di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
Ogni qual volta che transito in piazza Matteotti a Chiavari, mi cade l’occhio nell’angolo dov’è il Cinema Teatro Cantero, e inconsapevolmente ricerco qualche segno che restituisca la possibile riapertura, una traccia di una speranza mai sopita in questi lunghi anni di chiusura.
Correva il 31 dicembre del 2017, una sessantina di persone, forse inconsapevoli, assistevano all’ultima proiezione, una pellicola che terminava con l’immancabile ‘the end’, la fine.
In molti da subito ci siamo chiesti come fare ad attivare proposte e progetti per la riapertura, allora può essere utile andare in emeroteca e sfogliare i giornali, rileggere le tante occasioni perdute, articoli che ci permettono di rileggere la realtà nel suo tempo reale, prima che diventi tristemente relegata nella memoria.
Ho aperto il giornale molto indietro e ho cercato le prime occasioni di ricostruzione di questo lungo e interminabile labirinto, erano gli anni Sessanta e si apriva la discussione sul che fare di due spazi collocati nel nostro Centro Storico: il Mercato Coperto e il Teatro Giuseppe Verdi. In più occasioni mi sono ritrovato a parlare di questa vicenda, per non sbagliare corsi a leggere le carte amministrative del tempo, il dibattito si articolava tra demolire e ristrutturare, i conti amministrativi davano un costo di demolizione poco lontano dalla ristrutturazione.
Non ci fu scampo: le ruspe intervenivano radendo al suolo in rapida successione i due volumi. La considerazione: le strutture erano di proprietà pubblica, il Teatro portava il nome di Giuseppe Verdi, primo in Italia dopo la morte del Maestro di Busseto, aveva certo necessità di interventi, da anni viveva uno stato d’abbandono, l’ultima gestione privata lo portò ad un grave fallimento. La stessa famiglia Cantero chiese di occuparsi del salvataggio, ma si preferì non accettare la proposta, scelta che portò alla costruzione del teatro attuale.
Il Mercato Coperto era un volume dalla severa architettura razionalista e occupava una buona parte di piazza Fenice: la storia si ripete uguale, costante, rilevabile nella carenza d’idee, la domanda era sull’utilità del restauro o la demolizione. E si demolì! Una delle argomentazioni che emergeva in epoca di discussione erano i posteggi auto che si potevano ricavare, quel numero era un vero lanciafiamme verso i sostenitori del restauro, il trovare parcheggio era giustificazione assoluta allo scempio delle demolizioni.

Passarono gli anni e si giunse al dibattito sul Cinema Teatro Astor. Qui la giustificazione trovava un forte alleato morale: fanno solo film a luci rosse! Cioè non si riusciva a ristrutturare questo spazio, rammento di proprietà comunale, con una lampadina di diverso colore dal rosso? Forse perché la lampadina riporta al ‘neo emoticon’ rappresentativo delle idee? Qualcuno urlava la piscina a Chiavari c’è! Sul mare com’è la nostra città! Nulla da fare, si demolisce con una costruzione di dubbio valore funzionale, con la piscina olimpica (sul mare) ridotta a un desolante paesaggio lunare.
Poi giunge il Cinema Nuovo, ennesima distruzione con una nuova sistemazione che tutti possono valutare. A questo punto il lavoro in emeroteca ci porta alle pagine più recenti, dolorose, un ‘magone’ che prende il cuore! Dal primo film proiettato a Chiavari, siamo nei tempi pioneristici dei Fratelli Lumière e dei lungimiranti uomini della Pro Chiavari che riutilizzano la chiesa di San Francesco. I giornali del tempo scrivevano “per la strabiliante visione dell’umanografo”, era il primo cinematografo che illuminava lo spazio e la fantasia dei presenti, una vera magia che avrebbe segnato un lungo periodo.
La memoria di quella sera si amplificava nel Cinema Radium, nel Politeama, nell’Eden, nel cinema teatro Eldorado, il popolare ‘U Budin’, sino al progetto del nuovo Civico in piazza Roma. Certo erano altri tempi, ma noi li abbiamo vissuti tutti, un percorso dove lo spettacolo era quotidianamente in scena e non un fanalino di coda da demolire. Ora le pagine del giornale-diario arrivano ai nostri giorni e ci narrano di promesse e soluzioni oramai dietro l’angolo, ma nulla è più successo. Dalla sera dell’ultima proiezione abbiamo formulato in molti proposte e progetti per riprendere il filo delle speranze. Gli Amici del Cantero hanno raccolto firme, elaborato idee, realizzato eventi per sensibilizzare la città, la proprietà e l’amministrazione, tutto senza esito. Resta la malinconica caduta delle lettere che componevano la gloriosa scritta dell’insegna, sino all’ultima consonante abbiamo riletto senza esitazioni: Cinema Teatro Cantero. Una formula di tre parole che sintetizzano un verdetto sul quale continuare a riflettere: le occasioni perdute, la cultura come fanalino di coda. Peccato! Ma la speranza è sempre nell’insegna delle nostre idee e continueremo a progettare il futuro della nostra città.
(* storico e cultore di tradizioni locali)