di ROSA CAPPATO
Marco Mazzini ha un antenato ‘illustre’ e può anche dimostrarlo. Ecco i segreti del patriota nato a Genova. Li racconta un volto noto nel Golfo Paradiso, un ex imprenditore generoso, oggi 63nne, che spesso si è messo a disposizione gratuitamente per la comunità, anche molto amante degli animali.
Mazzini prima viveva a Sori e per tanti anni ne è stato gestore del parcheggio, oltre che l’autista dello scuolabus. Spesso racconta apertamente, anche sui social, della sua vita, che sembra un romanzo, fatta di sacrificio e lavoro, iniziato molto presto a causa di un padre molto arido e col vizio del gioco. Dopo la sua morte l’uomo ha scoperto in una ‘stanza segreta’, un gran numero di scatoloni che celavano una vita intera, tenuta nascosta alla famiglia.
Oggi trasferito a Recco, Marco ha allestito una sorta di archivio in due box presi ad Avegno, che si aggiorna di volta in volta, con l’apertura di un nuovo scatolone. “Vado spesso dove custodisco gelosamente – riferisce – tutto ciò che mio padre ha tenuto nascosto per decenni”. Ogni scatolone che si apre è una scoperta, un frammento di vita che si unisce alle tante domande e ai misteri che finalmente si svelano e trovano risposte.
Quello della discendenza col patriota genovese Giuseppe Mazzini è un ritrovamento che risale al 9 novembre, il regalo che si è fatto per il compleanno. “Mi son ritagliato due ore di tempo – racconta – e sono andato ad aprire uno dei tanti faldoni di documenti che ho ritrovato nella stanza segreta di mio padre. Ho trovato documenti del nostro antenato Giuseppe Mazzini, sue foto originali, l’albero genealogico e tutti i vari gradi di parentela”.
Nelle scuole ancor oggi si studia la storia di Giuseppe Mazzini, sepolto al cimitero genovese di Staglieno con tanto di monumento, che il 17 marzo di ogni anno, giorno dell’Unità d’Italia, viene omaggiato dalle istituzioni con corone di alloro e lunghi discorsi. Si impara che era un politico, una delle maggiori personalità del Risorgimento italiano, nato a Genova il 22 giugno 1805, morto a Pisa il 10 marzo 1872. Che era militante della Carboneria, espatriato in Francia e in Svizzera e che, staccatosi dall’ideologia carbonara, fondò l’associazione politica ‘Giovane Italia’, secondo un principio repubblicano di nazione unita, formata da cittadini liberi e uguali.
Nel 1837 ecco la fuga in Inghilterra e poi il rientro in Italia nel 1848, a capo della Repubblica romana, con i conseguenti moti, che lo costrinsero di nuovo a fuggire nel 1857 a Lugano e Londra. Nel 1870 fu arrestato e rinchiuso nel forte di Gaeta, libero un anno dopo grazie all’amnistia. Con lo scopo di liberare ed unificare altri stati europei aveva anche fondato: la ‘Giovine Germania’, la ‘Giovine Polonia’ e la ‘Giovine Europa’.
Ma in casa di Marco i risvolti erano molto più interessanti e scoprire i documenti nascosti del padre rappresenta per lui la prova della veridicità di quei racconti. “In famiglia, con zii, prozii e la nonna si è sempre parlato di Giuseppe – spiega – Sembrano tanti anni, ma la mia bisnonna Giuditta Erede, morta nel 1950 e nata nel 1860, con mio papà e gli zii ci viveva. Ebbene, pur battezzata proprio da Giuseppe Mazzini e Nino Bixio, del buon Giuseppe parlava sempre malissimo”.
L’uomo aggiunge che la versione della bisnonna alla famiglia, sul patriota carbonaro, era un po’ diversa da quella che si legge sui libri di storia, ma prima illustra la discendenza. “Intanto il grado di parentela era dovuto al fatto, che il nonno di Giuseppe Mazzini, anche lui di nome Giuseppe e il nonno del mio trisnonno, erano la stessa persona: il papà di Mazzini, Giacomo era fratello del padre del mio trisnonno Ugo. Allora il famoso Giuseppe era cugino di primo grado di mio trisnonno Tancredi, che vado ancora a trovare al cimitero di Staglieno”.
Marco racconta che in casa venivano spiattellate non tanto le virtù, ma soprattutto i pettegolezzi e gli aneddoti sconvenienti dei parenti. “Da bambino bisnonna Giuditta raccontava nelle giornate di Natale che il buon Giuseppe era un giocatore d’azzardo di grosso calibro e che la sua fuga a Londra, si diceva, fu non solo perché era ricercato in quanto carbonaro, ma dovuta anche ad una fuga dai creditori. A Londra venne ospitato all’inizio da Antonio Andrea Erede e da Giovanna Battilana, carbonari, scappati perché ricercati dalla Polizia Italiana e che diedero appunto i natali a mia bisnonna Giuditta”.
Giuditta raccontava che suo padre, maresciallo dei Carabinieri, perse la vita in un moto voluto da Garibaldi e anche di quest’ultimo parlava malissimo: “Diceva che a Nizza Garibaldi aveva sparato in faccia ad un uomo mentre giocava a carte”. Alla nascita di Giuditta, il padre chiese a Mazzini e Bixio di fare da testimone alla loro bambina e proprio Mazzini consigliò il nome Giuditta, in quanto così si chiamava una delle tante amanti che frequentava senza pudore, una delle segretarie della ‘Giovine Italia’.
“In casa si sparlava sempre di Mazzini – prosegue l’uomo – persone che non chiedono, riferiva Giuditta, perché supplicano. E aggiungeva che il nome Mazzini simboleggia la lettera ‘d’, di donnicciola. Già, questo diceva e ipotizzava anche che il nostro illustre antenato fosse cugino di Mameli”. Nella scatola ci sono foto originali dell’antenato, le tessere di un parente carbonaro, del trisnonno, l’albero genealogico, i libretti delle giustificazioni del 1890 di tutte le prozie, il certificato di nascita della bisnonna Giuditta, con propri testimoni Mazzini e Bixio. Marco ammette di essersi divertito di fronte a questa scoperta e non senza amarezza deduce che nella la sua discendenza ci sia un serio problema con la ludopatia: “Ma sono davvero contento di non avere ereditato questo vizio – chiude – rompendo una catena, perché io amo la poesia (sebbene l’amasse anche mio padre)”.