di DANILO SANGUINETI
Quando si investigano successi – che appaiono minuscoli solo ad un occhio distratto o prevenuto – come quello raggiunto da Cascina Romilda si scopre che la ricetta è molto più semplice e molto meno costosa di quanto si ritenga. L’equilibrio necessita di contrappesi. Il dono della misura porta alla serenità, bene prezioso oggi come non mai. Per evitare il logorio della vita moderna, anzi contemporanea, assai peggiorata da quando il gentiluomo Calindri sorbiva una nota bevanda in mezzo al traffico, esiste qualcosa ancora più cheap del carciofo: un pugno di mirtilli, una manciata di more, una spruzzata di lamponi e vi sentirete in armonia con il resto del creato, un flusso panico che darà un taglio ad ansie e tensioni, pensieri contorti e preoccupazioni contingenti.
Odori e sapori, sensazioni che non lasciano scampo alla mente meglio di uno psicofarmaco di ultimissima generazione. Eccessivo? Se vi trovate a passare per la Val Petronio, superato Castiglione Chiavarese prendete la strada che porta al Santuario di Velva. Lungo la salita, in via Veleura 70 B, incapperete nella Cascina Romilda che come recita orgogliosamente il cartello è un’azienda agricola biologica. E sarete fritti, anzi colti perché sarete catturati dal turbinio di sensazioni visive, olfattive e, previo assaggio della materia prima locale, gustative una più positiva dell’altra.
Qui realmente le risorse naturali sono un volano per l’economia, non è una furbesca adesione alla moda del tempo, un coprire con un velo di opportunismo verde le scelte merceologiche: c’è una vera anima green che sovraintende a questa altura incantata con il mare in sottofondo. Una parola colpevolmente in disuso come Cascina suggerisce prati e campi, boschi e armenti, qualcosa di antico e forse rimpianto, uno stile di vita che sta tornando prepotentemente alla ribalta.
C’è un sentore di Novecento, nel Casentino come nelle Langhe, nella Bassa come nella Terra di Lavoro, una voglia di purezza che è atterrata anche qui tra il monte e il pelago. La Calipso del luogo, che ha percorso i sette mari ed ha scelto di reinventarsi Rossella più fattiva e meno smorfiosa, che ha sostituito Ulisse con un compagno di vita che condivide in pieno progetto e ambizioni, è Cristina Stagnaro che riassume quanto creato con semplicità: “Cascina Romilda è un’antica cascina di famiglia circondata da more, mirtilli e lamponi”.
La fa un po’ troppo facile. Solo nel 2012 ha potuto intervenire sui terreni dove ora sorge l’azienda e costruirvi una fattoria modello. Ripulire il sito da un abbandono decennale, mettere a nuovo i locali, predisporre le piane a terrazzamento, le caratteristiche fasce, perché ospitassero i filari delle piante di bosco messe a dimora, portarvi l’acqua per l’irrigazione, garantire le coperture alle fragili primizie da vento e gelo: opere complesse e costose.
Secondo la signora Cristina neppure troppo. “Ho avuto la fortuna di avere il sostegno incondizionato di mio marito, Marco Raffo. Eravamo arrivati a un punto della nostra vita nel quale volevamo e potevamo scegliere un’altra strada. Gli ho proposto di dedicarci a questa terra, questi locali che da diverse generazioni appartengono alla mia famiglia. E mi sono… lanciata”.
La farmer di Castiglione ha 56 anni (o almeno li dichiara perché ne dimostra parecchi di meno) e nella sua prima esistenza è stata coadiutrice di una farmacia. Quando i figli sono cresciuti, ha deciso di tornare indietro per andare avanti. “La complicazione era trovare un accordo tra i miei parenti per disporre dei terreni e della casa. Ci è voluta un po’ di pazienza ma alla fine la soluzione che facesse quadrare ogni esigenza è stata trovata. E circa quattro anni fa abbiamo cominciato a fare sul serio: intensificato la coltivazione in modo da disporre di prodotti da poter commercializzare. Ricreando gli orti dei nonni, coltivando i frutti di bosco, senza ricorrere alle tecniche intensive e soprattutto usando solo concimi e altri aiuti del tutto naturali. I nostri prodotti a chilometro zero (o quasi se si tiene conto dei viaggi che facevamo per metterli in vendita nei vari mercatini) hanno iniziato a farsi conoscere”.
Gli ingranaggi si sono messi in moto, il marchio Cascina Romilda ha iniziato a passare di bocca in bocca. I suoi contenitori, in cartone riciclato, sono diventati ricercati, anche da cuochi e ristoranti. La Berry Farm è decollata, tanto che oggi: “La nostra produzione di more, lamponi e mirtilli viene piazzata senza alcuno sforzo. Il che ci permette di tenere in equilibrio il bilancio. Un risultato da non disprezzare visto che cosa abbiamo passato negli ultimi mesi”.
Già, la pandemia ha lambito anche le sponde dell’isola verde di Velva. “A fine 2020 erano stati completati i lavori per affiancare un agriturismo all’azienda agricola. Quanto accaduto subito dopo ci ha consigliato di fermare le macchine, gli ultimi ritocchi li faremo quando avremo certezze che oggi nessuno ha. Quando il Paese aprirà, apriremo anche noi…”.
Pragmatica. E sicura del fatto suo, e di chi la affianca. “Ho pensato molto prima di decidermi, alla mia età cambiare non è semplice. Sentivo di doverlo fare, e soprattutto ero certa che con l’aiuto di Marco ce l’avrei fatta. Lui sta dietro tutto questo, non figura, ma è figura fondamentale”.
Resta un ultimo dubbio da chiarire. Lei è Cristina, da dove viene Romilda? “Era la sorella di mia nonna. Morì a soli vent’anni più di un secolo fa, se la portò via l’influenza spagnola”. Un tremendo monito che evidentemente non abbiamo raccolto su cosa possa succedere se trascuriamo la salute e l’ambiente. Il che rivela anche la vena romantica di Cristina, viaggiatrice nello spazio e nel tempo. “Era una ragazza bellissima, stroncata nel fiore degli anni da un destino ingiusto. Mi è parso che dedicarle gli orti che fanno nascere frutti magnifici alla vista oltre che buonissimi al gusto fosse un degno modo per ricordarla”. Una donna che ha voluto omaggiare una prozia affascinante dalla quale ha mutuato il nome dell’azienda ed ereditato il pezzo di terra. E forse non solo questo. La genetica non garantisce l’avvenenza, però aiuta…