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di GIACOMO STIFFAN *
Lo dicono tutti: Joe Biden è vecchio. Durante il discorso del 5 gennaio, un giorno prima del terzo anniversario dell’attacco al Campidoglio, Biden non ha certo nascosto la sua età: è rigido sulle gambe, tanto da farsi accompagnare sul palco dalla moglie Jill, ha gli occhi ridotti a due fessure e le sue parole ogni tanto si mangiano l’un l’altra.
Guai a fidarsi dell’apparenza.
La grinta che sfodera sarebbe ragguardevole per uno con vent’anni di meno, ma è straordinaria se consideriamo la sua età. Biden si toglie i guanti di velluto mentre sguaina una retorica affilata e il suo innato carisma piacione, capaci di coinvolgere il pubblico e di dettare l’agenda in merito alle elezioni, trasformandole non tanto in una sfida tra lui e Trump quanto piuttosto in un referendum sul concetto stesso di democrazia.
Dopo un preambolo in ricordo della battaglia di Valley Forge del 1777, Biden mette sul tavolo una domanda esplicita, che rende attuale quella “causa sacra” che animava George Washington e i miliziani rivoluzionari mentre sconfiggevano gli inglesi: la democrazia è ancora la “causa sacra” degli americani?
Intorno a questa domanda fluisce il discorso. Biden fa presente che è a causa di Trump se per la prima volta nella storia dei rivoltosi hanno impedito il pacifico passaggio di consegne post elettorale. Dopotutto, è stato Trump a raccomandare loro di «combattere come indemoniati», e così hanno fatto.
Il Presidente in carica ha sottolineato più volte la violenza – nelle parole e nei fatti – generata da Trump. Violenza che lui per primo usa per irriderne le vittime: è emblematico quel “dove sei, Nancy?” usato dai rivoltosi mentre cercavano stanza per stanza la speaker Democratica Nancy Pelosi durante l’assalto al Campidoglio, citazione ripresa più volte da Trump nei suoi comizi a mo’ di sfottò.
Biden non si ferma, e snocciola una dietro l’altra numerose citazioni prese dai discorsi di Trump. Dal “sarò un dittatore il primo giorno”, alla volontà di sospendere vari diritti, compresi alcuni presenti nella Costituzione; dalla minaccia di mettere a morte il Capo di Stato Maggiore, colpevole di aver anteposto il rispetto della Costituzione alla fede in Trump, al definire “fessi e perdenti” i militari americani caduti in combattimento, fino al desiderio esplicito di voler schierare l’esercito nelle strade americane.
Biden mette Trump e i suoi sostenitori di fronte ai numeri. Delle sessanta cause presentate in tribunale per contestare le “elezioni rubate” del 2020, Trump non ne ha vinto nemmeno una, nemmeno quelle presentate di fronte a giudici nominati da lui stesso. Nel frattempo, novecento rivoltosi sono stati condannati a un totale di ottocentoquaranta anni di carcere totali. Una violenza appurata in aula di tribunale, nonostante Trump abbia definito la rivolta come “piena d’amore”, abbia usato durante il suo primo comizio del 2024 il video dei rivoltosi che dal carcere cantano in coro per lui, e abbia promesso loro la grazia presidenziale in caso di vittoria. Tra le righe, Biden accusa Trump anche di codardia: ha lasciato il lavoro sporco alla folla istigata dalle sue parole, mentre guardava il tutto comodamente in TV dalla Casa Bianca senza rischiare nulla.
Così facendo Biden ribalta la retorica trumpiana, dimostrando che l’unico ad aver tentato di rubare l’elezione è proprio Trump, invischiato in una sequela di cause legali che difficilmente vedranno una conclusione prima di questo novembre.
In maniera diretta – e facile da ricordare – Biden associa gli americani a tre tradizionali valori, Freedom, Liberty, Democracy (libertà individuale, collettiva e democrazia), opposti ai valori rappresentati da Trump, elencati come citazioni dello stesso: Revenge, Power, Dictatorship. Vendetta, che Trump non nasconde di voler mettere in atto una volta Presidente; potere, per sé stesso, opposto al concetto della Presidenza intesa invece da Biden come duty, ovvero il dovere di chi serve la Patria; e infine dittatura, termine che ricorre spesso in tutto il discorso, quasi sempre all’interno di citazioni di Trump.
Biden afferma di aver fatto un giuramento, due settimane dopo l’assalto, su quegli stessi scalini dove i rivoltosi assalivano la democrazia americana: non permetterà mai che una cosa del genere accada di nuovo. La carica emotiva che trasmette è intensa, convincente e funziona. Il Presidente vi affianca un intelligente espediente: mette da una parte i rivoltosi antidemocratici e i sostenitori di Trump, mentre definisce come “il resto di noi” non solo gli elettori democratici, ma anche gli indipendenti e i repubblicani moderati. Una sorta di invito a fare fronte comune contro l’avanzata di un movimento, quello MAGA (acronimo di Make America Great Again, il motto di Trump), la cui retorica Biden associa senza mezzi termini al nazismo tedesco.
(* vicedirettore di Jefferson – Lettere sull’America)