Ci sono pochi casi in cui un grande evento internazionale sia di così chiara lettura, così evidente nei suoi tratti distintivi da porre il problema ‘da che parte stare’. La vicenda del Venezuela è uno di questi.
Ci troviamo di fronte a una dittatura castro-fascista che incredibilmente ha ridotto alla fame il Paese con le più vaste riserve petrolifere del mondo. Negli ultimi anni quasi tre milioni di venezuelani (su una popolazione totale di 32 milioni) sono fuggiti, soprattutto verso la Colombia, per cercare di sopravvivere alla miseria, alla repressione, alla violenza e alle torture perpetrate da un regime corrotto fino al midollo che si appoggia a militari anch’essi corrotti.
Il potere del governo di Maduro si regge sulle morti quotidiane di bambini e adulti per mancanza di medicine, sulla fame cronica, sull’emigrazione di massa, sugli altissimi indici di criminalità, sul collasso delle forniture di acqua luce e gas, su un’iperinflazione e una crisi economica tra le più gravi conosciute dall’America Latina.
Come fa Maduro a restare al potere con questa situazione e con la stragrande maggioranza della popolazione contro di lui?
Come detto, ha il sostegno esplicito dei militari. Le forze armate controllano il gigante petrolifero nazionale PDVSA, la distribuzione di generi alimentari e medicine, i giacimenti d’oro, diamanti, coltan, ferro ed alluminio. Regolano buona parte del sistema finanziario fiscale, agricolo, edilizio e l’acquisto di armi da Russia, Cina e Iran. Probabilmente controllano il narcotraffico.
Sono tutte attività che vengono nascoste dietro a una facciata retorica patriottica e sovranista. La stessa che fa rifiutare a Maduro proprio in questi giorni gli aiuti internazionali.
Infine i militari controllano l’ordine pubblico, soffocano le proteste, processano i dissidenti e li accusano di tradimento della patria e di terrorismo.
Per mettere a tacere le voci di una frattura interna, generali ed ammiragli si sono presentati alla Tv di stato in alta uniforme. Lo hanno fatto il 24 gennaio, quando il Presidente del Parlamento Guaidò, sulla base di un articolo della costituzione venezuelana, si era proclamato Presidente ad interim chiedendo nuove elezioni e ricevendo subito il sostegno dei grandi paesi europei e degli Stati Uniti.
Soffermiamoci un momento su questo punto. Guaidò è il rappresentante del Parlamento, l’unico organo democraticamente eletto di tutto il Venezuela, al contrario di Maduro che è stato eletto l’anno scorso con elezioni macchiate da gravissime irregolarità e considerate non valide dalla maggioranza dei paesi della comunità internazionale.
Dinanzi a tutto ciò, come si diceva all’inizio, schierarsi non dovrebbe essere un problema. La grande maggioranza delle nazioni democratiche lo ha fatto. In particolare, per quanto ci riguarda da vicino, l’Unione Europea e le grandi nazioni europee come Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna.
E l’Italia? Uno schifo. A causa della posizione del M5S a favore del caudillo castro-fascista venezuelano, nonostante la chiarissima presa di posizione del Presidente della Repubblica Mattarella e della maggioranza delle forze politiche del parlamento compresa la Lega di Salvini, il governo italiano non si decide ad esprimersi in favore di Guaidò e, in buona compagnia con Russia, Turchia, Iran e Cina, assume la posizione di ‘non ingerenza’ negli affari di uno stato straniero.
Evidentemente il lungo soggiorno a quelle latitudini del castro-fascista nostrano Alessandro Di Battista dà i suoi frutti, e il governo italiano invece di sostenere la democrazia in Venezuela si volta dall’altra parte.