di ROSA CAPPATO
“Questo posto è meraviglioso”. Parla così della sua casa Ciro Scognamiglio, il custode di San Nicolò di Capodimonte, che dal 23 marzo 2013, ben 11 anni e mezzo, vive senza televisore. “Ne ho regalato tre – racconta – quando ho deciso di venire a vivere qui e sto benissimo. Probabilmente dopo quattro anni, questo andrò in ferie: ovviamente resto qui a curare le mie piante e i miei bonsai”.
L’uomo approdò a San Nicolò grazie a ‘Nicco’ Maggiolo, indimenticato fondatore del ‘Gruppo San Nicolò’ e storico titolare del bar di Ruta, che aveva contribuito al restauro della chiesa. Lui disse a Ciro che mancava un custode. L’ex navigante in pensione, dopo aver solcato i mari di tutto il mondo, compreso quello di Capo Nord e della Nuova Zelanda, esperto di turismo, cucina e conoscitore di lingue straniere, scelse con entusiasmo questo cambio di vita, in un suggestivo contesto ambientale.
Spiega di aver imparato a leggere e scrivere a cinque anni grazie alla mamma che amava la lettura e dalla lettura continua a trarre ispirazione e compagnia. Si interfaccia con persone di tutto il mondo che dal sentiero da cui arrivano, si diverte a “buttare dentro la chiesa”. Una ragazza qualche tempo fa arrivando a piedi, ha detto proprio così: guarda c’è una chiesa. È stato l’episodio scatenante – racconta – che mi ha portato a invitare e chiamare le persone, per far loro conoscere questa meraviglia, una piccola tappa lungo il cammino verso il Monte o verso il mare”.
Le giornate del custode sono scandite dagli afflussi di visitatori, che quest’estate sono arrivati a un centinaio al giorno, compresi i gruppi. Ora che stanno diminuendo Scognamiglio ne conta una cinquantina nel fine settimana e circa venti nei giorni feriali, se il tempo è bello. “La mattina mi alzo, faccio colazione e poi apro la chiesa; mi dedico alle visite, poi c’è la pausa pranzo; pomeriggio si ricomincia. Custodisco San Nicolò anche manualmente, con lavoretti di manutenzione e la sera chiudo e mi preparo per la notte, senza dimenticare l’impegno delle pagine Facebook”.
Una ha il suo nome e l’altra si chiama: ‘San Nicolò-Capodimonte Antichissimo Priorato Abbazia E Chiesa Monumentale’. Qui la mattina e la sera l’uomo saluta gli amici e mostra le visite della giornata e le bellezze della chiesa, come l’organo processionale, funzionante, con le canne in peltro e i tasti in osso di balena, che fanno sgranare l’occhio ai turisti. La sua occupazione gli dà molte soddisfazioni: “Ci sono già 15 diari-ingressi, alcuni con frasi toccanti, anche con richieste di grazia”.
Il custode è anche riuscito ad organizzare eventi e concerti, oltre al supporto pratico con addobbi, buffet e trasporto via mare, ai tanti sposi che hanno deciso di coronare il loro sogno in questo posto immerso nella natura: “Gli sposi vanno via con un ricordo indelebile”. Sabato 12 ottobre ospiterà gli appassionati della Biblioteca Millenaria di Ruta. Non si stanca di narrare la storia dell’antica chiesa, di cui conosce tutto ormai, avendo letto numerose bibliografie. “È un puzzle di notizie – spiega -, anche mistiche, da cui ho tratto una storia plausibile. Ne sono protagonisti persino i saraceni, e poi c’è un forte legame con i corsi d’acqua. È una chiesa particolare, con una pianta che guarda a Nord e il pavimento in discesa: ho scoperto addirittura che la pianta a croce romana nella parte dell’abside è leggermente ruotata a sinistra, perché replica l’immagine di Gesù morente sulla croce. È stato sbalorditivo”.
Nell’abbazia dove vive, accanto alla chiesa oltre a lui ci sono altri due residenti, ma nel tempo è riuscito a rendere più famoso il luogo sacro, interessando il parroco da Don Davide Casanova, l’amministrazione comunale di Camogli e la Pro Loco, oltre alle associazioni locali che in estate vivacizzano le serate con musica e intrattenimento. “Non c’è più nessuno, ma qui c’era una piccola comunità di pescatori e contadini – prosegue Scognamiglio parlando dell’epoca ottocentesca – con gli animali da cortile. Proteggevano la chiesa e l’altare sopravvisse all’invasione dei soldati di Napoleone, nascosto sotto terra e poi riportato al sito originale”. Da buon operatore turistico e chef, il custode ha trovato la ricetta per rendere ‘vivo’ San Nicolò, monumento nazionale dal 1910: “Le porte qui sono sempre spalancate, anche in inverno. Ho raggiunto l’obiettivo fare conoscere questo bene, farlo apprezzare e farne parlare. Perché è come un oggetto inestimabile: pieno di arte, storia e architettura”.
Il sito è accessibile in circa 20 venti minuti a piedi da San Rocco di Camogli, oppure un quarto d’ora in battello (tratta Camogli -Porto Pidocchio) e poi si percorrono circa venti minuti di salita a piedi. La chiesa romanica è considerata una delle più vecchie della Liguria. È fiancheggiata da un nucleo di case, un tempo monastero e risale al XII secolo, quando i canonici regolari della congregazione di S. Ruffo, insediatisi nell’area, decisero di fondarvi un edificio religioso nei pressi della cappella del 345, dedicata a S. Romolo, vescovo di Genova. Dopo il 1860 fu chiusa al pubblico perché inclusa nella legge della soppressione dei beni ecclesiastici, voluta dal Governo del Regno. Negli anni in cui rimase abbandonata, fu privata di tutti i suoi arredi sacri e trasformata in abitazione dai pescatori locali. Fu riaperta nel 1870. Nel 1874 fu affidata ai padri Minimi, fino al 1890, poi, nel 1895 il figlio di Andrea Bozzo, Don Giacomo, ereditò San Nicolò, assieme al Mulino; alla sua morte la chiesa divenne proprietà ecclesiastica. Negli anni ‘20 del secolo scorso fu sottoposta a complessi restauri che non ne hanno alterato l’originaria struttura in pietra con due torri ai lati (una inglobata nell’edificio che l’affianca), il portale strombato con colonnine di marmo e l’abside decorata con archetti. All’interno sono visibili tracce di affreschi fra cui un graffito del 400 raffigurante la Madonna nell’atto di proteggere una barca nella tempesta.