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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Le storie di Anni Croce nella rassegna ‘Uomini & Navi’ alla Lega Navale di Chiavari: “Così Claudio Copello ed io scoprimmo il Banco di Ulisse”

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di DANILO SANGUINETI

È logico, quasi scontato che sia la Lega Navale Italiana e in particolare la dinamica, propositiva sezione di Chiavari e Lavagna a proporre una serie annuale di incontri-eventi-discussione che collegano sport, storia e ambiente avente come titolo ‘Uomini & Navi’. Una rassegna che riscuote volta dopo volta (quella in corso è la quindicesima consecutiva) un successo crescente perché presenta storie, racconti, esperienze e dimostrazioni che vanno aldilà del semplice aspetto sportivo-rievocativo: proposte narrazioni affascinanti di avventure esistenziali mischiate a imprese scientifiche e successi agonistici.

Il fiore all’occhiello dell’Area Cultura della LNI Chiavari-Lavagna dal 2008 ad oggi ha offerto un centinaio di conferenze con tema principale il mare in tutti i suoi aspetti e curiosità. Un esempio pratico? Sabato 18 febbraio, nella sede di Chiavari (box numero 51 del Porto ‘Ammiraglio Gatti’) penultimo appuntamento della rassegna, l’incontro ha portato sotto i riflettori il mondo della pesca di altura, un settore che nel Tigullio con l’imporsi della nautica turistica di strettissimo diporto è stato abbandonato se non dimenticato. Un potente reminder di cosa erano capaci di fare gli uomini che andavano a gettare le reti non per svago ma per necessità lo ha recitato con commossa partecipazione Andreino ‘Anni’ Croce narrando dell’avventura del ‘Banco di Ulisse’.

Mezzo secolo fa assieme a Claudio Copello localizzò due montagne batiali chiamate Ulisse e Penelope. “Fu – così è stata presentata – una bellissima intuizione frutto di ricerche meticolose durate tre anni, che hanno rivoluzionato il mondo della pesca locale e non solo, e che è stata oggetto di studi universitari di biologia marina”. Proprio dal ‘paper’ dei ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita della Università degli Studi di Genova, si comprende il tenace e geniale lavoro dei pescatori capitanati da Croce e Copello per trovare nuovi ‘pascoli’. La scoperta del monte sottomarino Ulisse e le prime catture avvennero nell’estate del 1973.

“Mentre cercavamo nuove zone di pesca lontane dagli affollati siti costieri ma più vicini della già nota St. Lucia Bank, effettuammo una spedizione di pesca su un profondo rilievo roccioso situato a circa 28 miglia nautiche al largo del porto di Chiavari. A quel tempo la montagna sommersa, non segnata sulle carte nautiche, non aveva un nome ufficiale e così la chiamammo ‘Banco Ulisse’ (Secca di Ulisse) dal nome del mitologico viaggiatore. Il nome è stato ufficializzato nel 1985 sulle carte di pesca della regione Liguria, promosse dalla provincia di Genova. Il sito incontaminato si rivelò incredibilmente produttivo”.

I pescatori utilizzarono reti speciali noti come ‘filaccioni’: file di ami attorno a una corda appesantita che li collega a un galleggiante. “La prima cattura riguardò diversi saraghi (Pagellus bogaraveo) e una cernia da fondale di 20 kg (Polyprion americanus). La seconda cattura, utilizzando 70 ami, raccolse 20 cernie, per un peso complessivo di quasi 450 kg, tre squali a sei branchie (Hexanchus griseus), per un peso complessivo di quasi 260 kg, e circa 70 kg di gronghi (Grongo grongo)”.

In breve tempo, altri pescatori iniziarono a sfruttare il sito. In due successive stagioni estive gli scopritori del sito non catturarono più cernie da fondale in 10 uscite e si concentrarono sulle orate. “Un totale di 120 esemplari di cernie vennero catturati tra il 1973 e il 1975, prima della loro completa scomparsa dai dati sulle catture. Sin dalle prime operazioni di pesca venne segnalato un elevato rischio di impigliamento sul fondale roccioso, reso particolarmente scabro dalle ‘guglie’ della montagna batiale. Perdemmo ami e lenze e vennero raccolti coralli duri vivi e morti”.

Le catture accessorie accidentali fornirono la prima evidenza dell’esistenza di foreste di corallo sulla sommità del rilievo sottomarino. Ancora oggi sono segnalati intrecci e distacchi di fauna bentonica morta e viva. Il sito è noto per gli avvistamenti di rare specie di acque profonde. “Nell’area osservammo anche numerosi cetacei, tra i quali balene pilota (Globicephala melas), capodogli (Physeter macrocephalus) e stenelle di Risso (Grampus griseus). Non ci stupimmo quando da lì a qualche anno la zona divenne nota come il Santuario delle Balene”.

I minuti sono volati via mentre Andreino Croce faceva rivivere un mondo forse perduto per sempre. La LNI di Chiavari ha voluto ringraziarlo: “Anni Croce ci ha raccontato con passione la sua scoperta. Grazie per averci resi partecipi di questa avventura nata da curiosità, ingegno e tanta pazienza!”. Un mix che un tempo era considerato di serie e non un optional nella dura ‘carrozzeria’ dei marinai ‘ciavain’.

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