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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

Breve storia dei benefattori di Chiavari

Ancora oggi nella navata centrale dell’auditorium di San Francesco possiamo leggere il motto: “pauper et humilis”, voluto da grandi benefattori del tempo
Il Monumento a Cristoforo Colombo voluto dal benefattore Mario Ravenna
Il Monumento a Cristoforo Colombo voluto dal benefattore Mario Ravenna
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di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Per poter comprendere meglio il concetto di ‘benefattore’, il costruttore di bene, è necessario rileggere alcune pagine della storiografia sociale di Chiavari, in particolare l’evoluzione del concetto di carità, che sta alla base della cultura cristiana, in quello di solidarietà, fortemente valorizzativo. Ancora oggi nella navata centrale dell’auditorium di San Francesco possiamo leggere il motto: “pauper et humilis”, voluto da grandi benefattori del tempo, la famiglia Costaguta protagonista del rifacimento dell’antica chiesa e della prossima Madonna dell’Orto.

In particolare si potrebbe rilevare un vero passaggio evolutivo, con le famiglie nobili chiavaresi impegnate ad attivare i primi uffici di carità e, successivamente, protagoniste di una rinnovata progettualità con opere e istituti permanenti per alleviare il disagio ed affrontare le emergenze presso i ceti più deboli. Questa crescita è testimoniata dalle nove IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) ancora presenti in città .

Oggi questo tema è rimbalzato sulle cronache grazie alla rilettura di un importante documento testamentario, un lascito di 860.000 euro della benemerita signora Marisa Orlandi. Come ribadito dal curatore del tribunale, deve “suddetta somma in conformità alla volontà testamentaria della benefattrice essere utilizzata esclusivamente ad uso ed in favore dei poveri del Comune di Chiavari”. Il consigliere Nicola Orecchia, citando l’articolo 630 del codice civile, puntualizza questo desiderio e richiama l’amministrazione a rivedere il progetto di destinare questa cifra ad un’opera pubblica da realizzarsi in Piazza Del Buono: opera meritoria, ma non corrispondente alle indicazioni testamentarie.

Proviamo a verificare cosa ci indica la storia chiavarese e come i benefattori dei secoli scorsi arricchirono Chiavari creando occasioni di sviluppo. Come non rammentare Giovanni Battista Della Torre e quanto disposto nel suo testamento del 7 dicembre 1737. Il dettato prescriveva l’eredità universale alla moglie Benedetta Maschio, con l’obbligo di erigere una scuola per i fanciulli del territorio.

Benedetta Maschio non mancò d’assicurare, come disposto dal marito, la loro dimora di Via Rivarola. Il 18 dicembre del 1749, poteva così iniziare l’attività dei Padri Scolopi in Chiavari e si avviava la prima scuola in città. Di pari passo, e visto il successo dei primi corsi scolastici, si iniziò la costruzione della chiesa e di nuovi spazi per le aule. I lavori, sotto la direzione dell’architetto chiavarese Carlo Borrelli e del Rettore Aurelio Gambini, furono terminati nel 1772, con una spesa di 200.000 lire.

L’impegno dei Della Torre Maschio non si fermò qui, e si giunse a nuovi lavori per ampliare gli spazi scolastici, interventi conclusi nel 1899. Con notevoli sforzi economici si trovarono le risorse per attivare corsi d’istruzione serali per adulti analfabeti. Con i nuovi ordinamenti scolastici, varati nel 1866, si dovette stipulare una convenzione col Municipio, e questo permise l’avvio della nuova Scuola Tecnica Inferiore. I nuovi ordinamenti imponevano una parificazione con le scuole di Stato e la messa a concorso per gli insegnanti. Anche in questo caso si trovarono accordi col Comune per continuare l’esperienza educativa delle Scuole Pie in Chiavari. Il Ministero della Pubblica Istruzione varò poi nuove norme, e gli Scolopi finirono la loro esperienza didattica nel 1934; continuò il solo servizio di Convitto, attività cessata nel 1965. Da allora i Padri Scolopi sono presenti con la loro Chiesa, dove riposano i resti dei chiavaresi fondatori di questa secolare esperienza: G.B. Della Torre e la moglie Benedetta Maschio.

Vorrei qui ribadire che proprio grazie ai loro cospicui lasciti Chiavari oggi gode di un complesso scolastico. Nei mesi scorsi ho poi rammentato il grande lavoro dell’Economica e dei propri soci benefattori; l’episodio narrato era quello dell’Asilo Infantile, tema ripreso da un recente editoriale per riaffermare il valore della solidarietà espressa in servizi così essenziali.

Vorrei ora tracciare il profilo del più generoso benefattore che Chiavari abbia conosciuto: Mario Ravenna. Un chiavarese nato nell’allora via Fieschi (attuale Via Vittorio Veneto) il 28 giugno del 1865, figlio di Antonio e Giulia Marini, primo di sei figli. Un chiavarese emigrante che corona con il successo l’abbandono della terra natia e realizza una notevole ricchezza in Argentina, dove giunge nel 1882. La data non è casuale: proprio in quell’anno, infatti , entra in funzione la legge voluta dal “Departamento General de Inmigración”. Una normativa per incentivare l’immigrazione, con nuove norme d’assistenza per chi giungeva, con sostegni e possibilità d’insediarsi in terre concesse in conduzione dal governo argentino. Dai registri d’arrivo custoditi presso gli archivi è possibile verificare che nel 1882, anno d’arrivo di Mario Ravenna, sono censiti 29.587 emigranti italiani giunti in Buenos Aires, la gran parte da Chiavari. Mario Ravenna fu uno degli emigranti che ottenuti notevoli guadagni poterono rientrare in patria con un solido capitale; stabilì la propria dimora in via Nino Bixio, dove nel 1924 costruì una lussuosa villa.

Ad oggi Mario Ravenna, per quanto ha lasciato in eredità alla città, risulta il più generoso cittadino chiavarese. Rileggere il suo lascito testamentario conferma l’immensa generosità e l’amore verso Chiavari. Questa solidarietà verso il prossimo è ben leggibile nell’atto del notaio Angelo Bo, atto comunicato al comune di Chiavari il 10 maggio del 1932. Le intenzioni di Mario Ravenna, deceduto a Sestri Levante il 20 aprile, sono minuziosamente elencate, iniziando dall’indicazione dell’erede universale nella propria moglie Emma Evelina Capozzi. La prima voce è il lascito alla Fabbriceria di Nostra Signora dell’Orto di lire centomila per i restauri della facciata; segue la Fabbriceria di San Giovanni Battista con lo stesso importo e la medesima destinazione. È poi la volta di un elenco di diversi sodalizi operanti in Chiavari: Opera San Vincenzo de Paoli, Asilo Infantile, Croce Verde, Croce d’Oro, Lega Antitubercolare, Serve di Maria, Ospizio Carità e Lavoro, Istituto Sordomuti, Artigianelli, Opera Maternità e Infanzia, Opera Nazionale Balilla: a questi undici enti lascia lire 25.000. Segue il lascito più importante, la destinazione che giunge sino a nostri giorni e arricchisce Chiavari di un’importante opera artistica: il monumento a Cristoforo Colombo. La somma è indicata in 250.000 lire, “con avvertenza, però, che tale legato andrà a beneficio dell’Ospedale Civile di codesta città se il monumento non sarà inaugurato dopo cinque anni dalla morte del munifico testatore”. Il documento notarile si conclude con un’altra destinazione: “inoltre, nel primo anniversario della sua morte, e nel primo anniversario solamente, la di lui vedova ed erede dovrà dare a cento famiglie povere di Chiavari lire cinquecento per ciascuna e così insieme lire cinquantamila”.

Mi pare un profilo importante quello del signor Mario Ravenna e dalla sua meriterebbe molto di più: mi riferisco alla sorte della sua salma presso la cappella del cimitero urbano. Una cappella preziosa, con opere di grande valore, bronzi di Roberto Ersanilli ora conservati presso la chiesa centrale, ma nella quale non sono più presenti i resti del grande benefattore. Cosa è successo? È scaduta la concessione e nessun erede è stato rintracciato; il feretro è stato spostato e la cappella destinata a progetti, mi pare, mai realizzati. In realtà dovrebbe essere la città di Chiavari, in assenza di persone fisiche, a considerarsi l’erede morale di Mario Ravenna e a farsi quindi carico della sistemazione dei suoi resti. Spero tanto che chi di dovere riprenda la questione e riporti le spoglie al posto che merita il più grande benefattore di Chiavari, che non può essere cancellato solo perché scade la concessione cimiteriale. Non lo merita!

(* storico e studioso di tradizioni locali)

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