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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390
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Il 2018 è stato un anno difficile per il nostro Paese, alle prese con una lunga campagna elettorale, una lunghissima gestazione per la nascita del nuovo governo, un’economia (la più lenta d’Europa da anni) declinante e colpita da una forte crisi di sfiducia degli investitori nazionali ed esteri, spaventati dai proclami e dall’incompetenza dei nuovi governanti grilloleghisti. 

Ci sono stati momenti di vera e propria apprensione con lo spread sopra i 300 punti (cioè ad un livello oltre il quale l’enorme debito pubblico italiano non è più sostenibile), che hanno coinciso con gli annunci del governo, o meglio dei due vicepremier Di Maio e Salvini, di volersi scontrare con l’Europa sul rispetto delle regole di bilancio e in particolare sul livello del deficit. 

Si è sfiorato l’avvio della procedura di infrazione da parte dell’Europa, un’infrazione costosissima per le tasche degli italiani, perché si è parlato di una multa di oltre 60 miliardi (!!) oltre al blocco di tutti i trasferimenti all’Italia attinti dai vari fondi europei. 

Si sa come è andata a finire. Dalle fanfaronate (“O  il 2,4% o morte”, “non caleremo le braghe”, ecc.) si è passati ad una più realistica constatazione che contro l’Europa non si può andare, e all’accettazione di ciò che l’Europa voleva, e cioè un livello di deficit pari al 2%, che era esattamente quello che il ministro dell’Economia Tria aveva proposto al premier e ai due vicepremier a ottobre ottenendone uno sdegnato rifiuto. 

Resta il danno provocato dalle parole di Salvini e Di Maio, che hanno fatto esplodere lo spread, oggi solo parzialmente rientrato, e che sono costate all’Italia qualche miliardo di interessi in più sul debito pubblico. 

Nei momenti più acuti della crisi con l’Unione Europea, il ruolo del Capo dello Stato Sergio Mattarella e dei due ministri a lui più vicini, Tria all’Economia e Moavero agli Esteri, è stato fondamentale. 

Ancora una volta, così come era stato durante la lunghissima crisi per la formazione del nuovo governo, l’intelligenza e il senso di equilibrio del Presidente della Repubblica hanno evitato all’Italia guai peggiori. 

Il prestigio, l’autorevolezza, le relazioni che Mattarella ha in Europa hanno consentito e facilitato l’apertura di un confronto con l’Unione, ed hanno fatto capire al governo e ai suoi intemperanti e incompetenti diòscuri che lo scontro con la UE sarebbe stato letale per l’Italia e la sua economia. 

Gli italiani vogliono bene a Mattarella non solo perché vedono in lui un simbolo dell’unità del Paese, ma anche perché capiscono che è l’unica figura istituzionale in grado di farsi realmente carico dei problemi dell’Italia, senza usare i problemi del Paese come strumento di propaganda di una campagna elettorale permanente. 

Gli italiani, anche quelli che continuano, non si sa ancora per quanto, ad esprimere il proprio consenso verso il governo grilloleghista, sentono il carisma di quest’uomo silenzioso, del suo giudizio assennato, della sua grande responsabilità politica, e capiscono bene quanto sia importante averlo alla Presidenza della Repubblica e al servizio del Paese. 

Il 2019 sarà un anno ancora più difficile per l’Italia, almeno dal punto di vista economico. Il rallentamento dell’economia a livello europeo e mondiale avrà effetti negativi anche da noi, e il rischio di una non crescita o addirittura di una recessione è reale. 

Minori investimenti, meno lavoro, più disoccupazione sono uno scenario purtroppo realistico, altro che crescita all’1,5% come per mesi hanno continuato a ripetere gli incompetenti del governo. 

In una situazione di questo tipo l’eventualità che crisi economica e crisi politica si intreccino esiste, e di nuovo la fragilità della nostra situazione finanziaria a causa dell’enorme debito preoccuperà i mercati internazionali mettendo a repentaglio la tenuta dei conti pubblici e del Paese. 

Una facile previsione: in quel momento i grilloleghisti saranno impotenti ed incapaci di tirare il Paese fuori dai guai, e il punto di riferimento, l’àncora a cui tutti si rivolgeranno, sarà ancora lui, il Capo dello Stato con la sua ragionevolezza e la tenacia di sempre. 

Grazie di esistere, Presidente, noi siamo sempre con Lei!

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