di ALBERTO BRUZZONE
“Non so se ho perdonato le persone che hanno rapito e ucciso mio padre. Ma oggi posso dire che quelle che, come me, si sono sottoposte a un percorso di giustizia riparativa, sono mie amiche. Voglio bene a loro e considero il loro sottoporsi ai confronti come un gesto di grandissima generosità”. Voler bene, ma non solo.
A un certo punto, Agnese Moro lo dice ancora più chiaro: “Con queste persone che hanno abbracciato la lotta armata ho passato otto anni, vedendole molto di frequente. Sono persone che amo profondamente perché, dopo decine di anni di galera brutta, hanno avuto il coraggio di rimettersi in gioco”. Sono state queste le parole che più hanno colpito, lunedì mattina, nell’Aula Magna del liceo scientifico ‘Cassini’ di Genova, nell’ambito dell’incontro ‘Alla luce della democrazia’ organizzato dall’Ufficio scolastico regionale della Liguria all’interno dei percorsi di educazione civica di alcune scuole superiori della regione. Ospite d’onore, la figlia di Aldo Moro, lo statista rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978. Una storia che ragazze e ragazzi hanno dimostrato di conoscere, non solo per il livello delle domande poste ad Agnese Moro, ma anche per gli elaborati che sono stati mostrati, prima dell’intervista pubblica.
I lavori sono stati introdotti dal direttore dell’Usr Liguria, Antimo Ponticiello, e poi coordinati dal dirigente tecnico, Roberto Peccenini. È stato quest’ultimo a ricordare il percorso di Aldo Moro, anche se studenti e studentesse erano perfettamente preparati. Aula Magna del ‘Cassini’ piena, mentre altri erano in collegamento, perché ‘Alla luce della democrazia’ non ha coinvolto solamente il liceo scientifico di via Galata, ma anche tanti altri istituti sparsi in Liguria: c’erano rappresentanze dei licei genovesi ‘Pertini’ e ‘Fermi’, dell’istituto ‘Montale’, del liceo ‘Marconi Delpino’ di Chiavari, del tecnico commerciale ‘Fossati Da Passano’ di La Spezia, dell’istituto ‘Patetta’ di Cairo Montenotte (Savona), del ‘Fermi polo Montale’ di Ventimiglia (Imperia).
Peccenini ha ricordato che “fu proprio Aldo Moro, nel 1958, quand’era ministro dell’Istruzione, a introdurre l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole. Una materia poi scomparsa, ma per fortuna ritornata in base a una legge recente”.
E questo modo di fare educazione civica, nel senso concreto del termine, “con testimonianze vive e dirette è molto importante”, come sostiene il direttore dell’Usr Liguria, Antimo Ponticiello. Agnese Moro ha fatto anche riferimenti all’attualità: “Nessuno ha il diritto di mettere un microfono sotto alla bocca di chi ha appena subito una tragedia per chiedere se perdona. Nessuno potrà riportare in vita mio padre, come quella ragazza uccisa. Bisogna imparare a convivere con il dolore. Io l’ho fatto con la giustizia riparativa. Nessuno dei rapitori di mio padre mi doveva nulla: hanno pagato per quello che hanno fatto”.
Di Aldo Moro, la figlia Agnese, che oggi ha 71 anni, ha ricordato “la straordinaria capacità di sentirsi vicino alle persone. Ricordo che tornava a casa, avendo fatto qualcosa di enorme per il Paese, e si metteva a cercare i mostri nella mia stanza, poi mi teneva la mano finché non mi fossi addormentata”.
Ma, dopo 45 anni, il pensiero è sempre lo stesso: “La linea della fermezza fu applicata solo con mio padre. In tutti gli altri casi, le persone rapite ce le siamo riportate a casa. E allora penso che fu un modo per dire: non lo rivogliamo indietro”. Ai giovani, Agnese Moro vorrebbe “parlare di più. La cosa brutta che facciamo, è che non vi ascoltiamo mai. E invece io desidererei un posto dove starvi a sentire per ore. Voi ce la dovete fare a ritrovare il coraggio. Ce l’abbiamo fatta noi, che eravamo squinternati”.
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