All’angolo della strada c’è in agguato il destino che spesso più chiede a chi più aveva concesso. Quanto accaduto domenica 4 marzo in un hotel a Udine, l’addormentarsi per sempre senza un perché del capitano della Fiorentina Davide Astori, ha colpito tanti, in primo luogo i suoi colleghi.
Tra essi sino a dieci mesi fa c’era un ragazzo che ora è nello staff della Virtus Entella. Uno dei pochissimi che sono autorizzati a dire “poteva capitare a me”. Era nel mirino del killer più silenzioso e più fatale, uno scompenso nel sistema cardiocircolatorio. Difficile da individuare, quasi impossibile da prevenire. La differenza sta nel ‘quasi’.
Tra essi sino a dieci mesi fa c’era un ragazzo che ora è nello staff della Virtus Entella. Uno dei pochissimi che sono autorizzati a dire “poteva capitare a me”. Era nel mirino del killer più silenzioso e più fatale, uno scompenso nel sistema cardiocircolatorio. Difficile da individuare, quasi impossibile da prevenire. La differenza sta nel ‘quasi’.
La carriera
La storia di Andrea Catellani sino alla scorsa estate procedeva su un binario in discesa. Il calcio professionistico con ottimi risultati; apparizioni in serie A, affermazioni in serie B: a 28 anni era approdato alla Virtus Entella e aveva ancora carte da giocare sul tavolo principale, l’idea di rientrare con la maglia biancoceleste addosso nell’empireo del calcio italiano era lì dietro l’angolo.
A fare saltare il banco un’analisi medica di routine, dati insoliti che mettono in apprensione prima i sanitari del club e poi i luminari consultati: Catellani è affetto da una rara patologia cardiologica – blocco atrio ventricolare parossistico da sforzo – un evento che se si verificasse in condizioni estreme come proprio un evento agonistico potrebbe comportare conseguenze gravi se non irrimediabili. La lunga teoria di visite porta a un verdetto inappellabile: addio al calcio giocato. Una sentenza difficile da accettare, occorre forza di volontà e sostegno da chi ti sta vicino, familiari come compagni e datori di lavoro. E Catellani da questo punto di vista è ben piazzato.
A fare saltare il banco un’analisi medica di routine, dati insoliti che mettono in apprensione prima i sanitari del club e poi i luminari consultati: Catellani è affetto da una rara patologia cardiologica – blocco atrio ventricolare parossistico da sforzo – un evento che se si verificasse in condizioni estreme come proprio un evento agonistico potrebbe comportare conseguenze gravi se non irrimediabili. La lunga teoria di visite porta a un verdetto inappellabile: addio al calcio giocato. Una sentenza difficile da accettare, occorre forza di volontà e sostegno da chi ti sta vicino, familiari come compagni e datori di lavoro. E Catellani da questo punto di vista è ben piazzato.
L’incarico
La Virtus Entella, primo tra tutti il presidente Antonio Gozzi, lo accompagnano, lo consigliano, gli offrono l’opportunità di restare nell’ambiente, entra nell’organigramma societario con mansione di osservatore che si ampliano con il passare dei mesi. Si iscrive al corso per direttore sportivo a Coverciano, viene promosso con il massimo dei voti e…bacio in fronte della commissione che si concretizza in una borsa di studio (come uno dei tre migliori della sessione 2017) a conferma che Catellani è rapido di mente quanto lo era di gambe.
“Il merito lo devo dare a quell’altro me stesso, quello che pur giocando cercava sempre di tenersi al corrente, di aggiornarsi. È l’obiettivo che mi ero prefissato. Ho il diploma di perito informatico, avevo anche pensato di continuare all’Università”. Ha superato l’esame finale con una tesina che è anche una autobiografia: “Da calciatore a direttore in 24 ore”. Il pezzo di carta non sarà incorniciato, verrà messo in pratica subito da un ancor più impegnato Catellani. “Mia moglie Lara, scherzando ma non troppo, dice che mi vede ancor meno di quando ero un calciatore. Il mio impegno con la Virtus Entella mi assorbe 24 ore su 24. Catapultato nella nuova fase cerco di ripagare l’affetto e la stima manifestatami dalla società e dal presidente Gozzi in particolare”.
La Virtus Entella, primo tra tutti il presidente Antonio Gozzi, lo accompagnano, lo consigliano, gli offrono l’opportunità di restare nell’ambiente, entra nell’organigramma societario con mansione di osservatore che si ampliano con il passare dei mesi. Si iscrive al corso per direttore sportivo a Coverciano, viene promosso con il massimo dei voti e…bacio in fronte della commissione che si concretizza in una borsa di studio (come uno dei tre migliori della sessione 2017) a conferma che Catellani è rapido di mente quanto lo era di gambe.
“Il merito lo devo dare a quell’altro me stesso, quello che pur giocando cercava sempre di tenersi al corrente, di aggiornarsi. È l’obiettivo che mi ero prefissato. Ho il diploma di perito informatico, avevo anche pensato di continuare all’Università”. Ha superato l’esame finale con una tesina che è anche una autobiografia: “Da calciatore a direttore in 24 ore”. Il pezzo di carta non sarà incorniciato, verrà messo in pratica subito da un ancor più impegnato Catellani. “Mia moglie Lara, scherzando ma non troppo, dice che mi vede ancor meno di quando ero un calciatore. Il mio impegno con la Virtus Entella mi assorbe 24 ore su 24. Catapultato nella nuova fase cerco di ripagare l’affetto e la stima manifestatami dalla società e dal presidente Gozzi in particolare”.
Il futuro
Accanto al d.g Matteazzi e al d.s. Superbi lavora e impara, cresce e traccia un itinerario ben preciso: “Il titolo conseguito servirà a poco se non continuerò a studiare, vedere, annotare. Giro molto, cerco di vedere più partite possibile, sinceramente non mi vedo confinato al ruolo di scout, l’ambizione è quella di creare un team di giovani, di avere incarichi di sempre maggiore responsabilità”. Una riflessione finale: “Ho talmente tanti progetti che non ho tempo per avere nostalgia. Certo quando vedo un ragazzo palleggiare, la tentazione di rubargli il pallone c’è ma viene superata dal compito da eseguire, dall’incarico da portare a termine, da mille spunti e pensieri che si affacciano. E se proprio voglio rilassarmi, c’è sempre la pesca. E’ una mia passione da sempre, magari nei prossimi mesi riuscirà ritagliarmi un po’ di tempo da dedicarle. E con i pesci chissà che non vinca parecchie partite…”.
Accanto al d.g Matteazzi e al d.s. Superbi lavora e impara, cresce e traccia un itinerario ben preciso: “Il titolo conseguito servirà a poco se non continuerò a studiare, vedere, annotare. Giro molto, cerco di vedere più partite possibile, sinceramente non mi vedo confinato al ruolo di scout, l’ambizione è quella di creare un team di giovani, di avere incarichi di sempre maggiore responsabilità”. Una riflessione finale: “Ho talmente tanti progetti che non ho tempo per avere nostalgia. Certo quando vedo un ragazzo palleggiare, la tentazione di rubargli il pallone c’è ma viene superata dal compito da eseguire, dall’incarico da portare a termine, da mille spunti e pensieri che si affacciano. E se proprio voglio rilassarmi, c’è sempre la pesca. E’ una mia passione da sempre, magari nei prossimi mesi riuscirà ritagliarmi un po’ di tempo da dedicarle. E con i pesci chissà che non vinca parecchie partite…”.
La lezione
La storia di Andrea insegna. C’è sempre una seconda opportunità per chi sa coglierla. Il campione reggiano non ha accettato il triplice fischio – quello che chiude la partita – dello scorso giugno. Lo ha trasformato in un duplice trillo – l’arbitro lo dà per segnalare l’intervallo – in una sosta per prepararsi a un’altra gara. Che sarà comunque una ‘ripresa’.
(d.s.)