di DANILO SANGUINETI
Può un’intera valle perdere l’orientamento? Per quanto possa apparire insolito anche i territori hanno una volontà e un’anima che in determinate congiunzioni storiche vengono smarrite. Per rimettere in carreggiata un borgo e i relativi borghigiani occorre pazienza, tempo e impegno. Tanti piccoli interventi possono fare meglio e di più di faraonici progetti di rilancio elaborati dalle amministrazioni di superiore grado gerarchico, o peggio, ancora da quella centrale. A patto che a formulare idee e realizzare piani siano coloro che hanno il reale polso della situazione.
E chi meglio di una guida laureata può avere gli strumenti per tracciare nuove strade, in modo da lasciarsi alle spalle la crisi e combattere la decadenza di aree preziose, storicamente quanto naturalisticamente parlando, del nostro paese? Giuseppe Maggiolo è non il primo, ma il più titolato e longevo delle guide del Parco dell’Aveto, ha una formazione, e una personalità, talmente poliedrica da non solo essere il punto di riferimento dei ciceroni storico-ambientali della valle ma anche da avere un quadro di insieme dettagliato in ogni particolare della situazione.
“Mi fa un po’ effetto essere il decano delle guide avetane, sono anche presidente delle guide ambientali regionali. Ho cominciato nel 1989 appena uscito dalla Università”. Occorre specificare bene perché esistono diversi Giuseppe Maggiolo: la boa dei sessant’anni appena virata, nato a Camogli, liceo classico, si laurea in Scienze Naturali a Genova e poi ottiene l’abilitazione come guida turistica. Da 36 anni porta persone in giro per la Val d’Aveto, è il tour manager della zona, nel frattempo però fa anche l’amministratore (è stato anche sindaco di Santo Stefano), studia Teologia dogmatica presso la Pontificia Università della Santa Croce, segue corsi di organo e canto tanto da essere organista ufficiale in San Rocco di Camogli e San Nicolò in Capite montis. È comprensibile che parli della sua principale attività con cognizione di causa.
“Sono imprenditore di me stesso e la cosa non mi spaventa affatto, anche se in tutto questo tempo la mia professione ha vissuto alti e bassi degni di un rollercoaster. I primi anni furono spettacolari: che si facessero tour naturalisti o escursioni storiche c’era la fila per partecipare. Il boom turistico della Val d’Aveto pareva inarrestabile. Poi venne un periodo di vacche magre, attorno al 2000 i flussi turistici puntavano da tutt’altra parte. Attorno al 2005 una fiammata di nuovi entusiasmi, la trasformazione della ovovia in una cabinovia funzionate dodici mesi, sotto controllo pubblico, rilanciò anche il turismo invernale. Il combinato delle ricorrenti crisi economiche e dei cambiamenti climatici cominciò a mordere sulla valle dal 2015. Nel 2017 la crisi si fece conclamata e ad oggi non ha più visto una decisa ripresa, solo dei parziali stop alla caduta. I numeri parlano chiaro: dei 5 rifugi escursionistici nel Parco Aveto ne sopravvivono solo 2, ma non aperti tutto l’anno. A Santo Stefano c’è oggi un solo albergo sempre aperto, alcuni hanno chiuso per sempre, altri stanno per essere ceduti, anche nelle frazioni. I residenti di Santo sono scesi in dieci anni da 1300 a 900 e la tendenza non pare arrestarsi”.
In queste condizioni ci vuole una “super guida” per tenere in piedi il calendario di visite su e giù per l’Aveto con ogni volta decine di partecipanti. “Io faccio il possibile. Sono aiutato dalla fede profonda nella bellezza di questa zona. Quando mi laureai un mio professore ci mise a disposizione la sua ricerca sulle specie endemiche del Parco, erano ben 24. Oggi ho il sospetto che siano di meno, causa sconquassi nel clima, ma sono comunque tale per un territorio di dimensioni contenute. La Val d’Aveto ha un microclima unico nel suo genere in tutto l’Appennino Ligure. Per non parlare della sua storia, con e senza la esse maiuscola. Possiamo leggere testi e visitare siti che risalgono alla colonizzazione dei monaci che provenivano dalla pianura padana, risalenti al XI e XII secolo. Abbiamo ad Amborzasco delle case del 1700 dove risiedevano gli uffici della dogana che faceva pagare i dazi per i tronchi che dovevano servire a costruire le galee della Repubblica di Genova. Era la Via dei Remolari che partiva da qui e arrivava a Chiavari (che ancora oggi ha una via stradale così intitolata. E notate che non ho parlato del Castello Malaspina-Fieschi-Doria, una cittadella che al suo interno aveva tribunali, prigioni, stalle, officine, magazzini e altro e che ci ha dato i famosi Statuti di Santo Stefano, miniera di dati per gli storici dal Medioevo all’Età moderna. Sono solo accenni, potrei continuare per ore”.
Ricapitolando. Giuseppe Maggiolo tiene in vita, grazie alla sua impresa come Guida del Parco Regionale dell’Aveto, un patrimonio inestimabile. Contribuisce a custodire paesaggi montani, boschi millenari e specie rare. La presenza di una guida ambientale certificata trasforma ogni escursione in un percorso di conoscenza, rispettando l’ecosistema.

“La guida ambientale è una figura specializzata che unisce conoscenze naturalistiche a capacità comunicative. In più ha conoscenza di flora, fauna e geologia locali; padronanza di tecniche di orientamento e sicurezza in ambiente montano; capacità di interpretare tradizioni e storia del territorio; educazione all’escursionismo responsabile e al primo soccorso. Le attività condotte dalle guide ambientali creano una coscienza collettiva incentrata sulla sostenibilità. Io lotto. Ogni fine settimana organizzato qualcosa, e debbo dire che la risposta per ora è confortante, ma sarebbe molto meglio se le istituzioni, Regione Liguria in primis, fossero un po’ meno “distratte” per usare un eufemismo, su queste problematiche. Io come presidente delle guide liguri vado in Regione almeno una volta alla settimana. E trovare interlocutori che comprendano le nostre problematiche non è semplice”.
Eppure la figura della guida ambientale nel Parco dell’Aveto è un elemento chiave per garantire un equilibrio tra fruizione turistica e tutela dell’ambiente. Investire in questi professionisti significa proteggere un territorio unico e tramandarne la bellezza alle generazioni future. L’entroterra ligure potrebbe dimostrare che la marginalità può diventare forza: proprio perché meno urbanizzato, ha conservato un equilibrio prezioso tra uomo e natura. Investire in questi luoghi significa proteggere la memoria, il paesaggio e il clima. Primo imperativo: usando lo jus sanguinis, lo jus soli, fosse pure lo jus pecuniae, vanno ripopolati per tornare a essere socialmente “alive and kicking”. Si cerca di essere ottimisti ma…
Il più noto predecessore di Giuseppe fu un certo Publio Virgilio Marone. Si può, ahimé, stare tranquilli che il dottor Maggiolo non incontrerà nel suo peregrinare un Dante da portare a spasso in quello che era un paradiso e che rischia, a forza di menefreghismi e sbagli, di degenerare in un inferno. L’auspicio è che almeno riesca a scovare uno Stazio al quale passare le consegne per portare verso l’Aveto persone che, facendo ammenda e mostrando buona volontà, fermino il degrado e sperino nella salvezza. In pratica un purgatorio.