di DANILO SANGUINETI
Tempi duri per i traghettatori. Siamo sicuri che non ci sono ‘anime prave’ nel porto Carlo Riva di Rapallo, ciononostante i nocchieri incaricati di amministrare un gran numero di imbarcazioni di varie dimensioni hanno il loro bel daffare alle prese con intoppi e pericoli vecchi e nuovi, complicazioni che farebbero ammattire gente meno solida di loro, autentici lupi di mare uniti in un consorzio al servizio della nautica e più in generale del ‘Pianeta Blu’.
Hanno da confrontarsi non con dannati ma spiriti perplessi. C’è bisogno di rassicurazioni e di salde basi per poter continuare a operare nel cuore di una struttura vitale per il turismo nella Perla del Tigullio e dintorni. Un porto che nell’ultimo quadriennio ne ha vissute di cotte e di crude e che pur avendo retto all’urto si ritrova con una spada di Damocle sul capo.
La storia che sta alle spalle, al fianco e si spera di fronte a Carco, è quella di un gruppo di lavoratori del mare che si sono più volte reinventati nel corso degli anni. Non bisogna confonderli con la bassa manovalanza, sono la ‘navigata’ base a terra di una flotta che nell’estate che va a cominciare – la prima di piena operatività dopo stagioni tribolate dovute in parte a problemi locali, iniziati con la terribile mareggiata del 29-30 ottobre 2018, e soprattutto agli intoppi seriali universali, dalla pandemia alla crisi economica, oggi meno strisciante sempre più conclamata – avrebbe potuto tornare a cullarsi placida e serena nelle acque del Tigullio per la soddisfazione dell’intera economia locale. Avrebbe… e invece no. Perché all’orizzonte spunta lo spauracchio, una specie di ‘It’ con un cognome ben conosciuto e temuto sui lidi liguri. Bolkenstein. Un racconto senza lieto fine, almeno allo stato attuale, e che va letto con attenzione dall’inizio, altrimenti si rischia un giudizio affrettato e ingeneroso.
Che cosa è Carco? Ce lo spiega il titolare, Massimo Mascherpa: “È una sigla. Sta per C.A.R.C.O (Consorzio Artigiani Rapallesi Carenanti Ormeggiatori). La nostra sede è al centro del porto di Rapallo, una posizione invidiabile. Perché raggiungibile agevolmente da chiunque, a soli 10 minuti dal casello autostradale di Rapallo. Significa che il proprietario ‘foresto’ ha la possibilità di godere al massimo del mare e della propria barca per spingersi in breve tempo verso coste meravigliose e località da sogno, per gite turistiche o immersioni subacquee”.
Non un privilegio, ma un pregio conquistato con la preveggenza. “Lo dobbiamo al fatto che siamo lì da più di 40 anni, ossia quando il porto doveva ancora essere completato. Il nostro gruppo mette tutta la sua qualificata esperienza al servizio degli amanti del mare per offrire tutta una serie di servizi: posti barca ed ormeggi barche, rimessaggio barche, manutenzione completa, assistenza tecnica e logistica ed anche trasferimenti. Il nostro slogan è ‘Scegli di vivere il mare nel modo più veloce, comodo e diretto’”.
A iniziare fu il papà di Massimo, Enrico. “La nostra famiglia sul mare nasce e sul mare rimane. Mio padre è ancora qui. A fine degli anni Settanta creò Carco spinto dalla necessità di raggruppare alcune realtà artigianali che gestivano ormeggi e manutenzione imbarcazioni e volevano riorganizzarsi in maniera più ‘strutturata’, ottimizzando sforzi e spese”.
Consorzio, lega, cooperativa, qualunque etichetta va bene per il gruppo di marinai che avevano capito che il ‘Carlo Riva’ avrebbe moltiplicato per dieci il giro di affare della nautica da diporto. Un gruppo che aveva accumulato una esperienza notevole a bordo di yacht da crociera, che sapeva come si gestisce qualunque tipo di imbarcazione per la navigazione turistica. “Da subito ci guadagnammo la fiducia dei proprietari. Il discorso era chiaro: ‘La nostra priorità è prenderci cura della tua barca’”.
Ovunque e comunque. Oggi i servizi per i propri clienti: “Offriamo un servizio completo per imbarcazioni dai 6 ai 14 metri quindi non solo il posto barca con luce e acqua ma un’assistenza completa 365 giorni all’anno, assistenza che non si limita al semplice aiuto all’ormeggio ma anche la pulizia esterna e interna oltre alla soluzione di tutte le problematiche e la manutenzione ordinaria e straordinaria quindi pitturazioni, impianti elettrici, carpenteria in legno e vetroresina, trasporti e trasferimenti. Abbiamo un cantiere in zona San Pietro, sempre a Rapallo, dove rimessiamo (per i ‘terragni’: significa tirare a secco e revisionare, ndr) le imbarcazioni”.
Quindi, al contrario di altri servizi nel settore turistico, si lavora sodo per l’intero anno, sette giorni su sette. “Sei mesi di uscite, sei mesi di restauri. Non si scappa. Per questo abbiamo bisogno di diversi esperti e allo stesso tempo di diversi apprendisti pronti a subentrare perché il ‘ciclo’ di interventi e assistenza non deve fermarsi. Siamo una specie di corso di specializzazione: all’interno del consorzio lavorano uomini di tutte le età dai 20 ai 60 anni italiani e stranieri. Negli anni abbiamo formato tantissimi giovani: alcuni hanno preso nel tempo strade diverse, qualcuno si è imbarcato, alcuni hanno fatto carriera, chi è diventato comandante su navi da diporto anche di grande tonnellaggio”.
Un passaggio di testimone mai fermatosi in 45 anni di esercizio. “I primi venti anni sono stati bellissimi. Forse perché ero più giovane. C’erano poche complicazioni burocratiche ed eravamo nell’età dell’oro della nautica da diporto”.
Mastro Massimo sembra un vecchio lupo di mare ma in realtà ha ‘appena’ 52 anni. “In barca ci vado da quando quasi non sapevo camminare. La strada era tracciata sin dalla mia infanzia. Sono stato imbarcato su navi e scafi di ogni tipo ma non ho mai smesso di fare parte di Carco. Una passione prima che un modo per guadagnarsi il pane”.
I tempi dove i guadagni erano ‘giusti’ sono tramontati da un pezzo. “Un po’ come tutti gli imprenditori siamo passati attraverso diverse fasi economiche più o meno favorevoli. Ad inizio del secolo, marzo 2000, una prima potente mareggiata mise a rischio le nostre strutture. Poi la crisi della nautica ad inizio degli anni 10 fu un altro campanello d’allarme. Infine la notte del 29 ottobre 2018. Una mareggiata che verrà ricordata come la più devastante di sempre: centinaia di imbarcazioni affondate o distrutte sugli scogli della passeggiata a mare. Il nostro pontile era nella parte più riparata del porto, rispetto ad altre ditte fummo meno sfortunati, nel senso che il nostro pontile fu danneggiato ma non distrutto”.
Da lì in poi altri guai. La pandemia, i lockdown. “È vero che le barche si prestano alla perfezione alle esigenze di isolarsi, ma è altrettanto vero che il turismo in generale non poteva non risentire delle limitazioni. In realtà siamo riusciti ad andare avanti senza troppi scossoni. Ci siamo risollevati ogni volta, eravamo prontissimi a farlo anche questa volta ma le difficoltà purtroppo adesso non si limitano al meteo e all’economia”.
La direttiva Bolkestein, la richiesta dell’Unione Europea di adeguare il regime di concessione dei beni demaniali alle leggi di Bruxelles, si è abbattuta anche su Carco. “È un problema che mette in dubbio il nostro futuro. Lavoriamo su concessione demaniale quindi rientriamo fra le attività messe a rischio. La concessione verrà ridiscussa ed è praticamente certo che sarà messa all’asta entro la fine del 2023”.
Il signor Mascherpa sa benissimo che il tema è spinosissimo, che gran parte dell’opinione pubblica giudica necessario ridiscutere canoni giudicati irrisori e abolire privilegi immotivati. “Se è vero che lo specchio acqueo è un bene dello stato e non può essere considerato di proprietà di alcuno, è però altrettanto vero che l’attività che abbiamo creato dal nulla con tanti sacrifici meriterebbe maggior considerazione”.
Scende nel personale: “Potevo scegliere altri indirizzi, decisi di continuare l’attività di famiglia perché decisi di sfruttare gli accordi in vigore con lo Stato. Il cosiddetto ‘diritto di insistenza’ per il quale se un concessionario gestiva ottimamente il bene pubblico, pagava le concessioni e ‘rigava dritto’, poteva continuare la sua attività, investire e creare indotto e benessere non solo per sé ma per la comunità intera”.
Una cosa non gli va giù: “Sono state cambiate le regole del gioco mentre si stava giocando. E io in questa partita non ho mai barato. Anzi”. Il pericolo di essere etichettato come un detentore di immotivati benefici lo fa imbufalire. “Lo so benissimo cosa dicono in giro. Il ‘guaio’ è che uno dice ‘Bolkestein’ e subito tutti pensano agli stabilimenti balneari che pagano canoni bassi e hanno profitti altissimi. ‘L’affitto del mare’ non ha niente a che fare con ciò”.
Non ha problemi ad entrare nei dettagli. “Nel 1980 il Comune di Rapallo, gestore del nostro pontile, fissò un canone di 1 milione di lire a gavitello. Ne avevamo 70, quindi pagavamo 70 milioni all’anno. Nello stesso periodo gran parte degli stabilimenti balneari pagava in media 3 milioni annui per la concessione della spiaggia. E c’è di più: facendo i conti si accorsero che pagavamo troppo, tanto che chiedemmo un ricalcolo . Da decenni aspettiamo i rimborsi dallo Stato”.
Un velo di stanchezza si sovrappone al tono amaro del signor Massimo. “Abbiamo un ragazzo moldavo che mantiene la famiglia e sta allenandosi per diventare uno skipper, avevamo un ragazzo ecuadoregno bravissimo che ci ha appena lasciato per imbarcarsi su uno yacht di lusso che staziona a Portofino. Ci ha detto che gli dispiace e che ha bisogno di certezze. Non posso dargli torto. Io stesso sono in dubbio sul da farsi”. Massimo Mascherpa è ogni giorno sul pontile della Carco ma nel giorno di riposo risponde a chiamate di vecchi clienti e porta su e giù per il Tirreno le loro barche. “Debbo guardarmi attorno, per forza. Molti della mia età si troveranno tra pochi mesi davanti al rischio concreto di perdere tutto a favore di multinazionali oppure imprenditori con maggiore disponibilità economica o, non voglio crederlo ma neppure mi sento di escluderlo, a favore di rappresentanti di gruppi dalla reputazione non troppo specchiata, magari aziende che sorgono con altri scopi che quello di investire nella nautica da diporto…”.
Non deve, non può finire così. Sarebbe giusto non fare di ogni concessione un fascio. ‘Carco’ oltre che una sigla è anche la forma poetica di ‘carico’, il peso che si deve ‘camallare’. Camallo, ormeggiatore: gente di fatica, gente di mare. Onere, fardello, parole che rendono alla perfezione il senso di allestire, carteggiare, portare e sopportare – in certi casi con certi clienti – le barche affinché chi si rivolge a loro sia contento, apprezzi, torni. Meritano di avere una chance e anche un distinguo: ingiusto accostarli ad altri che hanno goduto di una rendita di posizione scaturita da patti silenziosi stipulati con amministratori quanto meno svagati; per parlar chiaro, ai poco amati balneari che in questi decenni hanno accumulato profitti prodigiosi. Chi sostiene il contrario vada ad affittare un ombrellone e due sdraio nella fascia costiera che va da Portovenere a Roccabruna. Vero che due ingiustizie contrapposte non si elidono, altrettanto vero che storie differenti meritano differenti trattamenti. Chi deve decidere si metta una mano sulla coscienza. La nave in gran tempesta potrebbe restare ‘sanza nocchiere’. Che il paese non sia più ‘donna di province’ è pacifico, almeno che non sia… ‘bordello’.