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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

Il Banco di Chiavari e della Riviera Ligure, dal 1870 un faro nell’economia del territorio

Beatrice Barghini, responsabile dell’Area Chiavari di Banco Bpm: “Il nostro rapporto con la città e con il Tigullio non è mai venuto meno”
La sede centrale del Banco di Chiavari e della Riviera Ligure
La sede centrale del Banco di Chiavari e della Riviera Ligure
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di DANILO SANGUINETI

Posto che – come esplicitamente riconosciuto dal più autorevole ed acclamato interprete del ruolo – i banchieri non hanno un cuore, ci si domanda se le banche lo possiedano. 

Un caso di scuola potrebbe essere quello del Banco di Chiavari considerato dai locali, almeno quelli over cinquanta, il Banco tout court. Per oltre un secolo ha costituito l’unica soluzione accettabile quando c’era da gestire patrimoni considerevoli, da sostenere grandi progetti industriali, da garantire imprese commerciali di qualsiasi rilevanza nel bacino del Levante. Una fiducia creata, ad Italia appena unita, da un pugno di maggiorenti cittadini, ma alimentata e consolidata dall’opera di un solo uomo, Nicola Giuseppe Dallorso, chiavarese 100%, nato a quasi sei anni esatti dall’atto di fondazione della banca. Dallorso vide la luce il 7 maggio del 1876, il Banco il 24 maggio 1870, alle ore 11 come rivelato dalla preziosa ricerca di Giorgio Getto Viarengo sul ‘Who’s Who’ delle vie di Chiavari

“Presso la sede del Circolo di Ricreazione di piazza Carlo Alberto, l’attuale Mazzini, si danno appuntamento un gruppo di circa 35 chiavaresi. L’ordine del giorno di tale appuntamento è quanto mai breve: Deliberare di costituire in Chiavari una Società Anonima per la fondazione di uno stabilimento di credito con la denominazione di ‘Banco di Sconto di Chiavari’. Il primo gruppo dirigente è formato da sei persone: Pietro CanepaAntonio Costa Zenoglio (presidente provvisorio), Agostino DaneriCamillo PallavicinoAgostino Repetti e Gio Batta Solari. Si versa un decimo della quota del capitale di L. 300.000. Il 31 maggio è indetta una nuova convocazione del Comitato Promotore, considerando le 280 azioni pubbliche collocate e si abbassa il capitale sociale a L. 400.000. Il 5 giugno è convocata l’Assemblea Generale, sono presenti 42 azionisti su 71, si vota la modifica della ragione sociale in ‘Banco di Sconto del Circondario di Chiavari’, di seguito si nomina il Consiglio di Amministrazione che risulta così formato: Presidente il marchese Camillo Pallavicino, i due vice presidenti sono i signori Giuseppe Puccio e Francesco Bertarelli, segretario Luigi Devoto, i sei amministratori Felice CastagninoAngelo MariniGio Batta SolariFrancesco Dall’OrsoAntonio Costa Zenoglio e Pietro Sanguineti”. Il primo direttore è Giuseppe Filippo Rossi. Il 5 dicembre del 1870, al numero 55 di via Rivarola apre il primo sportello. È lo storico palazzo appartenuto ai marchesi omonimi. E subito emergono alcuni dissidi tra gli azionisti che rendono l’idea di come questi conoscano bene i loro conterranei. Ci si lamenta perché “la sede individuata è troppo esposta alla vista del pubblico, il che preoccupa e porta a temere che molti possano rifuggire dal presentarsi al Banco a fare delle operazioni, perché dominati dai pregiudizi, e questi potrebbero tornare a danno del Banco”. Discrezione massima, non si vuole far sapere quanti e quali siano i ‘ricchi’ della zona…

Un anno dopo si acquista l’immobile al numero 7 in via Delle Vecchie Mura, dal 1872 sarà la nuova sede del Banco di Sconto del Circondario di Chiavari. Un direttore con funzione di contabile, un cassiere, tre applicati e due impiegati volontari senza stipendio (la mente vacilla…). Il direttore Rivara e il cassiere Raffo sono i due ‘manager’ ai quali è affidata la gestione operativa. Raffo sceglie come aiuto cassiere Nicola Giuseppe Dallorso. La sua assunzione nel 1891 viene così giustificata: “Sulla domanda Dallorso Nicola quale aiuto cassiere vista la lettera del sig. Raffo attuale cassiere il quale si assume ogni responsabilità il consiglio ben volentieri lo nomina ad aiutante cassiere sotto la responsabilità del sig. Raffo Emanuele attuale cassiere”.

Il giovane Dallorso incide subito sui destini della banca, è appena maggiorenne ma sa il fatto suo: nel 1895 un suo rapporto mette in luce le irregolarità del direttore Rossi. Il consiglio affida il controllo dell’istituto a Raffo e al suo rampante vice. Che impiega meno di un decennio per sedersi sulla poltrona di comando. Le sue qualità e la sua intransigenza lo rendono indispensabile e allo stesso tempo aumentano l’importanza della banca, la mettono al riparo da qualunque tempesta. Mentre altri istituti di credito fanno crac – si vede la Banca Rocca a fine 1904 – il direttore Dallorso può dire ai suoi azionisti: “La catastrofe bancaria che ha colpito la nostra città ed il suo Circondario non ha per nulla danneggiato il Vostro Banco, anzi ha condotto ad un aumento dei conti correnti considerevole, dando ragione di sentirci forti della fiducia dei nostri concittadini”. Il “Nostro Banco” si espande ad un ritmo vertiginoso: si aprono sportelli a nel settembre 1904 a Rapallo, nel maggio 1905 a Santa Margherita, nel novembre 1905 a Sestri Levante, nel settembre 1909 a Varese Ligure, nel luglio 1910 a Borzonasca, nel luglio 1912 a Lavagna, nel novembre 1918 a Camogli.

Dallorso è il master strategist per la parte operativa, coperto per la parte finanziaria dal nuovo presidente Fortunato Merello. Il 6 marzo del 1921 è modificata la ragione sociale, Dallorso e Merello impongono ‘Banco di Chiavari e della Riviera Ligure’, la sede di Chiavari viene ammodernata ed ampliata. Passo dopo passo ci si fa largo anche nel cuore della Superba: un primo ufficio viene aperto a Genova presso i locali della Camera di Commercio, nel 1928 si compra un Palazzo in via Garibaldi, nel cuore della city genovese. Dallorso dal 1932, quando Merello va in pensione, nel 1936, diventa presidente. Fa parte anche del Comitato di Consiglio assieme a Merello e Bernero. In pratica è lui il Banco. I dipendenti passano da 100 nel 1929 a 328 nel 1939, il portafoglio aumenta dai 17 milioni del 1932 ai 101 milioni del 1939. Viene nominato a fine 1939 Senatore del Regno ma non si compromette con il Regime, anzi. L’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo respinge la decadenza dalla carica del Senatore Nicola Giuseppe Dallorso: “Viene riconosciuto il suo ruolo determinante nel sostenere finanziariamente le formazioni partigiane operanti nel Levante Ligure”.

Il Banco e Dallorso sono diventati una cosa sola. Il suo discorso per i suoi 50 anni di lavoro nella società dice molto della banca e moltissimo dell’individuo: “Sono partito da una posizione di estrema modestia, ogni giorno ho avuto l’impressione che l’organismo tenue e fragile che io mi ero proposto di crescere come una mia creatura, si irrobustisse di passo in passo, per fiorire in una vitalità che ne assicurava lo sviluppo. Per il bene della nostra Chiavari, della nostra Liguria, della nostra Italia. Grazie, Colleghi, dal profondo del cuore”. Muore il 9 settembre del 1954, ancora presidente, ancora in controllo, garante di una espansione che non ha mai conosciuto vere battute di arresto. Un banchiere di capacità e caratura nazionale, una figura di self made man che ha pochi riscontri in Italia e altrove. In città la sua figura assume una connotazione quasi mitica. La strada che ospita uno degli ingressi della sede chiavarese gli viene intitolata a soli dieci anni dalla scomparsa.

Aver mantenuto la dizione di Chiavari nonostante dal 1968 il pacchetto di maggioranza sia detenuto altrove, segnatamente dal 2003, in Lombardia prima a Lodi e poi dal 2017, con la nascita di Banco Bpm, a Milano, è prova inconfutabile che il connubio con la città e il suo territorio (rivelato dal secondo complemento di denominazione ‘e della Riviera Ligure’) fosse e rimanga saldissimo.

Se non bastasse ci sono le parole della dottoressa Beatrice Barghini, responsabile dell’Area Chiavari di Banco Bpm: “Il rapporto della banca con la città di Chiavari è sempre stato un rapporto importante, solido e continua su questa falsariga. Sulla piazza di Chiavari rappresenta un punto di riferimento per le famiglie e per le aziende. Nacque con questo intento, lo ha mantenuto nelle varie vicissitudini, non è mai venuto meno il connubio con la città e la zona, oggi più che mai intende mantenere il rapporto con il territorio”. Anche lei sottolinea l’importanza non solo formale dell’aver mantenuto l’antica denominazione. “Per noi il nome, l’insegna che ancor oggi campeggia sulla nostra sede di Caruggio Dritto, Banco di Chiavari e della Riviera Ligure, è importante perché deve essere un messaggio. Poi è chiaro: i progressi dell’economia, la storia che va avanti, impongono certi cambiamenti”. 

Il Banco di Chiavari e della Riviera Ligure

La banca che è una delle stelle più luminose della galassia Banco Bpm ha dovuto cavalcare questi cambiamenti per poter stare al passo. Ed a proposito di mutamenti e mutazioni quanto accaduto dal 2020 ad oggi sono valsi quanto e più di dieci stress test ordinati dai severissimi organi di controllo europei. “Quasi un triennio, dallo scoppio della pandemia fino a… ieri che sono stati davvero complicati. Ebbene posso dire con tranquillità che il Banco di Chiavari non solo se la è cavata egregiamente ma che, se possibile, ne è uscito più rafforzato perché ha dato pieno sostegno sia alle famiglie che alle imprese. Sia attuando tutte le iniziative varate dal Governo a supporto del tessuto economico, sia avviando in modo autonomo programmi specifici. Quindi è stato vicino alla propria clientela: alle famiglie, con la sospensione dei mutui, e alle aziende, nel dare supporto con le moratorie e i finanziamenti agevolati. Per questo ne è uscito, come dicevo, rafforzato sia nel legame con i suoi clienti sia in tema di risultati. L’anno scorso, a dicembre del 2022, il Banco di Chiavari, quindi Banco Bpm, di cui fa parte il Banco di Chiavari, ha chiuso con uno dei migliori risultati da quando il gruppo è nato”.

Essere integrato nella organizzazione di un colosso come Banco Bpm garantisce a quello di Chiavari crescita e rilevanza. La dottoressa Barghini si appella alle dichiarazioni dei vertici del gruppo: “Il nostro presidente Massimo Tononi, ha ricordato recentemente che noi non siamo solo il terzo polo tra gli istituti di credito italiani, siamo anche la somma di 20mila persone che contribuiscono con il loro impegno e senso di appartenenza a costruire una banca di comunità”.

Una galassia dove una stella come il Banco di Chiavari può brillare senza timore di essere eclissata… “Si abbina la vicinanza al territorio con le risposte veloci; la conoscenza del territorio con la reale offerta di servizi a 360 gradi e soprattutto nello stare al passo con i tempi”. Che richiedono autonomia, vicinanza, territorialità, d’accordo ma anche forza e versatilità. “Occorre essere grandi abbastanza per vincere le sfide attuali che sono enormi, epocali. Penso ai temi ambientali e vi aggiungo quelli digitali. La transizione digitale è in corso. Il primo impulso arrivato dalle banche online ha fornito una spinta ulteriore alle banche tradizionali affinché si dotassero di un modello definito ‘digital driven’. Un approccio basato sul digitale, guidato dai dati, che permette di dare un servizio in più ai nostri clienti”.

Il giudizio della responsabile di Chiavari è assolutamente positivo: “Aggiungo che questo fa la differenza rispetto ad una banca online. Il Banco ti dà il contatto con un tuo gestore di riferimento oltre che al servizio digitale; quindi, non c’è la spersonalizzazione che spesso il cliente avverte quando si rapporta con banche puramente online. La relazione tra un cliente e un call center, per esempio, sebbene sia efficace e utile nell’ambito dell’assistenza sui prodotti e servizi più comuni e standardizzati, difficilmente può essere sufficiente per le esigenze più complesse e di lungo periodo di una famiglia, come l’acquisto di una casa o l’avvio di un’attività”.

Bilanciarsi tra le varie istanze resterà l’asso nella manica di una banca ‘family oriented’ come il Banco di Chiavari dei prossimi anni. “Nel piano industriale che arriva al 2024 c’è la transizione digitale per poter servire tutti, venire incontro a chi magari abitualmente non si può recare presso le nostre filiali e al tempo stesso c’è la volontà di mettere a disposizione dei clienti personale sempre più qualificato per i servizi di consulenza”.

E poi c’è il nodo del cambiamento climatico. “Quest’anno abbiamo realizzato un risparmio energetico di oltre il 12%, utilizzando fonti di energia esclusivamente rinnovabili. Come riportato nell’ultima Dichiarazione Consolidata Non Finanziaria, Banco Bpm dal 2021 ad oggi ha emesso oltre tre miliardi di Green Bond, che sono prestiti obbligazionari che il Banco emette, come altre banche di grandi dimensioni, per raccogliere fondi che vengono destinati a finanziare progetti per l’ambiente. In più abbiamo in corso finanziamenti per una categoria di progetti, nell’ambito del Pnrr, dedicati al recupero energetico e alla transizione digitale per dare sostegno a tutte le aziende che ci circondano e che dovranno confrontarsi con questo tema”.

Problemi attuali affrontati sempre pensando al Levante. “A conferma dell’attenzione per il Tigullio e il suo circondario mi piace citare una operazione alla quale tengo molto: abbiamo siglato una convenzione con Ascom Genova e un altro accordo con Confindustria Genova che ci vede partecipi direttamente noi nel Tigullio perché tali accordi hanno pieno valore per tutte le nostre aziende”. Escono frantumati dall’appassionato ragionamento della dottoressa Barghini sia lo strascico di diffidenze (forse inevitabili per i rustici liguri) che l’armamentario di luoghi comuni sulla banca ‘controllata dagli stranieri’.

Svanisce persino l’immagine un po’ troppo dickensian-disneyana del banchiere con le ghette e il redingote che carpisce al diffidente villico anche l’ultimo soldo faticosamente guadagnato. Le vele del Banco, quelle del glorioso logo originale, ancora consentono di bordeggiare sicuri tra i gorghi del terzo decennio del XXI secolo. A Chiavari c’è una banca con i piedi ben piantati sul terreno natio, la testa che spazia nell’intero Paese e lo sguardo puntato sull’universo mondo. Il cuore batte ancora, ha bypassato accorpamenti, fusioni e patti di sindacato. L’essenza dello ‘stabilimento di credito” è sempre percepibile – tra un quadro di ispirazione marinara e un ficus che appare uscito dalle serre poche distanti – nell’edificio bicentenario al numero 6 di via Dallorso, angolo di via Martiri della Liberazione. Hic manebimus optime. Persino l’inflessibile senatore Nicola Giuseppe Dallorso non avrebbe nulla da eccepire.

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