di DANILO SANGUINETI
Un covo di garibaldini qui nei monti dove il Generale aveva ascendenze e ascendente. Nella Val Graveglia dai mille tesori nascosti capita anche questo: fare una puntata su Ne, alla ricerca di trattorie verniciate Slow Food style e ostelli riciclati in Bed&Breakfast, e imbattersi invece in un circolo che ha sì finalità enogastronomiche ma che ha un chiaro sostrato solidale.
In un’epoca nella quale gli spigoli è un vanto farseli spuntare (e mostrarli), chi cerca di arrotondare, di smussare superfici troppo ruvide, è benemerito. Il Circolo enogastronomico è sistemato in via Castagnola 59 del comune capofila della valle: in pratica un prato scosceso senza costruzioni di disturbo nel raggio di metri, epicentro della frazione collinare di Ne.
Sara e Fabio, i creatori della comunità, pensano differente. Qualcuno li giudicherà dei passatisti, attaccati a modi e idee superati dalla storia, altri li sospettano proiettati con lungimiranza nell’avvenire. E, nella migliore tradizione guareschiana, dove c’è zolfo c’è pure acquasanta, perché ‘i rivoluzionari’ sono acquartierati nella ‘casa dei preti’.
La traduzione dal genovese non inganna. Sara Procopio, 47 anni, ci fa un riassunto della sua storia: “Ca’ di Prei perché era la dimora assegnata ai sacerdoti della parrocchia. Fu fino al 1889 l’abitazione del rettore di Ne, l’arciprete Giovanni Battista. Adiacente è ancora presente una cappella privata aperta al culto, consacrata alla Madonna, la sua festa è quella della Immacolata Concezione l’8 dicembre. La struttura si presenta esternamente come un rustico risalente al 1600, restaurato in epoca moderna con la pietra a vista. All’interno è conservata una delle ultime originali cucine genovesi della vallata, ancora oggi funzionante e utilizzata per riscaldare i testi di terracotta, all’interno dei quali vengono cucinati ‘i testaieu’”.
Liguria profonda, riscoperta da una piemontese e un lombardo, il suo compagno Fabio, 53 anni. “Eravamo alla ricerca di un posto proprio come questo. Appena l’abbiamo visto, io e Fabio abbiamo detto ‘Ci siamo!’”.
E, come Vittorio Emanuele II appena arrivato a Roma, hanno aggiunto ‘E ci resteremo!’. La decisione di trasferirsi nell’entroterra ligure era pianificata. Il desiderio di trovare un posto appartato dove costruire qualcosa di duraturo, di inserirsi nel flusso di una storia secolare, di ancorarsi a qualcosa di meno effimero della vita cittadina e di rivalutare i valori basici dell’esperienza di comunità.
“Non ci hai mai spaventato rimboccarci le maniche. A inizio 2018 abbiamo iniziato il restauro. Il locale era chiuso da oltre un decennio. C’era da sistemare quasi tutto, a parte le fondamenta. La ristrutturazione ha richiesto tempo e denaro”.
A metà dell’anno successivo sono pronti per partire. “Poiché non eravamo interessati a gestire una struttura solo turistica e commerciale, abbiamo scelto di aprire un circolo enogastronomico. Quindi una impresa solidale, con soci che si intestano una quota per usufruire in pianta stabile dei servizi erogati. Il che non esclude l’apertura agli esterni. E sarebbe un delitto non approfittarne. L’edificio è immerso nella campagna, gode di una impagabile vista panoramica sulla vallata circostante. Chi rimane come ospite può apprezzare anche le bellezze naturali del luogo in lunghe e rilassanti passeggiate nel verde.
“Ca’ di Prei è aperta tutto l’anno ed è dotata dei moderni comfort. A completamento c’è un’area comune, adibita a zona relax e attrezzata con televisione e stereo. All’esterno sono collocate una zona giochi per bambini e un’ampia veranda utilizzabile soprattutto nella stagione calda. La struttura è inoltre dotata di parcheggio privato sulla strada. Il ristorante annesso ha una disponibilità di circa 40 coperti ed è attrezzato per poter ospitare banchetti per battesimi e comunioni. L’offerta alla clientela prevede un’ampia gamma di piatti, derivanti dalla tradizione ligure, tutti realizzati artigianalmente e presentati con cura. Unico obbligo la prenotazione”.
Sara ‘non se la tira’, ma è uno chef con i controfiocchi. Viene dalla campagna eppure predilige la riscoperta della tradizione e la cucina a base di pesce. “Abbiamo fatto uno studio approfondito sulle ricette del luogo, siamo alla costante ricerca di ingredienti tipici della tradizione ligure. Puntiamo a uno scambio culturale (perché la gastronomia è parte integrante del patrimonio di un territorio e del suo popolo) mettendo a disposizione degli ospiti le nostre ricette, come prepararle e allo stesso tempo siamo aperti ai suggerimenti sulle stesse e a ricevere informazioni su piatti storici che non conosciamo”.
Prende forma un progetto ‘multistrato’, come una delle torte più rinomate della cucina ligure, la Pasqualina. “Il nostro sguardo abbraccia tre regioni, quelle dalle quali provengono i soci fondatori, Liguria, Piemonte e Lombardia. Abbiamo in menù piatti tipici di queste tre regioni: risotti, bolliti, ravioli, agnolotti, gnocchi, tagliolini, minestrone, arrosti, coniglio, per citarne alcuni. Siamo forti anche sui dolci: Frolla genovese, Baci di Dama, Crème Caramel, Strudel, Meringata, Millefoglie, Francisca al cioccolato, Zuppa Inglese. Ovviamente tutti fatti in casa, con prodotti nostri o che ci vengono forniti da contadini e allevatori del posto”.
Chilometro zero senza sconti. “Certo, è una regola ferrea. Anche per i piatti a base di pesce che sono un po’ il mio forte, dato che per 26 anni ho lavorato al mercato ittico”. Insomma, una fucina di delizie per il palato fuori da ogni schema, che va in direzione orgogliosamente contraria. “Volevamo recuperare certi valori che riguardano il cibo, il socializzare e vivere al meglio ogni attimo della nostra vita. L’era di internet e dei social sta spazzando via tutto quello che ci ha portati fin qui, le nostre capacità artigianali, la nostra capacità di avere dei prodotti di valore lavorando la nostra terra e amando il nostro territorio”.
Dritta al punto: “Se voglio imparare a raccogliere le erbe selvatiche, non vado su internet ma mi faccio insegnare da qualche nonna del posto che per tutta la sua vita le ha raccolte e ha una grande esperienza e ora la sua ricchezza la regala a me. Questo valorizza le nostre origini e le tramanda nel tempo e soprattutto non rende inutile la vita e l’esperienza dei nostri predecessori che oggi appaiono emarginati e inutili”.
Il Circolo pensato in questo modo richiede impegno ma può riservare soddisfazioni enormi. Socializzare per Sara e Fabio non è slogarsi le dita su una tastiera o uno schermo… “È il parlare con la gente e prendere da ogni persona ciò che la sua esperienza le ha insegnato. Un circolo ci permette di fare questo. Essere soci di questo circolo permette sia di poter mangiare dei piatti genuini fatti con ingredienti il più possibile locali e fatti con amore, ma anche di coltivare amicizie, scambiare idee o, perché no, condividere i propri sogni. Un mondo migliore parte dalle idee dei singoli che insieme a un gruppo si possono realizzare. L’aiuto è l’essenza della vita e della sopravvivenza di ogni persona”.
Non sono parole gettate nel vuoto. Sara e Fabio lo hanno sperimentato sulla loro pelle. “Eravamo aperti da sei mesi (giugno 2019), si stava ingranando quando si è abbattuta su di noi come su l’intero paese la pandemia. Tra chiusure e restrizioni, abbiamo dovuto rallentare fino quasi a fermarci. Gli aiuti statali erano dei cucchiaini con i quali si provava a svuotare le stive del Titanic! Abbiamo temuto di dover alzare bandiera bianca”.
Ed è qui che è intervenuto quello che non ti aspetti. “I nostri soci ci hanno permesso di tirare avanti. I conti svuotati, come potevamo comportarci con i fornitori? La gara di solidarietà intorno a noi è stata spettacolare. Oltre al sostegno materiale, è stato decisivo quello spirituale. Ci siamo sentiti accolti e apprezzati, una sensazione impagabile”.
E Ca’ di Prei tra la primavera e l’estate 2021 rifiorisce. “Abbiamo lavorato tanto, la voce della nostra accoglienza è circolata, abbiamo accolto tantissimi nuovi clienti”. Una battaglia vinta, ma la guerra continua. “Intanto dal punto di vista commerciale bisogna badare al centesimo, poi ci sono le nostre attività sociali, pensiamo alla cura dell’ambiente, all’assistenza di persone fragili o bisognose di ascolto. Perché va bene l’enogastronomico ma c’è anche il volontariato da curare”.
Sara è pragmatica e sognatrice al tempo stesso. E trova sempre un motivo per sorridere. “Se dovessi indicare una delle sorprese più piacevoli della nostra impresa, è l’aver imparato che molte delle dicerie sui liguri non sono vere. Gente scontrosa e arida? Forse per chi ne ha una conoscenza superficiale. Qui a Ne abbiamo trovato una comunità strutturata, forte, che una volta che ti ha accolto ti tratta da fratello, non da conoscente”. Liguri di montagna che danno la paga a quelli della costa? Un’altra anomalia rivelata da quella time capsulecostruita al centro della frazione Castagnola, comune di Ne. Un cenobio, una tavola magari non rotonda, sicuramente accogliente per cavalieri dello spirito. La rivoluzione nella scodella. Nessuna pietanza astrusa, nessuna gastronomia esornativa. I fatti non le chiacchiere dentro i piatti. Abbasso gli arzigogoli, viva gli intingoli e hasta la pasta siempre!