto indelicato ma abbastanza pertinente.
«Mi serviva un cartoncino per fare spessore sotto la poltrona di vimini della veranda» ha spiegato sbrigativa lei.
«E questo come si legherebbe alla tua richiesta di trascinarmi alla festa di Petracchi?» L’ha scrutata a palpebre strette, accavallando le brucaliffiche babbucce prima di sistemare i suoi centoventi chili tra i cuscini della dormeuse.
«L’invito di Petracchi aveva lo spessore perfetto, però senza busta.» Edna ha fatto spallucce, prima di allungargli il cartoncino, che Ottavio ha osservato con blando interesse, per poi alzare un sopracciglio e sputare un divertito: «Toh, guarda, il tuo Bosch!».
Già, perché a quanto pare il Condor ha scovato in un mercatino delle pulci di San Pietroburgo un’incisione del xvi secolo che riprodurrebbe un dipinto scomparso di Hieronymus Bosch, l’artista a cui Edna dedicherebbe le sue giornate. Peccato che da quando ha mollato la cattedra all’università non la lasciano in pace: il vicerettore Schiaffino e la sua ostinazione a incastrarla in menate per conto della Facoltà, e la madre Zara, con la sua prerogativa a disperdere più badanti che starnuti.
Però buttare un occhio su quell’incisione comporta il doversi sciroppare l’intero ricevimento di Petracchi, e senza il conforto di una spalla con cui spettegolare la serata si prospetta un tale martirio che in confronto la graticola di san Lorenzo diventa un soggiorno alla spa.
«Certo che una festa del cavaliere è una faccenda impegnativa» ha messo infatti le mani avanti Ottavio, sempre restio a immolarsi per la gloria.
«Ti ricordo che recentemente mi hai estorto l’incisione di un Tenebroso del Seicento» gli ha reciso sul nascere ogni pretesa lei, «e solo per aver pascolato mia madre tra una fuga di badante e l’altra. Non mi dirai che pretendi l’obolo pure per venirti a strafogare di caviale e gossip?».
«Ti ricordo che sarei a dieta» ha sospirato mesto lui, sbirciando con apprensione la porta dietro cui si affaccendava Flora, sua governante e integerrimo kapò-controllore pasti.
«Appunto» ha ammiccato sorniona Edna, «Flora resta qui. E io non parlerei neppure sotto tortura, lo sai.»
«Tu sottovaluti la mia Flora» ha sospirato lui, poi si è sporto a sussurrarle: «Perciò al tavolo del buffet separiamoci e nessuno si farà del male!» che è suonato come un sì, anche se con riserve.
E infatti eccoli qui. O almeno lei è qui, con una manica inzuppata di spumante accanto a un Condor in fibrillazione. Ottavio invece sta veleggiando per la sala fasciato nella sua palandra da sera con i risvolti ricamati in oro e ruggine, e un piattino debordante finger food e tartine, mentre dell’incisione dal dipinto del Bosch per ora nemmeno l’ombra. Un martirio, appunto.