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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Alfana, dove l’artigianato è anche orgoglio: così si tiene vivo un percorso fatto di ingegno e gusto

Il successo dell’attività, la serie di borse create per le signore di ogni età, dà forza alle idee di Dondi Inzerillo, a propositi che esulano dagli esiti personali
Il negozio di Alfana che si trova nel Carrugio Dritto di Chiavari
Il negozio di Alfana che si trova nel Carrugio Dritto di Chiavari
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di DANILO SANGUINETI

Se permettete parliamo di artigianato. Non è l’argomento più a la page (up to date secondo i Millenials e seguenti…), forse va contro lo zeitgeist, magari avrebbe bisogno di un robusto restyling del suo storytelling. La realtà è che se per un attimo ci togliamo di dosso gli orpelli di una sempre più esasperata esterofilia e torniamo a guardare al nostro retaggio, scevri da sovranismi a la carte (ehm…) sbandierati dai nostri governanti, ci rendiamo conto che da lì viene tanta parte della straordinaria storia di questo paese. Un percorso fatto di ingegno e gusto che lo ha reso nel tempo forziere ricolmo quanto nessuno altro al mondo di tesori artistici, penisola che, a causa o malgrado i suoi abitanti, è pervasa di Grande Bellezza.

L’artigianato è stato e potrebbe essere ancora l’humus gettato sul terreno della operosità che fa sorgere piante dispensatrici di concretissimi frutti. 

Basterebbe ascoltare le parole di chi nell’ancora folta genia che si dipana lungo lo Stivale ha le idee più chiare. Un esempio di artigiano pensante e non solo resistente? A dare la voce a un “volgo disperso che nome non ha” è la signora Donatella Inzerillo, front-woman della coppia che da oltre mezzo secolo porta avanti un laboratorio-negozio di borse, nato in via dei Cogorno, poi in via delle Vecchie Mura, oggi punto fermo (uno dei pochi rimasti) del Carrugio Dritto di Chiavari, insomma sempre nel quadrilatero di Rupinaro.

“Dondi” Inzerillo argomenta in maniera serrata. La appassionata esposizione dei problemi del suo mondo tradisce studi non commerciali. Si avverte l’orgoglio di chi potrebbe esclamare “forse tu non pensavi ch’io loico fossi!”.

Il successo di Alfana, la serie di borse create per le signore di ogni età, dà forza alle sue idee, a propositi che esulano dagli esiti personali, dalle fortune, intatte, della sua impresa. “Prima di tutto evitiamo i paroloni che entrano da una orecchia e che escono dall’altra, le solite manfrine che lasciano il tempo che trovano, manifestazioni di buone intenzioni che durano lo spazio di un mattino. Invece bisognerebbe iniziare a ragionare da come viene definito, da che cosa si intende per “artigiano”. Per lo stato e anche per molte persone è un calderone nel quale ci sta l’idraulico, l’elettricista, chi fa i pizzi ed i merletti, chi mette le perline sui vestiti. Stiamo mettendo assieme cerchi e quadrati, mentre il concetto va ripensato, o meglio separato. Va suddiviso in “artigianato di servizi”, appunto l’idraulico o l’elettricista, in “artigianato creativo” e “artigianato di tradizione” che non sopporto sentir chiamare “artistico”. Arte è un’altra cosa, anche se beninteso chi vi appartiene, pensiamo per esempio alle ricamatrici o a alle tessitrici delle nostre zone che fanno cose meravigliose, hanno una perizia manuale straordinaria. Ma se non si confonde arte con tradizione è molto meglio. Ed il creativo deve essere un settore per conto suo. Ecco la suddivisione logica”.

Concetto, definizione del termine, suddivisioni, distinzione del genere dalla specie. A chi sa di filosofia suona familiare. Chi pensa bene parla… meglio. La signora Inzerillo si è lanciata in una disamina socio-economica dalla logica così stringente che balzano alla mente le categorie aristoteliche. Se tu riesci a fare una tassonomia del tuo settore sei già a un punto molto avanzato sulla strada per risolvere la questione. 

Il suo grido di dolore si esplicita nel descrivere la situazione attuale, ben lontana da quella che lei e tanti artigiani a lei affini, sognano. “Non sto pensando a sostegni e contributi a pioggia, ma voglio parlare di ciò che all’artigiano crea problemi. E sono tre cose. Primo, gli affitti dei locali dove crea e vende, che sono carissimi. Secondo, ma primo per importanza, la legislazione che io definisco “napoleonica” per sottolinearne la antiquata concezione, sorpassata in tutto e per tutto. Napoleonica perché noi “produttori”, ossia che costruiamo ciò che vendiamo non possiamo definirci artigiani ed abbiamo dovuto prendere una licenza di commercianti perché ancora oggi la norma prevede che possa definirsi artigiano solo chi produce e vende nello stesso luogo”.

Il famoso “casa e bottega” che richiama a epoche direi non passate ma trapassate. “Le faccio un esempio grandioso. I famosi Gelati Grom assurti a fama mondiale proprio per essere “manufatti” non possono mettere nel loro logo “gelato artigianale” perché non vendono dove producono! Avere successo diventa un handicap! È evidente che chiunque esamini oggi il settore si rende conto dell’anacronismo della legge, ma dato che la politica è stata ed è cieca e sorda ai nostri problemi tutto è rimasto invariato. Non gli è ne è mai importato un fico secco ai nostri governanti diciamo chiaro. Ed è un errore madornale, perché l’artigianato, sebbene parcellizzato, è ancora molto diffuso. E sarebbe una risorsa per il sistema economico: perché chi alza la saracinesca ogni mattina, paga le tasse, non ha scappatoie, altro che quattro giganti della new economy che si inventano l’impossibile per non dare quanto dovuto”.

Sebbene in pensione da oltre un lustro, Donatella intende battersi per le sue tre “ragazze”, come le definisce, le signore che costruiscono le borse, tutti i modelli sensazionali creati da Dondi e dal consorte, Goran Rimac. “Vorrei che avessero una prospettiva migliore. E in questa ottica ecco il terzo fardello, il terzo problema che ci opprime: le mille incombenze che dobbiamo adempiere. Per quarant’anni ci hanno dato addosso. Una cultura del sospetto (artigiano sinonimo di evasore…) che ci ha infangato. Io debbo fornire al commercialista i numeri, fare un lavoro di contabilità assurdo. Penso agli studi di settori, richieste assurde fatte per soddisfare degli algoritmi, delle imposizioni che nulla c’entrano con una produzione creativa. E poi date e passaggi per soddisfare il Fisco che sono infinite, snervanti, opprimenti e che sconsigliano qualsiasi giovane ad avvicinarsi all’artigianato”. 

Siamo ad un altro snodo essenziale nell’Inzerillo pensiero. “Bisogna evidenziare la differenza tra industria, luogo della serialità, dell’oggetto fatto in serie per vendere, per i ricavi e la creazione sempre unica perché sempre diversa dell’artigiano appunto creativo. Oggetti che non sono replicabili, che hanno imperfezioni e per questo sono apprezzabili da chi sa vedere. Qui si vuole customizzare tutto. Ma se Brunello Cuccinelli, Gucci o addirittura Illy fanno grandi hub (devo usare questo termine, ma sarebbe più giusto dire centri studio) per formare giovani artigiani che pensino a nuovi modelli, abbiano idee originali per oggetti unici”. Un esempio illustrissimo. “Quando Michelangelo ricevette da Giulio II l’incarico per affrescare la Sistina non sapeva come dipingere sui muri e chiamò due artigiani perché gli insegnassero come si fa. Nelle botteghe, nella concentrazione di artisti e artigiani, nacque il Rinascimento”. 

Gli artigiani andrebbero tutelati solo per questo ricordo. Invece stanno rarefacendosi. Forse perché non si sentono abbastanza apprezzati. Forse perché incontrano continui intoppi. Forse perché non riescono a farsi sentire. “Ho mille episodi che potrei raccontare dove mi sono vista bloccare iniziative e proposte per la cecità della controparte. Che ci vedono in maniera sclerotizzata. Resisto perché mi sforzo di vedere i lati positivi. La creatività, la difesa della tradizione. C’è tanta passionalità, c’è tanta felicità nel creare. Il lunedì quando sono in fabbrica a creare per me è festa, sempre”. Perché la signora Inzerillo non si offende di fronte alla parola bottega, Lei sa da dove viene ed anche sa che cosa potrebbe replicare ai suoi detrattori, agli “elonmusk” che si vantano di passare sulla storia come un caterpillar e che il loro concetto di progresso non farà prigionieri. Le parole di Andrea Bonanno, uno dei due fratelli di Good Morning Babilonia, andati a Hollywood a spiegare agli americani come si costruiscono i monumenti: “Di chi sei figlio tu? Noi siamo i figli dei figli dei figli di Michelangelo e di Leonardo. Di chi sei figlio tu?”.

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