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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Geo-storia del Mar Rosso: dove la globalizzazione esibisce le sue criticità

Le rotte marine raccontano con grande chiarezza la storia degli uomini, spinti dal desiderio di espandere il commercio e, di conseguenza, di aumentare la loro potenza. Con la conquista degli oceani le grandi potenze navali hanno tracciato rotte che utilizzavano stretti o hanno previsto lo scavo di canali, in modo da percorrere un mondo sempre più avviato verso la globalizzazione del commercio e dell’economia ieri come oggi
Il Mar Rosso è al centro di una delicata e complessa situazione internazionale
Il Mar Rosso è al centro di una delicata e complessa situazione internazionale
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di RENATA ALLEGRI *

L’apertura di nuove prospettive marittime
Nel 1869 il canale di Suez viene aperto alla navigazione. Il risparmio di tempo e denaro che ha riconsegnato centralità al Mare Nostrum, è da attribuirsi al collegamento fra il Mar Rosso e il Mediterraneo, che ha permesso alle navi di compiere il viaggio dall’Oriente all’Europa in maniera più veloce e conseguentemente più economica.  Il gigantesco progetto franco-egiziano, lungo 190km, oggi ospita più di un decimo del traffico marittimo mondiale ed è controllato dall’Egitto stesso, anche se nel 1875, le quote egiziane del Canale erano state acquistate dagli inglesi che mantennero una presenza militare dal 1936 (nell’ambito del trattato anglo-egiziano), in un’area considerata strategica. Un nuovo accordo concluso nel 1954 e voluto dai nazionalisti egiziani ha previsto il ritiro graduale delle truppe britanniche dal Canale. 

Pochi anni dopo l’apertura di Suez, sono gli americani a lanciare un altro progetto di costruzione: il canale di Panama, che aprirà nel 1914 dopo circa 30 anni di lavori. La rivoluzione costituita dall’apertura di queste due gigantesche vie d’acqua è stata accompagnata da un forte aumento del tonnellaggio delle imbarcazioni. 

Oggi su una nave vengono trasportate merci cento volte superiori a paragone di un secolo fa, riducendo i costi e collocando il commercio marittimo in posizione privilegiata rispetto a tutte le alternative di trasporto, un primato impareggiabile che riguarda quasi il 90% del commercio mondiale. Sono oltre un milione le navi che solcano le autostrade del mare. Si è passati da mezzo miliardo di tonnellate trasportate negli anni ’50 a circa 12,2 miliardi nel 2022 (circa il 12% del PIL globale), distribuiti in 40% di prodotti sfusi, principalmente minerali e cereali, 32% di idrocarburi e 27% di merci. In questo panorama mondiale, Suez vede transitare ogni anno il 12% del traffico globale, compreso il 75% delle esportazioni europee.

Lo sviluppo del traffico marittimo e delle navi container ha contribuito alla crescita inarrestabile del commercio mondiale, che ha progressivamente abbandonato le rotte storiche che collegavano Europa e America attraverso l’Atlantico per orientarsi verso il Medio Oriente e l’Asia. Oggi a primeggiare nel commercio mondiale sono la Cina e i suoi vicini e, sempre nel 2022, tra i primi venti porti commerciali globali, 15 erano asiatici di cui ben 9 cinesi.

Il Mar Rosso e la sua particolarità geografica
Ma molto prima dell’apertura del Canale di Suez, le caratteristiche geografiche con le vicissitudini della storia e con il dinamismo più o meno attivo delle popolazioni, hanno fatto del Mar Rosso un dominio riservato alle popolazioni locali su un mare chiuso, dotandole anche di uno spazio aperto e cosmopolita, collegamento essenziale tra il Mediterraneo e l’ Oceano Indiano, cerniera tra Africa e Asia. Il Mar Rosso è sempre stato una zona di transito, un’area di contatto culturale, umano ed economico tra tre continenti ed è salito al rango di importanti rotte commerciali durante la storia precedente all’apertura del canale. Quest’arteria marina, che si sviluppa sulla barriera settentrionale dell’appendice dell’Oceano Indiano, ha alimentato le rivalità tra le potenze europee e dal XVII secolo compare sullo scacchiere delle relazioni internazionali.

Il Mar Rosso occupa una delle divisioni tettoniche più spettacolari del pianeta. La sua posizione, nel punto d’incontro di un allineamento di fratture continentali e del sistema di dorsali oceaniche, ne fa una regione di notevole interesse scientifico; tale interesse è ulteriormente accresciuto dalla scoperta di acque profonde dalle caratteristiche eccezionali, legate anche al fatto che questo mare costituisce un oceano in formazione. Il mare separa nettamente l’Africa dall’Arabia, su entrambi i lati del Tropico del Cancro, per quasi 2.000 km di lunghezza e ciò avviene tanto efficacemente, nonostante la sua ridotta larghezza che è al massimo 300 km, perché le sue rive sono delimitate da scarpate montuose che raggiungono i 2.000 metri, oltre le quali si estendono regioni desertiche. Le profondità del mare sono basse sulle piattaforme continentali che orlano le coste meridionali, dove sono ingombre di barriere coralline; mentre sono molto più profonde nell’asse del fosso, ma superano i 2.000 m solo in piccole regioni.

A lungo unificate dagli Abbasidi e dagli Ottomani, le coste sono state, a partire dal XIX secolo, divise tra stati confinanti. Divisioni portatrici di gravi conseguenze: il percorso storico ha visto le alleanze soggette a spettacolari modifiche di scelta. Oggi situato vicino alla polveriera instabile del Golfo Arabico, questo quadrante geografico aveva però trovato un certo equilibrio che, finora, gli aveva impedito prendere fuoco. Recentemente, a seguito del conflitto nella Striscia di Gaza, oggi il Mar Rosso sta diventando un nuovo fronte e da quasi due mesi assistiamo ad un aumento degli attacchi da parte degli Huthi yemeniti contro le navi commerciali che attraversano lo stretto di Bab-el-Mandeb. 

La crisi di uno Stato “sentinella” dello Stretto Bab El Mandeb
Centrale, nell’osservazione geografica, è la posizione dello Yemen, affacciato sullo Stretto di Bab El Mandeb, ingresso naturale del Mar Rosso. Situato tra Gibuti sul Corno d’Africa e lo Yemen, si trova all’apice della penisola arabica ed è un passaggio largo solo 30km. Facilmente e strategicamente controllabile, lo stretto è oggi teatro di tensioni a causa degli scontri tra i ribelli Huthi, che sono sostenuti dall’Iran, e il governo yemenita, supportato dall’Arabia Saudita e dai separatisti del Sud. Sulla sponda africana troviamo la Somalia, paese instabile da molto tempo, base dei pirati dell’età contemporanea. In seguito agli attacchi Huthi contro le navi commerciali nel Mar Rosso, gli Stati Uniti hanno reagito colpendone obiettivi e lanciando l’operazione “Guardian of Prosperity” con quelli che ritengono una quarantina di paesi amici, ma l’elenco dei partecipanti non è ancora chiaro, con esitazioni europee per la portata geografica dell’intervento. 

Gli Huthi controllano circa un terzo dello Yemen, nel Nord e nell’Ovest del paese, detengono la capitale e il porto di Hodeida, sul Mar Rosso, da dove effettuano attacchi missilistici o con droni contro navi mercantili legate a Israele. Quelli che nel 2014 erano solo una semplice milizia, hanno sviluppato ben altre potenzialità belliche, con l’aiuto di un solido arsenale, incrementato da Teheran, che gli permette di effettuare il lancio di droni o missili contro il territorio israeliano, o contro edifici civili e militari. A sostegno di Hamas, dal 19 novembre hanno messo in atto circa trenta attacchi contro navi israeliane (e non solo), che hanno avuto l’effetto di perturbare il traffico marittimo globale.  

A Sud, lo Yemen ha un’ampia costa marittima affacciata sul Golfo di Aden che si apre sull’Oceano Indiano. Una posizione determinante su un asse marittimo su cui transita una gran parte del commercio mondiale. Nel Nord, il Paese dista pochi chilometri dalla Mecca, la città santa dell’Islam.

Il centro storico di Sana’a, risalente all’XI secolo, é UNESCO Word Heritage dal 1996 (source immagine: UNESCO)

Suoi vicini diretti sono l’Arabia Saudita a Nord, l’Oman a Est e Gibuti che si affaccia, come detto, sulla costa africana e dove si trova la prima base militare straniera della Cina

Lo Yemen è stato per secoli uno dei grandi crocevia dei commerci, soprannominata Arabia felix in contrapposizione ai deserti che occupano gran parte della penisola arabica. Le montagne e gli altipiani dello Yemen nord-occidentale, infatti, ricevono parte delle piogge monsoniche in estate, prima che i venti provenienti dall’Oceano Indiano virino a Est, verso l’India. Questo clima umido era quindi storicamente favorevole all’agricoltura e agli insediamenti e due terzi della popolazione dello Yemen, si trova quindi qui, negli altopiani nord-occidentali. L’altro terzo della popolazione è distribuito sulla riva sud, dove si sono formate le città portuali di Aden o Moukalla. Il resto del paese è praticamente deserto.

Lo Yemen, con la sua storia gloriosa testimoniata dalle ricchissime architetture delle sue città che tanto avevano affascinato Pier Paolo Pasolini (1), è il paese più popoloso della penisola arabica con 33 milioni di abitanti, ma in questo momento è anche il più povero e si trova ormai in uno stato di sottosviluppo cronico, con gran parte della sua popolazione sull’orlo della carestia. Una conseguenza della sua situazione politica interna, perché lo Yemen è dilaniato da dieci anni dalla guerra civile tra gli Houthi e le forze governative, ma anche perché nel corso della sua storia ha sofferto a causa delle sue divisioni tribali e religiose: il paese conta settantacinque grandi tribù, a loro volta suddivise in una moltitudine di clan diversi. Un terzo della popolazione è sunnita mentre i restanti due terzi sono sciiti, e più precisamente zayditi. Gli imam zayditi cercano di unificare i territori e alleviare le rivalità tra le tribù. Il dispiegamento dello zaidismo negli altopiani gli ha permesso di mantenere la loro influenza e di proteggersi dalle interferenze esterne grazie proprio alla geografia dei luoghi. 

Il significato geografico del choke point di Suez e le potenziali criticità
Oggi più che mai è chiaro che chiuso a Nord dal Canale di Suez e a Sud dallo stretto di Bab Al-Mandab, il Mar Rosso è un’area delle più sensibili per i traffici marittimi. Con lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, questa regione si ritrova esposta a tensioni di un livello senza precedenti e costringe le navi ad una deviazione che aggiunge circa 13.000 km al loro itinerario e tra i 10 ei 15 giorni di navigazione aggiuntiva. E quindi produce impennate dei costi.

L’aumento delle merci e degli scambi trasportate via mare ha donato un grande potere ai paesi che controllano i cosiddetti choke points del mare, quei punti di passaggio obbligatori che, se venissero bloccati, interromperebbero l’intero traffico mondiale.

 “Lo stretto nastro d’acqua tra le sabbie”, come definisce il Canale di Suez lo scrittore Pierre Loti in Pêcheur d’Islande nel1886, misura 190 chilometri di lunghezza e nel 2020 trasportava ogni giorno una sessantina di navi. Rispetto ai due giorni impiegati da Loti nel racconto del viaggio, oggi sono necessarie solo 11 ore, più rapide ancora delle 16 occorrenti prima dei lavori di raddoppio del 2015.

Source: Autorità del Canale di Suez (accedi al video originale di qualità superiore qui: Simulazione di navigazione)

Anche il Canale ha beneficiato dello sviluppo dei trasporti marittimi in tutto il mondo, divenendo uno dei passaggi principali con un incremento di più del 470% dagli anni ’70. Questo trasporto risulta essere infinitamente meno costoso di quello terrestre: per fare un esempio, per scaricare una nave da 16.000 container, occorrono 8.000 camion, come una lunga fila immaginaria di 97 chilometri se messi uno dopo 

La Mayview Maersk, decima nave su venti costruite Triple E, esce dal Canale di Suez verso il Mar Rosso. La designazione Triple E deriva dalle tre caratteristiche principali delle loro specifiche: ” Economia di scala, efficienza energetica e miglioramento ambientale”.  Per questa tipologia di navi i vincoli provengono principalmente dai porti le cui attrezzature non sempre ne consentono il carico e/o lo scarico senza pesanti investimenti di ammodernamento (Source immagine: Autorità del Canale)

l’altro. Dunque, possiamo anche affermare che il Canale di Suez permette di ridurre le emissioni di CO2 e allo stesso tempo di aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, sempre più dipendenti dai prodotti asiatici. Il passaggio è di conseguenza un’enorme scorciatoia, a patto che non si blocchi: ciò è già avvenuto nel marzo 2021, quando la nave portacontainer Ever Given, del peso di quasi 200.000 tonnellate, ha incastrato la prua nella sponda orientale del canale durante una tempesta di sabbia e la rotta è rimasta bloccata per diversi giorni. 

Dal 1869, ad oggi, il Canale di Suez, importante passaggio della navigazione mondiale, si è evoluto secondo gli standard delle navi e la crescente globalizzazione degli scambi che hanno portato ad un aumento delle sue capacità. 

L’apertura di questa rotta marittima attraverso l’istmo di Suez ha offerto fin dall’inizio sia sogni di prosperità e potere, sia rischi di crisi. 

Tra “strozzatura” e chocke point, il Canale di Suez è un oggetto geografico unico al mondo: un corso d’acqua artificiale che attraversa l’istmo nel Nord-Est dell’Egitto. Collega il Mediterraneo al Golfo di Suez aperto sul Mar Rossosenza alcuna chiusa e diventando il canale di questo tipo più lungo al mondo. Dalla sua riapertura nel 1975 (dopo la Guerra dei Sei Giorni e quella dello Yom Kippur), si è adattato alle nuove condizioni del traffico marittimo globale: petroliere sempre più ingombranti, poi navi portacontainer con capacità crescenti. Le dimensioni massime delle navi che utilizzano il canale sono definite dalla cosiddetta “norma Suezmax”, che designa quelle che possono passare attraverso questo Canale, ma non attraverso quello di Panama (2).

Una Suezmax può raggiungere un pescaggio di 20,10 metri a pieno carico. Tuttavia, le navi cisterna che superano tale soglia possono transitare attraverso il canale scaricando all’imbocco parte del loro carico che 

Il Kūbrī as-Salām, Ponte della pace (ma chiamato anche ponte dell’amicizia egiziano-giapponese e, fino al 2011, ponte Mubarak), è un viadotto strallato ad uso stradale che attraversa l’alveo artificiale da cui prende il nome, all’altezza di El-Qantara che significa, appunto, “ponte”(source: Wikipedia).

verrà trasportato dall’oleodotto SUMED (Suez-Mediterraneo) e poi ricaricato. Un altro vincolo è quello del pescaggio aereo limitato a 68 metri (223 piedi) dal ponte El Qantara. Per quanto riguarda le navi portacontainer più grandi, possono transitare per Suez senza incidenti.

Uno dei quattro “talloni d’Achille” dell’economia globalizzata
Con il Canale di Panama che taglia in due l’Istmo americano, con lo Stretto di Ormuz, passaggio tra il Golfo Persico e il Golfo di Oman, e con quello di Malacca, nel Sud-Est asiatico con la città di Singapore “sentinella” al suo apice, il Canale di Suez rimane un luogo geografico strategico e rilevante, oggi identificato come choke point sensibile alla geopolitica oltre che ai traffici commerciali (3).

A riprova che il Canale di Suez susciti molti appetiti, alcuni paesi hanno cercato di approfittare delle sue paralisi. Ad esempio, all’epoca dell’insabbiamento della Ever Given nel 2021, Vladimir Putin approfittò per presentare la sua Rotta del Mare del Nord come alternativa al Canale di Suez egiziano. Lo scioglimento accelerato dei ghiacci potrebbe rendere più realistico il piano del presidente russo di competere con il Canale e a far sì che l’Artico sia oramai un mare conteso tra varie potenze, Russia e Stati Uniti in primis.

Si tratta anche di un obiettivo simbolico perché incarna la globalizzazione e la modernità e potrebbe, di conseguenza, essere un obiettivo dei gruppi jihadisti, molto presenti nel Nord del Sinai. Un attacco terroristico che comportasse perdite significative per l’equipaggio e il carico di una nave militare o commerciale in transito ha comunque gravi conseguenze e ripercussioni sull’economia egiziana e su quella mondiale. Se è fallito l’attacco missilistico partito dalla sponda orientale contro la portacontainer cinese Cosco Asia nell’agosto 2013, nella parte settentrionale del canale, non sono falliti gli attentati terroristici perpetrati contro il volo charter 9628 della compagnia russa MetroJet nell’ottobre 2015 (con 224 vittime) e contro la moschea Bir al-Abed nel novembre 2017 (311 vittime) che hanno dimostrato che il Sinai è lungi dall’essere un’area sotto controllo. Tuttavia, le autorità egiziane hanno fatto della lotta alla militanza islamica e della ripresa economica due priorità strettamente legate anche se la capacità dell’esercito egiziano di mantenere l’ordine nel Sinai può talvolta essere compromessa.

Ma altre insidie minacciano costantemente questo passaggio che rappresenta la voce economica maggiore dell’Egitto:

– l’instabilità geopolitica e i nuovi assetti delle forze economiche mondiali;

– il prezzo del petrolio che influenza la scelta delle rotte marittime. Quando il prezzo del barile è basso, le navi tendono a utilizzare la rotta di Città del Capo per evitare le tasse del Canale di Suez (4).

– la concorrenza di altre rotte può incidere sugli scambi tra il Sud-Est asiatico e la costa occidentale degli Stati Uniti: i tempi sono simili via Suez o via Pacifico e Panama (il Canale è stato ristrutturato nel 2017). Inoltre, l’arrivo in Europa di treni completi di container provenienti dalla Cina, pone il Canale di Suez in concorrenza con la “nuova Via della Seta” dal 2017. Questi treni hanno percorso quasi 11.000 km, attraversando Cina, Kazakistan, Russia, Bielorussia, Polonia, Germania e Francia. Il trasporto su rotaia è due volte più veloce di quello via nave (20 giorni invece di 35 o 40) e meno inquinante, ma la capacità è molto inferiore: con un massimo di 82 container TEU (5) per treno si arriva a circa 8.000 TEU all’anno in direzione est-ovest, al ritmo di due treni a settimana: meno della metà della capacità di una sola nave portacontainer di ultima generazione che è di  22.000 container.

I principali choke points nel Mondo: Il Planisfero evidenzia come nell’area mediterranea i punti caldi siano numerosi, indice di una morfologia geografica particolare ma anche della centralità del commercio marittimo e della navigazione in quest’area (source immagine: GIS visualcapitalist.com)

Infine, occorre considerare che le royalties del Canale di Suez costituiscono, insieme al turismo e all’estrazione di idrocarburi, una delle maggiori entrate dell’Egitto. Nel luglio scorso, l’Autorità del Canale di Suez ha annunciato un utile record di 7 miliardi di dollari (circa 6,7 ​​miliardi di euro) per l’anno finanziario 2021-2022, dopo aver più volte aumentato i diritti di transito delle navi in ​​questo passaggio cruciale per il commercio mondiale, in particolare nel trasferimento di idrocarburi: il prezzo di un passaggio per ciascuna nave ammonta a circa 500.000 dollari (423.000 euro). Già dal 1° marzo 2022 gli egiziani avevano deciso di aumentare le tariffe di passaggio per indicizzarle al prezzo del petrolio, aumento che fino ad adesso non ha dissuaso in alcun modo le navi dall’utilizzare il canale, che resta comunque più economico rispetto alla circumnavigazione dell’Africa.Questi i motivi determinanti i lavori di ampliamento del 2015, quando il Canale è stato ampliato con notevoli costi dalle autorità egiziane e quando contemporaneamente è stato anche fortemente militarizzato. 

Obiettivo dichiarato: rimanere un passaggio chiave nel commercio globale

Pe mantenere il proposito e difendere questa posizione, occorre esercitare un controllo su mari e oceani ed essere, di conseguenza, una potenza marittima con basi e punti di approdo sparsi in tutto il mondo. Come l’Impero britannico, che ha visto sviluppare la sua potenza marittima globale fino al 1921 e controllato il Canale fino al 1936, oggi gli USA hanno circa 800 basi in più di 70 Paesi del mondo e in tutti gli otto choke points critici sono presenti navi della sua flotta.

(* geografa, docente)

NOTE:

(1) Pier Paolo Pasolini aveva girato a Sana’a, capitale dello Yemen del Nord, alcune scene del film Il Decameron e Il fiore delle Mille e una notte, tra il ’73 e il ’74. Colpito dalla bellezza dei luoghi e dal pericolo di distruzione in cui si trovavano, fece un appello all’UNESCO che si conclude con le seguenti presaghe parole: “Ci rivolgiamo all’UNESCO, perché intervenga, finché è in tempo, a convincere un’ancora ingenua classe dirigente, che la sola ricchezza dello Yemen è la sua bellezza, e conservare tale bellezza significa oltre tutto possedere una risorsa economica che non costa nulla. E che lo Yemen è in tempo a non commettere gli errori commessi dagli altri paesi. Ci rivolgiamo all’UNESCO, in nome della vera, seppure ancora inespressa, volontà del popolo yemenita. In nome degli uomini semplici che la povertà ha mantenuto puri. In nome della grazia dei secoli oscuri. In nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato”. (P.P.Pasolini, 1970-1974)

(2) Le navi troppo grandi per passar attraverso il Canale di Suez vengono chiamate Capesize (dal nome della città di Cape Town), devono poi doppiare il Capo di Buona Speranza e/o Capo Horn.

(3) Gli altri quattro choke points marittimi maggiormente strategici per le rotte commerciali sono lo Stretto di Hormuz, fra Golfo Persico e Golfo di Oman, lo Stretto di Gibilterra, di passaggio tra il Mar Mediterraneo e l’oceano Atlantico, l’accoppiata Bosforo e Dardanelli, che permette il collegamento tra Mediterraneo e Mar Nero e il Capo di Buona Speranza, sulla punta meridionale dell’Africa.

(4) SeaIntel, l’agenzia danese di analisi del mercato dei container, ha dimostrato in tempi recenti che la rotta del Capo di Buona Speranza è più redditizia per la maggior parte delle linee Asia – Nord Europa e Asia – Costa orientale degli Stati Uniti.  Se il prezzo del barile sale, le petroliere e le navi portacontainer preferiscono la via di Suez.

(5) La TEU. Twenty-foot Equivalent Unit, è la misura standard utilizzata nel settore della logistica e del trasporto marittimo delle merci.

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