di DANILO SANGUINETI
P come portiere. P come pazienza. P come Paroni.
La sua storia nell’Entella Chiavari è talmente speciale da rendere insufficiente persino l’abusata definizione di giocatore-bandiera per riassumerla. Il ventinovenne numero uno biancoceleste è la figurina fissa nel racconto per immagini dell’ultimo decennio, anzi la sua storia all’Entella si fonde con quella della presidenza di Antonio Gozzi in maniera così naturale da sembrare una sceneggiatura di un film. Il prodotto di quell’inesauribile miniera di talenti calcistica che è la piana friulana approda sulle sponde del fiume che dà il nome alla società di calcio nell’estate 2008. Siamo all’anno due dell’era Gozzi, la squadra ha appena conquistato la promozione in serie D. E il patron già pensa al successivo salto, in serie C2, nel professionismo.
Andrea ha 19 anni e viene lanciato come titolare da mister Claudio Terzulli. Non esce più, per 34 volte è in campo nella stagione che vede l’Entella sfiorare la promozione. Idem la stagione seguente, quando i play off danno una grande delusione risarcita in estate dal ripescaggio in C2. Pur tra qualche assenza per infortunio, Paroni difende la porta anche nelle due stagioni trascorse dall’Entella nella quarta categoria. Un paio di infortuni ne limitano il rendimento, ma nelle partite che contano c’è sempre. E il suo contributo non si limita a impedire che gli avversari facciano gol: entra nella storia il gol che realizza nei supplementari della semifinale play off 2012 a Casale, la rete che consente all’Entella di giocarsi la finalissima, persa, con il Cuneo. Si va lo stesso in C1 e Paroni è sempre il numero uno senza discussioni: nella stagione 2013-14, quella del centenario e della conquista della serie B, una sfilza di eventi che fanno storia, lui è sempre lì tra i pali della porta.
A 25 anni fa il suo esordio in serie B: Luca Prina gli rinnova la fiducia, per tre quarti di stagione la salvezza sembra a portata di mano, poi tutto precipita in un convulso finale. Retrocessione, reintegro in estate dopo lo scandalo delle partite truccate, ma ora in panchina c’è Aglietti e soprattutto in organico c’è un portiere con un passato importante come Iacobucci. Il ‘ragazzo di casa’, diventato così popolare da avere un club di tifosi intitolato al suo nome, diventa riserva in pianta stabile. Si accomoda in panchina, tocca il campo solo in un’occasione nel 2015-16, fa pochissime apparizioni anche nella stagione seguente con Breda come allenatore. Neppure nel 2017-18 sembra esserci spazio per Paroni, poi la situazione precipita: a Castorina succede Aglietti, ad Aglietti in extremis e con la classifica compromessa, c’è Volpe che vuole l’amico Andrea in porta al posto di un Iacobucci in evidente calo di rendimento. Paroni fa molto bene, i due anni e mezzo giocando solo poche gare non lo hanno arrugginito.
Le sue prodezze però non bastano. L’Entella viene condannata ancora una volta negli spareggi. E siamo arrivati ai giorni nostri: l’odissea estivo-autunnale giuridico-sportiva, l’Entella sta ferma 4 mesi, poi viene investita da una raffica di impegni. Il giovane Massolo si alterna con un Paroni oramai diventato quello ‘esperto’.
Alla soglia dei 30 anni (li compirà il prossimo 14 ottobre) è protagonista assoluto in Coppa Italia e si riprende la maglia da titolare in campionato. Vive da protagonista assoluto le serate di Genova a novembre e di Roma a gennaio. Non siamo alla fine, probabilmente siamo a un nuovo inizio.
Qual è il segreto che la lega all’Entella?
“Ci vorrebbe un giorno di tempo per spiegarlo. All’undicesima stagione con questa maglia, posso solo dire che non la indosso, l’ho semplicemente cucita sulla pelle. La mia famiglia vera (sposato e papà di una splendida bambina ndr) e sportiva sono qui. Potrei citare una per una le amicizie fraterne che ho intrecciato dentro e attorno al Comunale. In più il rapporto che mi lega al presidente Gozzi: abbiamo un lungo cammino comune da condividere”.
Mai pensato di cambiare? Per esempio nel lungo periodo in cui ha fatto la riserva?
“Potrei dire di no. O meglio, mai seriamente. Quando arrivò Iacobucci ebbi qualche dubbio, poi capii che avevo molto da imparare stando fianco a fianco con portieri più esperti”.
Come ha fatto a tornare in pista?
“Sono un tipo competitivo, credo nelle mie qualità e sapevo che se mi fossi sempre allenato con scrupolo e comportato seriamente il mio momento sarebbe arrivato. E poi anche dalla panchina si può dare un contributo importante. Semmai rimpiango che con qualche allenatore non ci sia stato il giusto feeling. Questo non mi ha impedito di farmi trovare pronto quando sono stato chiamato in causa”.
Al suo nome sono legati tutti i momenti più felici di questo decennio. Quali sceglie?
“So già che tutti penseranno al gol di Casale che nel 2012 ci portò ai play off. Certo, è un episodio indimenticabile. Un portiere che diventa goleador: ne parlarono in tutta Italia. Eppure io personalmente ho altri ricordi che giudico più significativi”.
Per esempio?
“La vittoria a Marassi dello scorso novembre. Ho parato il rigore decisivo a Lapadula, e nei 95’ precedenti penso di aver fatto un bel po’ di interventi decisivi. Io sono abbastanza critico, beh quella sera mi sono promosso a pieni voti…”.
Niente altro?
“Se devo scegliere una singola parata, dico Ternana-Entella del 3 marzo 2015. Parai un rigore al 90’, portammo a casa tre punti. A quel momento eravamo salvi, poi ce ne capitarono di ogni colore e retrocedemmo, almeno sul campo. Del rigore parato si sono dimenticati tutti, io no”.
A proposito di gesti memorabili, il 14 novembre 2014 Paroni fece un’impresa ma non sul campo…
“Allude al fatto che quella notte scesi in strada per aiutare i tifosi a salvare la sede del loro club dall’alluvione? Non ci vedo niente di speciale. Abitavo lì vicino, ero sveglio come tutti, c’era da dare una mano. Io vengo da terre dove le calamità sono purtroppo una tradizione. È una cosa che mi insegnarono sin da bambino: nel momento del pericolo poche parole, molti fatti. E ci tengo a dire che nei giorni seguenti a spalare il fango non c’ero solo io, ma diversi miei compagni di squadra. All’Entella siamo abituati così”.
Ieri di gloria, oggi in risalita. E domani?
“C’è da rimediare a un’ingiustizia grande come una casa subita dalla società e da noi giocatori. Stiamo provvedendo, inutile che vi dica che cosa mi aspetto dai prossimi mesi. Sarà dura perché dovremo affrontare un calendario allucinante oltre che avversarie motivate. Ma le traversie e i colpi non ci hanno abbattuti, ci hanno reso solo più forti. Siamo pronti a riprenderci quello che ci spetta”.
Così parlano le bandiere in carne e ossa.