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Contenere o meno i lupi: è scontro tra i cacciatori e gli ambientalisti. “Allarme nei boschi”. “I dati non sono scientifici” - Piazza Levante

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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Contenere o meno i lupi: è scontro tra i cacciatori e gli ambientalisti. “Allarme nei boschi”. “I dati non sono scientifici”

L’etologo Francesco De Giorgio: “Non sono i lupi che vanno controllati, ma le attività antropiche, anche perché loro rappresentano le migliori difese contro la diffusione di patogeni, come la peste suina”
Il lupo rappresenta un'emergenza nell'entroterra, secondo il report elaborato da Federcaccia
Il lupo rappresenta un'emergenza nell'entroterra, secondo il report elaborato da Federcaccia
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(r.p.l.) Quattrocento attacchi e tremilaseicento esemplari: i lupi sono sempre più un’emergenza, stando ai dati che sono stati presentati nei giorni scorsi presso la sede della Regione Liguria, elaborati da Federcaccia. Numeri che, però, sono stati subito contestati dagli animalisti, secondo i quali non hanno alcun valore scientifico. Si ripropone così uno scontro ‘antico’, dove ora il protagonista è il lupo, mentre in passato lo sono state altre specie.

Secondo Federcaccia, i dati del monitoraggio pubblicati da Ispra nel 2022 (ovvero l’Istituto Superiore per la Protezione e per la Ricerca Ambientale), e riferiti al biennio precedente, indicano la presenza su tutto il territorio nazionale, isole escluse, di circa tremilaseicento esemplari di lupi. Un aumento esponenziale per i Canis Lupus, la specie che all’inizio degli anni Settanta era considerata a rischio estinzione.

L’incremento dei lupi in Italia, a cui si deve aggiungere l’ibridazione con i cani randagi, aspetto preoccupante e sottovalutato, ha comportato conseguentemente un aumento delle occasioni di incontro, favorendo il rischio di incidenti, tanto che negli ultimi anni sono aumentati gli attacchi dei lupi verso cani da caccia, da guardia e anche cani domestici.

Vista la particolare situazione, il Coordinamento Cacciatrici Federcaccia, con il supporto di Federcaccia Nazionale e in collaborazione con l’Ufficio Studi e Ricerche della Federazione, ha dato il via all’iniziativa per la raccolta e la catalogazione di episodi relativi ad attacchi sui cani nel territorio.

Il report, terminato il 31 agosto dello scorso anno, ha evidenziato quattrocento attacchi, tutti verificati, che hanno riguardato l’intero territorio nazionale. La gestione del fenomeno è necessaria per la sicurezza della società ma anche importante per la convivenza del lupo stesso con l’uomo.

In Liguria queste aggressioni sono state registrate a BavariSassello e, in generale, del Parco dell’Antola, ma lupi sono stati segnalati anche sulle colline di Sant’Ilario, dove le predazioni hanno riguardato capre.

Isabella Villa, responsabile del Coordinamento Cacciatrici, spiega: “Il nostro report si propone di fornire una fotografia dettagliata di quanto sta succedendo in ambiente venatorio, con la predazione dei cani da caccia ma non solo. Purtroppo non sono isolati i casi di cani predati mentre si trovavano a passeggio, a guinzaglio, con i loro padroni. Una fotografia comunque incompleta perché ancora troppe persone preferiscono non denunciare anche se in questo senso stiamo notando un cambio di mentalità”.

Secondo la responsabile, “la stessa Unione Europea si sta occupando della ‘questione lupo’, valutando un declassamento del suo status da specie particolarmente protetta a specie protetta, mentre la Svizzera ha già varato un piano di abbattimenti mirati. Noi stiamo proseguendo nella nostra raccolta dati per poter continuare a fornire un quadro il più dettagliato possibile di quanto accade. Questo quadro sta evidenziando uno stato di allarme sempre più diffuso, ove sindaci invitano la gente a non uscire la notte per evitare incontri indesiderati. Un chiaro limite alla libertà dei cittadini”.

Il vicepresidente della Regione Liguria, Alessandro Piana, che ha la delega anche alla Caccia, osserva: “La fotografia generale che dà lo studio di Federcaccia dimostra che la maggior parte delle predazioni avviene alla mattina, per un 60,7%, e per il 18% di notte, per lo più da parte di un branco (49,4%) e, nel 25,8% dei casi da parte di un individuo isolato. Per il 52,8% le predazioni si verificano in aree boscate, per il 24,7% in case isolate e per il 15,7% in contesti agricoli. La stragrande maggioranza dei cani attaccati (69,7%) arriva al decesso. Il danno economico in genere si attesta tra i 1000 e i 5000 euro, mentre per il 17,8% dei casi la perdita va dai 5000 ai 10000 euro. Gli stessi monitoraggi regionali vedono il progressivo avvicinamento di esemplari nelle aree antropizzate, anche sulla base delle segnalazioni che pervengono dai cittadini, dai comuni e dalle associazioni. Nelle ultime settimane di novembre e dicembre ci sono stati in Liguria sette episodi di predazioni acclarate di cani, poi molti non vengono denunciati o è difficile risalirvi. Regione Liguria sta rafforzando da mesi le azioni di comunicazione ed educazione a comportamenti che evitino la confidenza di esemplari con l’uomo e il monitoraggio con fototrappole. A questi si sono aggiunti gli interventi di dissuasione in particolari casi di esemplari confidenti e l’implementazione del fondo per il risarcimento dei danni al bestiame”.

Il report è stato studiato con attenzione anche dalle associazioni di animalisti. In particolare, le associazioni Gaia Animali e AmbienteAnimalisti GenovesiLav Associazione Sparta sostengono che sia in atto una criminalizzazione del lupo per poterne ridurre lo stato di protezione, come previsto dalle disposizioni europee.

Per gli animalisti, le affermazioni degli esponenti della Federcaccia sul loro disinteresse nel cacciare il lupo sono in conflitto con l’atteggiamento volutamente allarmistico nel caso del report che non avrebbe alcun valore scientifico, come affermato da loro stessi.

L’aumento del numero dei lupi sull’Appennino dovrebbe essere visto come un elemento positivo, concetto che approfondisce anche il biologo ed etologo Francesco De Giorgio: “Bisogna capire di quali lupi e di quali cani stiamo parlando, in quali contesti si verificano questi episodi, quali sono le attività, le abitudini e la mal pratica che coincidono con essi o che, quantomeno, ne rendono più probabile il verificarsi, quali sono piuttosto le responsabilità della società umana, invece che addossare unicamente la colpa ai lupi. Gruppi di lupi diversi hanno diverse culture, basate sulle singole soggettività di ogni gruppo, un gruppo può avere una cultura neutra rispetto ai cani, un altro può sviluppare una cultura di competizione con i cani, un altro può avere una tendenza predatoria opportunistica verso essi”.

Secondo De Giorgio, “i cani utilizzati nella caccia possono avere un impatto maggiore sulle dinamiche naturali, sottoponendo lupi e altri selvatici, ad un elevato livello di disturbo e stress che può scatenare in alcuni gruppi di lupi o singoli individui, una reazione né competitiva né predatoria, ma di difesa territoriale, oltre che di controllo ed eliminazione del disturbo. Questo vale anche per quei cani che vengono mal gestiti, ma anche mal compresi e in definitiva negati dagli umani, come quelli legati a catena nelle campagne, ma anche quelli che vivono in città liberati in natura senza cognizione di causa. In più nelle campagne ci sono diverse mal pratiche legate alla gestione del cibo, che spesso viene lasciato fuori, a disposizione non solo dei cani ma anche dei selvatici. In conclusione, non sono i lupi che vanno controllati, ma le attività antropiche, anche perché oltre che essere notoriamente indicatori e promotori di un ambiente naturale sano, i lupi rappresentano anche le migliori difese contro la diffusione di patogeni, come nel caso della peste suina africana e quindi andrebbero aumentati maggiormente i livelli di protezione”.

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