di CASIMIRO DI COSTASECCA
Sono un vecchio cronista socialista che ha vissuto la fine della prima Repubblica e ha visto la violenza giudiziaria di un pezzo di magistratura convinta di sovrastare il potere della politica e del Parlamento.
A partire dal 1992, con la vicenda chiamata “tangentopoli”, venne decapitata un’intera classe politica fatta da partiti di centro, in primis la Democrazia Cristiana, e dal Partito Socialista Italiano, forze politiche che continuavano ad avere, attraverso libere elezioni, il consenso della maggioranza degli italiani.
Lo strumento utilizzato dai pm di Milano (si scoprì più tardi che il loro capo ad un certo punto vagheggiò di poter diventare Presidente della Repubblica) già da allora fu la trasformazione del finanziamento irregolare o illecito ai partiti in accusa di corruzione.
Misteriosamente fu risparmiato dai pm del pool milanese e delle altre procure italiane il Partito Comunista (PCI) che invece aveva partecipato anch’esso al finanziamento irregolare o illecito almeno fino all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, grazie a fondi neri messi a disposizione dall’URSS e più avanti con l’inserimento delle cooperative rosse in ogni appalto pubblico.
Da quell’epoca in avanti si creò una santa alleanza tra il cosiddetto “partito delle procure”, in prevalenza fatto da pm e giudici politicizzati a sinistra (le “toghe rosse”) e molti organi di stampa. Nacque così il circuito mediatico-giudiziario che per 30 anni ha cercato di condizionare la politica con il fiancheggiamento e l’appoggio interessato di una sinistra giustizialista che di volta in volta, incapace di vincere le elezioni e priva di reali proposte di governo, è vissuta criminalizzando l’avversario politico di turno: prima Bettino Craxi, poi Silvio Berlusconi, poi Matteo Renzi e nelle ultime elezioni regionali liguri il Sindaco Bucci in quanto vicino a Toti.
Anche la vicenda ligure degli ultimi mesi ha quindi seguito questo canovaccio.
Un’indagine giudiziaria durata più di tre anni: ma è lecito mettere sotto controllo per così lungo tempo, con cimici, intercettazioni, pedinamenti il presidente di una Regione eletto con il consenso popolare? Perché delle due l’una: o nel corso dei mesi e degli anni si è trovata materia per procedere contro gli intercettati, ed allora ci si chiede perché i pm non hanno proceduto istantaneamente, al fine di interrompere un’azione criminosa; oppure non si è trovato poi granché, ed allora ci si chiede se è corretto che abbiano continuato per anni ad intercettare nelle speranza di trovare infine qualcosa su cui inchiodare i controllati. Questo sempre nel solco della solita tesi: le dazioni di denaro, per la verità di modesta entità e regolarmente registrate e tracciate come la legge prevede , fatte da imprenditori che in qualche modo avevano avuto rapporti con la Regione, sono diventate strumenti di corruzione, sia pure “impropria”.
Dopo tre anni di indagini il caso (vedi la coincidenza) esplode a un mese dalle elezioni europee. Il Presidente Toti finisce agli arresti domiciliari per mesi, e ci resta fino a quando non capitola e decide di dimettersi da Presidente della Regione. La legittimità degli arresti domiciliari è molto dubbia, esistono davvero le condizioni per trattenerlo? Ci sono ‘il pericolo di fuga, il rischio di reiterazione del presunto reato e di inquinamento delle prove’ che impongono la restrizione della libertà ad un indagato? Le sue dimissioni, oltre che dai giudici, sono richieste a gran voce, a indagini ancora in corso, dai leader della sinistra convenuti tutti a Genova in piazza De Ferrari con una manifestazione pubblica. Chi erano i giustizialisti? Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli.
La Procura genovese ha quindi determinato, con le dimissioni del Presidente, lo scioglimento del Consiglio Regionale e nuove elezioni. Ha determinato in sostanza il corso della vicenda politica ligure per un presunto reato talmente grave che, in sede di patteggiamento, si è risolto per l’ex presidente con una pena di 1500 ore di servizi sociali.
La sinistra ligure, che da 10 anni non riesce più a vincere un’elezione, anche perché la fazione estremista e giustizialista se ne è impadronita, ha creduto di avere gioco facile per ritornare finalmente al potere. Qualcuno l’ha chiamato ‘un rigore a porta vuota’.
L’impostazione della campagna elettorale della sinistra, invece di riempirsi di contenuti, di proposte, di idee per il futuro della Liguria è stata segnata di nuovo da slogan giustizialisti.
Il sindaco di Genova Marco Bucci, convinto dalla premier Meloni a candidarsi per il centrodestra, e mai sfiorato dall’indagine giudiziaria, è stato definito dallo schieramento avverso e dal candidato presidente Orlando del Pd come ‘organico ad un sistema criminogeno’, le opere da lui realizzate come un sistema di malaffare, la sua figura come un clone di Toti.
L’obiettivo era evidentemente quello di generare un moto di indignazione nella cittadinanza sventolando la “questione morale” di berlingueriana memoria. D’altro canto la Schlein non ha messo la foto di Berlinguer nella tessera del Pd del 2024?
La forza di Bucci, il miracolo che lui ha fatto in una situazione così difficile, è stato nuovamente il coraggio di metterci la faccia, anche in condizioni di salute non semplici. È stata la sua semplicità e la capacità di combattere l’impostazione giustizialista degli avversari con la forza delle idee e la reputazione e credibilità che si è guadagnato facendo il Sindaco di Genova. La città prima di lui era in una situazione di declino e pessimismo delle prospettive. Bucci l’ha risvegliata, proponendo una visione, aprendo decine e decine di cantieri, realizzando la ricostruzione del ponte a tempo di record, ottenendo finanziamenti enormi per opere pubbliche che la città aspettava da decenni.
È vero: su Genova, forse anche per i disagi provocati dai cantieri aperti e per i contrasti inevitabilmente generati dal suo approccio decisionista, ha perso voti rispetto alle ultime elezioni comunali. Ma questi voti persi su Genova li ha recuperati nelle altre province e nel Tigullio, e ha vinto.
La lezione e la morale sono importantissime.
Il popolo sovrano è più forte del partito delle procure e giudica la proposta politica e amministrativa in maniera pragmatica e razionale partendo innanzitutto dalla credibilità dei proponenti.
Una sinistra massimalista e giustizialista è destinata sempre e comunque a perdere con il suo atteggiamento di assalto moralistico agli avversari. Tale atteggiamento è, probabilmente, almeno in parte causa della grande disaffezione che molti ormai manifestano nei confronti della politica non andando a votare.
Gli elettori moderati e riformisti di sinistra hanno votato in larga misura Bucci, spostando gli equilibri e determinandone probabilmente la vittoria.
La sinistra giustizialista non ha voluto Renzi e la sua gente nello schieramento ligure stilando incredibilmente liste di proscrizione che hanno riguardato persone per bene e con una tradizione democratica e di sinistra. Ha imbarcato Calenda che ha dimezzato il consenso preso alle Europee perché il suo elettorato, come quello di Italia Viva, non si riconosce in una sinistra forcaiola dominata dai diktat di Conte, che peraltro in Liguria non è arrivato al 5%.
La sinistra giustizialista non è stata capace di proporre per la Liguria alcuna idea nuova, nessuna visione per il futuro salvo proposte demagogiche e impossibili come quella di finanziare con il bilancio regionale un aumento sensibile delle pensioni minime.
Questa vicenda non è colpa del solo Conte, che è andato dietro alle intemperanze populiste del suo elettorato. È in realtà colpa soprattutto della Schlein e del Pd: è la Schlein che, declinando il vecchio adagio “pas d’ennemis à gauche”, ha scelto di far fronte con Conte, Frantoianni e Bonelli.
Questa è una formula tutta politicista, si basa su un calcolo numerico che poi non trova riscontro nella realtà, non guarda a programmi e a contenuti convergenti, a partire dalla politica estera: e quindi non potrà mai portare al governo e a sconfiggere il centrodestra. Forse ha aumentato un po’ le fila del Pd a spese degli altri. Ma vincere – e governare – è un’altra cosa.
Nei commenti del dopo sconfitta, compresi quelli di Orlando, ciò che colpisce, ma in fondo neanche tanto poiché rientra nella tradizione di quel partito e di quella cultura, è che la colpa è sempre degli altri, al massimo del destino cinico e baro.
Zero autocritica, zero sforzo di comprendere perché i liguri, nonostante tutto, hanno votato Bucci e il centrodestra. Chi perde in politica ha sempre torto, quando si è in democrazia, e deve avere il coraggio di mettersi in discussione e di capire che la sinistra senza un approccio pragmatico e riformista e senza le componenti di centro perderà sempre.