di DANILO SANGUINETI
L’Amis Admo è vittima del suo stesso successo? Siamo prossimi al decennale per la società scaturita dall’unione storica delle due principali realtà pallavolistiche di Chiavari e Lavagna. Un super club dalle dimensioni, per numero di tesserati, tecnici e dirigenti, inusitate per il Levante che è cresciuto in maniera costante. Una espansione che in un primo tempo aveva spaventato qualche rivale, in qualche occasione si era arrivati addirittura a parlare di monopolio. Fraintendimenti, forse un pizzico di invidia.
L’estate scorsa le notizie di un’intesa con il Volley Sestri Levante avevano fornito altri argomenti di discussione. Lo stop a illazioni e sospetti viene dato dalla parole non equivocabili del direttore tecnico dell’Amis Admo, Marco Dalmaso: “Nessuno si mangia o ingloba niente. Il Sestri ci ha chiesto un aiuto per allestire alcune formazioni in alcune categorie dove era presente senza un adeguato numero di tesserati, noi avevamo un surplus proprio in quelle fasce di età o livelli di gioco. E’ un’intesa nata dall’incontro di due necessità. Non ha senso parlare di fusione, direi che non si tratta neppure di un accordo, almeno niente di organico. Una semplice collaborazione tra due club che mantengono dirigenze, organici tecnici e rose ben differenziati. Un esempio? La loro squadra di Prima Divisione maschile vede tanti nostri ex in campo, abbiamo trovato ai ragazzi uno sbocco agonistico che altrimenti sarebbe stato difficile garantire. E’ una situazione ‘win-win’, tutti ci guadagnano”.
Il tratto di strada fatto in comune potrebbe allungarsi: “Vedremo più avanti, noi siamo aperti a ogni tipo di soluzione, sempre che sia condivisa al cento per cento dalla controparte. Non intendiamo imporci, siamo estremamente rispettosi delle altrui autonomie. I nostri tecnici e quelli del Sestri si confrontano, si scambiano pareri sulle squadre allestite in comune, è un modo importante per accrescere il bagaglio di esperienze individuali”.
Lo stato di salute della pallavolo levantina non preoccupa Dalmaso. “I tempi possono sembrare avversi, ma credo che le nostre società siano attrezzate per uscire indenni dalla bufera. Per essere più preciso, voglio sottolineare come Admo Amis sia una realtà importante, ma non certo l’unica tra Genova e Spezia. A Santa Margherita, Rapallo, Recco ci sono società importanti”.
E ci sono altre collaborazioni in atto: “Certo, perché il momento va in questa direzione. Santa e Rapallo lo hanno capito, sono un altro esempio di società che mantengono la loro individualità e nello stesso tempo si aiutano nelle categorie dove hanno bisogno. Poi c’è chi sceglie di puntare soprattutto su atleti fatti e finiti e altri che preferiscono lavorare con i giovani”.
In questo secondo ambito l’Amis Admo è indiscusso leader. Dalmaso non può rifiutare lo scettro. “Beh, partivamo da un bacino ampio, è però vero che in questi dieci anni abbiamo fatto dei passi in avanti. La nostra è una scuola federale, c’è esperienza, affidabilità e innovazione al tempo stesso. Soprattutto direi che abbiamo fatto dei grandi passi avanti nella cosiddetta fidelizzazione. Uno dei motivi di preoccupazione principali erano gli abbandoni dei ragazzi, un fenomeno che oggi, con il moltiplicarsi delle proposte, nel contrasto di tanti stimoli anche opposti che arrivano ai ragazzi, è in notevole espansione. Anche noi subivamo una decurtazione, soprattutto nei due passaggi chiave nella crescita dei ragazzi: la fine delle medie (14 anni) e la fine delle scuole superiori (18 anni). In questi ultimi tempi abbiamo notato un rallentamento, molti dei nostri ‘pulcini’ una volta diventati adulti non lasciano il nido, ci chiedono di continuare a giocare, e noi siamo ben contenti di allestire team e trovare loro una collocazione anche nei tornei over”.
L’Amis Admo come la famiglia tipica italiana: i figli prima di lasciare il tetto natio ci pensano non una, ma dieci volte.