di ALBERTO BRUZZONE
Chi il 27 aprile, chi il 4 maggio, chi il 18 maggio, chi il 1° giugno. I commercianti sono pronti a rialzare le saracinesche delle loro attività, dopo il lungo e drammatico periodo di lockdown. In molti lo faranno, anche se con prospettive non certo rosee. Perché una Riviera che, specialmente d’estate, vive grazie al turismo – e anzi aspetta proprio l’estate, tutti gli anni, come stagione migliore dal punto di vista del lavoro e dell’indotto – non può non addentrarsi in questo 2020 tra mille e più incognite.
Punti interrogativi sul futuro, ma anche – e in gran quantità – sul presente, visto che dal Governo e dalla Regione non sono ancora arrivate indicazioni chiare su come comportarsi e si brancola più o meno nel buio. Incertezza c’è sul conto economico, incertezza c’è sulle prospettive finanziarie, incertezza c’è sulla possibilità di garantire occupazione e incertezza c’è su quali misure di sicurezza e quali metodologie di sanificazione siano necessarie, al momento della ripartenza.
Un pasticcio dietro l’altro, insomma. Il tutto dentro la stringente necessità di fare presto, perché altre settimane di lockdown non sono più tollerabili.
Il documento dell’Ascom di Chiavari
Un documento molto preciso e forte è stato emesso, nei giorni scorsi, dall’Ascom di Chiavari. Lo firma il presidente Giampaolo Roggero. Secondo lui, “siccome i nostri negozi di vicinato potranno riaprire, se la situazione lo permetterà, solamente il 18 maggio, questo è un periodo d’incertezza che prolunga la nostra agonia perché, dopo oltre due mesi di zero fatturato, senza sostegno economico adeguato e nessun aiuto sulla sospensione delle utenze e dei canoni di affitto, difficilmente le nostre attività riusciranno a rialzarsi. I commercianti, come tutti i cittadini, hanno dimostrato in questa fase di emergenza grande senso di responsabilità, nonostante le loro attività siano già state provate nel recente passato da altri eventi come quelli, ad esempio, meteorologici”.
Ma, precisa Roggero, “a fronte di questa dimostrazione di responsabilità, ci aspettavamo delle risposte diverse alle istanze portate dalla nostra associazione sul tavolo del Governo, con una riapertura graduale a partire già dal 4 maggio delle attività di vicinato, come ad esempio quelle del settore dell’abbigliamento, che nella provincia di Genova conta all’incirca 2700 imprese con una media di due dipendenti per attività, che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro. In questo momento riteniamo sia necessario che venga erogata liquidità con maggior facilità e siano più concrete le misure di sostegno al reddito, altrimenti il sacrificio richiesto alle piccole e medie imprese sarà troppo grande. Se le piccole realtà commerciali saranno costrette a chiudere, anche la sicurezza e il benessere del nostro territorio svaniranno. Riteniamo quindi doveroso, come associazione, impegnarci nel chiedere alla Regione di ‘forzare’ il decreto consentendo la riapertura di tutte le tipologie di attività, com’è stato fatto con l’ordinanza regionale in vigore dal 27 aprile che prevede l’asporto per le attività di ristorazione e somministrazione”.
Una posizione molto netta, da parte dei commercianti di Chiavari, che sono una delle realtà storicamente più importanti, nonché numerose, dell’intero levante genovese. “Ci è sembrato giusto – osserva Roggero – redigere un documento unitario, piuttosto che muoverci in modo sparpagliato. Dallo Stato, nel concreto, non sta arrivando nulla, quindi dobbiamo riprendere assolutamente a lavorare. Quanto alla sicurezza, speriamo di avere delle linee guida più precise, rispetto a quelle di carattere generale. Abbiamo capito che nei negozi al di sotto dei quaranta metri quadrati si dovrà entrare a uno per volta, ok. Ma il tema della sanificazione? Se ne dovranno occupare ditte specializzate, oppure basterà che la facciano i singoli gestori? E, in questo caso, con quali prodotti? Per chi ha i negozi di abbigliamento, poi, c’è tutto il discorso dei capi provati: come andranno rimessi a posto?”.
La questione ristoranti a Rapallo
Sul versante di Rapallo, le prospettive non cambiano: “Ci devono dire con anticipo quello che dobbiamo fare. Non è che ce lo possano dire all’ultimo giorno – sostiene Massimiliano Colombi, presidente dell’Ascom di Rapallo e di Zoagli – Le indicazioni su come lavorare devono essere precise e dettagliate. Quanto ai tempi, non resta che fidarsi di chi deve prendere delle decisioni. Ma prima arriva il via libera, è ovvio, e meglio è”.
Colombi è il titolare della Trattoria Da Mario e quindi può parlare con competenza ed esperienza diretta anche del fronte della ristorazione. “Noi saremo tra gli ultimi a partire, il 1° giugno, quindi saremo stati, alla fine, chiusi per tre mesi di fila. Solo che non bisogna rischiare di chiudere per sempre, perché non è giunto il supporto da parte dello Stato. E non parliamo di prestiti. A parte le enormi difficoltà per averli, questi prestiti, ma si tratta di soldi che poi, alla fine, andranno comunque restituiti. Alla nostra categoria servono aiuti veri, perché si sono ormai create difficoltà in tutta la filiera e tutto rischia di restare bloccato. Di questo passo, saremo costretti a lavorare con meno dipendenti”.
Anche perché, come pare, si potranno fare molti meno coperti: “Se bisognerà rispettare le distanze, dovremo ridurre tutto. E anche qui le nostre preoccupazioni sono molto forti. Già abbiamo messo una bella croce sopra sugli stranieri, ma speriamo di poter contare almeno sul turismo di tipo nazionale, in particolare da Lombardia, Piemonte ed Emilia. Guardando il meteo delle ultime settimane, certo che il dolore è doppio: perché sono state giornate bellissime e sarebbero state ottime per tutti. Ma dobbiamo non abbatterci”.
Sulla questione plexiglass, Colombi è prudente: “Lo voglio dire a tutti i miei colleghi: aspettate a fare questi tipi di acquisti, perché non c’è ancora nulla di ufficiale. Ci sono aziende il cui ‘core business’ sono le sanificazioni e queste installazioni: stanno ovviamente premendo. Ma non sono ancora obbligatorie. Aspettiamo indicazioni ufficiali prima di fare investimenti costosi. L’unica cosa che pare ormai sicura sono le barriere tra un tavolo e l’altro: anche se spero che spariscano pure queste, perché andare a mangiare dentro a dei ‘cubicoli’ non è proprio il massimo”.
Lavagna si affida al turismo regionale
Grande e giustificata impazienza pure a Lavagna. “Ogni giorno – commenta Massimiliano Marrè, presidente del Civ di Lavagna – è uno in meno che manca alla riapertura. Nel frattempo, i commercianti si sono tutti più o meno adeguati alle misure di sicurezza che si renderanno necessarie. La cosa un po’ più difficile sarà per bar e ristoranti. C’è da dire che queste chiusure hanno messo in sofferenza sia le attività stesse e le loro famiglie, sia la città nel suo insieme. Abbiamo visto che cosa significa un centro urbano senza negozi aperti, con i fondi completamente chiusi: abbiamo visto la tristezza e la desolazione. Ecco, ora ricordiamocene, quando saremo ripartiti. Ricordiamocene ogni volta che effettuiamo acquisti online”.
Secondo Marrè, “tante realtà ripartiranno, perché hanno basi solide dietro. Ma ripartiranno anche quelle senza alcuna certezza: bisognerà poi capire se saranno in grado di resistere. Il sistema dei prestiti non è stato una buona scelta, secondo me: sarebbe stato meglio concedere aiuti a fondo perduto, oppure introdurre il sistema del credito fiscale, almeno ogni commerciante avrebbe potuto tenere per sé gli incassi. Questo, invece, mi pare un meccanismo troppo complicato”.
Sul fronte del turismo, secondo il presidente del Civ di Lavagna, “le nostre spiagge sono le più frequentate del Levante, anche da persone che si muovono dentro la regione. Quindi la nostra fetta di visitatori la dovremo avere assicurata. Se poi potremo contare pure sugli arrivi nazionali, tanto meglio. Tutto contribuirà a salvare questa estate”.
E se poi, come tutti sperano, il virus sparirà con le alte temperature: beh, allora sarà ancora meglio, per tutti quanti.