Prosegue con questo numero di ‘Piazza Levante’ la nostra rubrica bisettimanale dedicata al progetto ScuolAscolta on air, ideato e promosso dalla psicologa e psicoterapeuta Erika Panchieri sulle frequenze di Radio Aldebaran: a ogni puntata un tema di attualità, declinato per insegnanti e famiglie. Appuntamento in Radio venerdì 16 dicembre alle ore 9,50.
di ERIKA PANCHIERI *
Genitori allarmati che chiedono se il proprio figlio, in cui ormai è difficile riconoscere il bambino presente in casa fino a poco prima, sia ‘normale’ o se nel suo atteggiamento ci sia da ravvisare qualche segnale di allarme se non addirittura di sofferenza.
L’adolescenza, di fatto, è un periodo della vita in cui i ragazzi sono chiamati ad assolvere ai cosiddetti ‘compiti di sviluppo’. Detta in altro modo, hanno dei traguardi da raggiungere per passare al livello di sviluppo successivo.
In questa fase il compito per antonomasia è la costruzione di una salda identità adulta. Questo, però, prevede di superare un percorso accidentato, molto scomodo per chi lo percorre ma anche per chi assiste alla scena da comprimario.
I ragazzi iniziano in questo periodo a dimostrare a se stessi e agli altri che sono entità diverse dagli adulti, in generale e da quelli che hanno avuto come riferimento specifico fino a quel momento.
E, quindi, i genitori cosa osservano? La porta della camera chiusa, scarsa comunicazione a fronte di alta conflittualità, gusti, interessi, passioni, abbigliamento completamente diversi dai loro.
Insomma, tutte azioni o atti simbolici che stanno proprio a dire “io e te non c’entriamo più niente l’uno con l’altro”.
L’adolescente che perde la famiglia come baricentro ha bisogno di trovare un degno sostituto e chi meglio del gruppo dei pari? Gli amici diventano il punto di riferimento, la fonte principale di informazioni su di sé. Questo, ovviamente, può portare con sé delle criticità.
Quando l’appartenenza al gruppo diventa cosi importante nel definire chi sei, è molto rischioso perderla ed ecco, quindi, che dire di no e manifestare il proprio dissenso può essere visto come un rischio. Da non correre.
Dovessimo tirare le somme, quindi, potremmo dire che se avete a che fare con un adolescente che assomiglia alla descrizione che abbiamo fatto, un adolescente che vi piace poco e che nulla c’entra con il piccolo che vi girava attorno fino a poco tempo fa… beh, tutto normale.
Non preoccupiamoci dei silenzi, degli sbalzi di umore, del disinvestimento scolastico e del maggior tempo dedicato agli amici. Teniamo gli occhi aperti sugli estremismi (aggressività, chiusura sociale, ritiro scolare, ecc.) ma manteniamo la barra dritta di fronte al resto.
Il conflitto, poi, è il pane quotidiano dell’adolescente ed è necessario starci davanti senza seguirlo nell’escalation evitando di andare in quello che viene definito ‘diluvio emotivo’ (la parte razionale del cervello spenta, quella emotiva iperattivata). Non facile, certo, ma consente di mantenere il livello dei toni sotto una certa soglia di tolleranza (propedeutica a ristabilire in tempi più rapidi l’equilibrio emotivo in famiglia).
Sapere che certi atteggiamenti sono propri di un adolescente tipico, non vuol dire tollerare tutto senza intervenire: mai bisogna sottrarsi al proprio ruolo educativo. Rimangono le regole, i confini e si manifesta il proprio disappunto di fronte ad alcuni comportamenti e a determinate scelte (dietro le quinte poi si saprà di non doversene preoccupare troppo, anzi si saprà prevedere).
In ultimo, ricordiamoci che l’adolescente deve necessariamente attraversare questo periodo per evolversi (chi non lo fa, mette comodo il genitore ma risente delle conseguenze un po’ più tardi): il bambino conosciuto e amato farà un giro largo ma poi tornerà già un po’ adulto al cospetto dei propri genitori chiudendo il cerchio.
(* Psicologa, psicoterapeuta e ideatrice del progetto ScuolAscolta)