Tito Fontana è stato un grande imprenditore chiavarese, un imprenditore ‘glocal’ per usare la definizione cara al nostro giornale.
Nato nell’entroterra, in quella Val d’Aveto a cui moltissimi di noi sono visceralmente legati, divenuto chiavarese nella sua vita professionale e imprenditoriale, aveva stabilito rapporti fortissimi con il Sud America (in particolare, Cile, Perù e Equador) ed era divenuto un tenace e intelligente sostenitore della tutela e della promozione delle relazioni affettive ed economiche con quella parte del mondo.
“C’è un’altra Liguria sparsa nel mondo, più popolosa della nostra regione” amava ripetere per spiegarci la sua instancabile attività di organizzazione e mantenimento di quei legami. Credeva fortemente nella riscoperta del nostro passato di emigrazione, delle tradizioni, della storia familiare e collettiva, dei tanti ricordi magari accompagnati da qualche lacrima di sincera commozione.
Con la sua Promotur e con l’appoggio del Comune di Chiavari Tito per molti anni ha rinnovato la tradizione di una festa annuale, la cosiddetta ‘Festa Patrias’ che aveva come scopo di tributare un omaggio ai cittadini che, pur essendo emigrati, hanno mantenuto il legame con il loro Paese di origine.
Quando l’anno scorso ‘Piazza Levante’ avviò il ciclo di incontri ‘Chiavari chiama America Latina’ mi ringraziò entusiasta e mi incitò a non far disperdere o sparire nell’oblio quei legami e quei sentimenti.
Tito Fontana è stato un grande imprenditore chiavarese non solo perché fece fortuna con le sue attività commerciali ed edilizie ma perché seppe sempre tirare su la testa dal suo impegno quotidiano del lavoro privato per occuparsi come Presidente dell’Ascom dei problemi della città e delle sue categorie commerciali.
Anche Tito appartiene alla generazione dei nostri padri e delle nostre madri, donne e uomini di poche parole e di molti fatti, cresciuti con meno strumenti culturali ma capaci di risollevare l’Italia e condurla sulle strade di uno sviluppo straordinario grazie a un formidabile senso del dovere e a una fortissima cultura del lavoro.
Grazie a quello spirito fu un motore formidabile di innovazione e di iniziative. La sua ultima creatura, ‘Il mercatino dell’Antiquariato’, è divenuta un appuntamento fisso mensile di grandissimo successo nelle strade del nostro centro storico.
Presidente dell’Entella calcio dal 1959 al 1963, è rimasto sempre legatissimo alla squadra. Ebbi l’onore di averlo in Tribuna con mio padre entrambi accanto a me nel maggio del 2008 per la festa della promozione dell’Entella in serie D.
Mi chiamava quasi ogni settimana dopo la partita per complimentarsi della vittoria o per consolarmi se avevamo perso.
Era un sentimentale e il giorno della nostra prima retrocessione dalla serie B con uno sfortunato playout a Modena mi chiamò per dirmi che Modena non portava bene all’Entella e che anche la sua Entella nel lontano 1961 era retrocessa a Modena. Lui e il vicepresidente Dallorso avevano seguito la squadra in auto; l’autostrada non c’era ancora ed erano passati per la cosiddetta strada dei Boschi: Rezzoaglio, Marsaglia, Bobbio, Piacenza. Mi confessò che al ritorno, un triste ritorno dopo la sconfitta e la retrocessione, in mezzo al viaggio fermarono l’auto proprio sulla strada dei Boschi e vinti dalla fatica e dalla delusione lui e Dallorso piansero a lungo come bambini.
In quel pianto sincero vedo l’uomo e i suoi buoni sentimenti.
Quegli stessi buoni sentimenti di padre che, nonostante l’impegno assillante delle sue attività, trovava sempre il tempo per stare con il figlio Marco e per portarlo a giocare con alcuni suoi compagni di scuola tra cui il sottoscritto. Ci portava in primavera al tramonto alla foce dell’Entella. In quell’atmosfera e in quel luogo per noi magici lanciava una o due grandi latte di olio vuote nella laguna che si forma prima della barra. Il gioco era affondare le latte lanciando pietre dalla spiaggia. D’estate finito il gioco ci buttavamo prima nella laguna e poi in mare sotto il suo vigile sguardo. Quando risalivamo, dopo infiniti suoi richiami, non ci rimproverava ma ci diceva una frase che ricorderò con orgoglio tutta la vita: “Siete dei veri chiavaresi… anche voi avete bevuto l’acqua della schumea…”.
Ciao Tito.