di DANILO SANGUINETI
I vecchi ammiratori di Jules Maigret riconoscono nel locale appartato tra i vicoli e la ‘piazzetta-etta-etta’Cadermartori a Chiavari un parente stretto stretto della cava permeata di Esistenzialismo e bistrot dove il più celebre commissario della letteratura gialla elucubra tra un delitto e un crimine davanti a una schiumoso boccale. E sbagliano, perché se i carruggi possono richiamare il dedalo di vie attorno al Quai des Orfèvres nell’inestricabile gomitolo della Ile de la Cité, il padrone di casa di Birra Leo è per formazione scolastica e spirituale un teutonico in trasferta.
Nella patria dei Nibelunghi ha appreso i segreti dell’arte della birra, in patria è tornato per creare un originale mix di sapienza tedesca e di fantasia latina. Il cognome è Leo, ma il nome è Fabrizio, chiavarese dalla testa ai capelli. Uno che birraio è nato. Lo capisci dalla qualità del liquido che produce e ammannisce alla sua selezionata clientela. Una birra di tale qualità che non teme il confronto con bionde e brune di Oltre Alpe, che sia quella marittima o quella tridentina.
Il liquido ambrato di Fabrizio Leo è giustamente famoso tra gli intenditori. Nessuna pozione magica, nessun segreto da custodire. Solo il frutto di anni e anni di dedizione totale. Va a farsi benedire l’atmosfera franciosa. Qui siamo in piena razionalità tedesca. Una ideologia. Intendiamoci niente di politico, qui si tratta di filosofia, del piacere, qualcosa di più del mero edonismo, di gustare una bevanda che come recita un adagio sul quale Fabrizio fonda la sua personalissima Weltanschauung: “Date a un uomo una birra e ci perderà un’ora. Insegnategli a farsela da sé e ci perderà una vita intera”.
“Fabbricarla ti impegna l’esistenza”, conferma Leo e aggiunge, per non passare per fondamentalista: “Liberissimo ognuno di pensarla come vuole. Pensate che io sono tollerante anche con gli astemi. Perché ognuno di loro equivale a un bicchiere di birra in più per noi”. Un detto accompagnato da un occhiolino che ti fa capire come per essere molto seri bisogna prima di tutto non prendersi sul serio. “È stato il primo insegnamento che ho ricevuto quando sono andato in Germania ad apprendere l’antica arte dei birrai”.
Con questa vocazione il signor Leo ci è nato. “Nessuna molla è scattata, i miei ‘congegni mentali’ erano rivolti a questo sin da adolescente. A vent’anni la decisione di puntare decisamente sulla birra. Mi feci le ossa in vari ‘pub’ del Tigullio. Poi andai a studiare. La mia formazione iniziò nel 1998 tra Varese e Milano. Dopo aver conseguito a pieni voti il Diploma di Publican (gestore di Pub ndr), presso l’Università della Birra di Azzate diretta da Franco Re, non ero ancora soddisfatto. Volevo saperne di più e mi recai presso una delle fonti mondiali della conoscenza in questo campo”.
La ‘masterclass’ della birra era ed è in Germania. “Nel 2003 approdai prima a Floezlingen, Foresta Nera, poi Berlino: risultai sesto del mio corso, conseguendo il Diploma di Mastrobirraio (i saggi del settore si autodefiniscono così, scrivono il loro titolo tutto attaccato ndr) presso la Technische Universität e la VLB (Versuchs-und Lehranstalt für Brauerei), Istituto di Ricerca ed Insegnamento di Tecnologia di Produzione della Birra, che dal 1883 è tra le più antiche e prestigiose scuole per Mastribirrai della Germania”.
Che si studi fisica quantistica al Max Plank Institute o birrologia al VLB, i teutonici sono sempre serissimi e puntigliosi. “In contemporanea, ho iniziato a far pratica come apprendista, lavorando a bottega, in diversi microbirrifici in Germania. Un periodo duro, oltre allo studio anche lavoro assolutamente gratis in pub, keller e ristoranti. Fatichi molto, impari moltissimo”.
Lezioni sul campo, regole ferree. “C’è un decalogo da osservare scrupolosamente. Durante lo studio e il lavoro ci si applica e… basta. E mai, sottolineo mai, si assaggia il ‘prodotto’”. Spiazzante, ma si sa: so’ tedeschi… “È una garanzia per sé stessi e per i consumatori. Si deve essere lucidissimi. La loro mentalità è questa: prima la fatica, poi il divertimento. Infatti una volta conclusa la giornata di lavoro, ci si mette attorno a un tavolo e si gusta la birra prodotta, con commenti divertentissimi. E spesso rimani a bocca aperta: attorno a un boccale anche anziani e serissimi ‘professori’ diventano conversatori amabili, spesso molto ironici”.
Il ritorno in Italia vede un Fabrizio Leo arricchito dagli anni tra Berlino e la Foresta Nera iniziare un’attività che senta totalmente sua. “Lavoravo come consulente per Microbirrifici in Italia e all’estero, quando nel giugno 2008 decisi di fare il grande passo. Aprii Birra LEO®, il mio primo birrificio artigianale a Cavi di Lavagna”.
Quindi era un birraio di secondo livello, fornitore per ristoranti, pizzerie, bar. “Sì, nessuna degustazione diretta delle mie creazioni. Il successo iniziale mi ha convinto a salire un altro gradino. Nell’estate 2012 mi trasferii in zona ‘Carruggi’ di Chiavari. La zona pedonale era perfetta. Nel centro ma appartata. Ingrandii il birrificio aggiungendo un Brewpub dove mi diverto a produrre birre, stagionali e non, per far conoscere quel mondo che ogni boccale di birra racchiude e dove svolgo anche corsi di formazione”.
La tendenza ascendente è costante. “Sì, il mio nome comincia a girare, soprattutto le mie birre. Abbiamo deciso di usare solo materie prime selezionate e ricette tradizionali per rimanere fedeli all’Editto di Purezza Bavarese del 1516. Le mie creature? Tante, al momento sono la Joser Premium Pils, disponibile tutto l’anno, che ha vinto il premio Birra quotidiana 2019; la Krampuss, da dicembre a gennaio; la Thomas, da settembre a ottobre; la Benedictus, da marzo a maggio; la Spezial da agosto a settembre; la David, da giugno ad agosto; la Dolcenera da ottobre a novembre”.
Per chi non è un degustatore, spieghiamo meglio. Qui non c’è niente di conservato, di artefatto. “Nasce dall’esigenza di bere finalmente Birra, con la maiuscola. Rispetto le birre di produzione industriale, ma qui siamo su un altro pianeta: ho l’ambizione di far degustare un prodotto artigianale di alta qualità, usando tre ingredienti naturali: acqua, malto d’orzo e luppolo. Malti d’Orzo tedeschi selezionati, luppoli da amaro e da aroma provenienti dalle regioni bavaresi dell’Hallertau e del Tettnang, senza aggiunte di conservanti o coloranti. Birra non filtrata e non pastorizzata. viene controllata e analizzata ogni giorno per poter dare un prodotto di eccellente livello nel modo più naturale e fresco possibile”.
Tutte le birre sono prodotte seguendo ricette tradizionali e spillate nel vostro boccale dove sapori e profumi di una volta si sprigionano per essere riscoperti e magari accompagnati da taglieri di salumi e piattini di specialità sudtirolesi e nostrane da abbinare nel dehors del Brewpub di Chiavari, all’ombra e in tranquillità, la quiete quasi totale.
“Il mese scorso ho compiuto l’ultimo passo. In associazione con la A.C. Entella ho commercializzato la Birra Entella. Fornisco i point dei club e ne conservo uno stock da servire ai nostri avventori”.
I tifosi biancocelesti da oggi in poi sanno dove devono venire a rifornirsi. Negli alambicchi di Mastro Leo in questi ultimi mesi non sono stati versati solo rose e fiori. Dal marzo 2020 a tutt’oggi il birraio e i suoi collaboratori hanno assaggiato un pane piuttosto salato. Purtroppo i bavaresi non c’entrano niente.
“Il primo lockdown è stata una bella sberla. E nei mesi successivi è stato anche peggio. Ci siamo aggrappati alla produzione per altri locali, non potendo ospitare i clienti nel solito luogo. Ma anche pizzerie e ristoranti hanno chiuso e allora sono stati ‘luppoli’ amari anche per noi”.
Teniamo presente che la birra prodotta con metodo naturale, senza conservanti, ha delle date di scadenza come qualsiasi altro cibo o bevanda non trattata chimicamente. “Proprio qualche settimana fa con i miei aiutanti abbiamo fatto un conto di quanto ci sono costate chiusure e aperture a singhiozzo (per non dire a capocchia ndr). Circa 1000 litri gettati nei lavandini”.
Al pensiero uno come Bukowski si lancerebbe direttamente negli scarichi. “Inutile piangere sulla birra versata. Intanto torniamo a rifornire i locali dei quali siamo fornitori. Ho impiegato il tempo a spiegare a gestori e ristoratori come non sia importante solo avere una pizza o uno spaghetto fuori serie. Anche la ‘birretta’ da abbinare è importante. Una nozione che qui come nelle altre parti d’Italia fatica a prendere piede”. E torna il sorriso. “È bello poter accogliere gli avventori e io posso tornare a spiegare a loro e a chi mi vuole stare a sentire che provo umilmente a inserirmi nella tradizione secolare della Birra Teutonica, garante di genuinità, freschezza e tradizione. Li aspetto, vi aspetto qui per raccontare la storia racchiusa dentro ad ogni boccale. Pros’t!”.
Una cultura con la quale si fa la birra a dispetto dello sprezzante modo di dire. La schiuma che esce da Birra Leo come un’onda sulla quale surfare verso zone più alte della comprensione. Il ‘quadrato’ Fabrizio ci perdonerà se salutandolo viene spontaneo pensare sì a un matematico ma di origine mediterranea. Se Archimede da Siracusa avesse assaggiato una ‘spuma’ delle sue, avrebbe lasciato perdere leve e argani vari ed avrebbe esclamato: ‘Datemi una birra e vi solleverò il mondo’.