(r.p.l.) “Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me. Poi ho continuato studiando tutt’altro, e ho fatto prima il commercialista e poi l’avvocato. E ho seguito tante altre strade, passando per la finanza, prima di arrivare a occuparmi di imballaggi, poi di alluminio, di chimica, di biotecnologia, di servizi e oggi di automobili. Non so se la filosofia mi abbia reso allora un avvocato migliore o mi renda oggi un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli occhi, ha aperto la mia mente ad altro. Nel cammino di ognuno di noi ci sono tante porte e dietro di esse ci sono cose che possono cambiare noi stessi e la nostra vita. Ma le può riconoscere solo chi ha abbracciato l’abitudine ad apprezzare tutto ciò che può capitare, che ha mantenuto una mente aperta al cambiamento, alla voglia di crescere, di mettersi alla prova”.
Così, nel marzo del 2012, Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, parlava alla platea degli studenti della Bocconi. Aggiungendo poi: “Anche se non sottovaluto la gravità della crisi che stiamo attraversando in Europa, non sono venuto qui a parlarvi di problemi né a tratteggiare un futuro cupo e incerto. Si dice che gli esseri umani possano vivere quaranta giorni senza cibo, quattro giorni senza acqua e quattro minuti senza aria. Ma nessuno di noi può vivere quattro minuti senza speranza”. Un discorso profondo, dove Marchionne svelò l’uomo, prima ancora che il manager, e che è diventato ancor più cliccato, letto e commentato ora che non c’è più.
Proprio da qui, quindi – e non per caso – Nicola Saldutti, caporedattore della sezione Economia del ‘Corriere della Sera’, è voluto partire, per raccontare chi è stato e che cosa ha rappresentato Sergio Marchionne, nel contesto imprenditoriale italiano e pure internazionale.
A più di un anno dalla sua morte, nelle scorse settimane il principale quotidiano italiano ha pubblicato, in allegato al giornale, il libro ‘Marchionne, il sogno incompiuto’, che riunisce, sotto forma di antologia ragionata, i principali articoli dedicati al compianto amministratore delegato della Fiat, per restituirne un quadro di manager, ma comunque legato alle cronache e al tempo e le circostanze in cui ha vissuto.
Questo brillante lavoro, che si avvale delle principali firme del ‘Corriere’, verrà presentato domani pomeriggio (20 settembre) alle ore 18 nella sede chiavarese di Wylab, in via Davide Gagliardo 7, a ingresso libero. L’incontro è organizzato da Wylab e da ‘Piazza Levante’.
Il dibattito sarà moderato dal giornalista del ‘Corriere’ Matteo Muzio e vedrà la partecipazione, insieme a Saldutti, del nostro editore Antonio Gozzi, imprenditore di lungo corso che per anni è stato alla guida di Federacciai e che ha conosciuto personalmente Marchionne, potendone apprezzare le qualità.
Nella sua introduzione al lavoro, Saldutti osserva: “La figura di Sergio Marchionne più di altre racchiude le contraddizioni del nostro tempo. Le decisioni di rottura, come l’uscita dalla Confindustria; il referendum di Pomigliano, per tenere in vita lo stabilimento dove negli anni passati si producevano le Alfasud, simbolo di quello statalismo imprenditoriale che non era riuscito a fare il salto industriale vero; il tentativo fallito di rilevare la Opel; il continuo volare da Torino a Detroit; il rapporto con il mondo politico. Il suo ultimo discorso alla consegna di una Jeep all’Arma dei Carabinieri, in quella mattina del 26 giugno 2018, prima di essere ricoverato a Zurigo. Con quel filo che lo legava alla memoria del padre Concezio, maresciallo dei Carabinieri, emigrato a Toronto. Il suo forte legame con la terra d’origine, l’Abruzzo”.
Secondo il caporedattore del ‘Corriere’, “forse Marchionne è la persona che più di altre ha ribadito quanto il contesto di riferimento e l’accelerazione del cambiamento ponesse l’Italia nella necessità di trasformarsi. Certo, il fallimento dei tentativi di costruire nuove alleanze, dopo l’acquisto della Chrysler, ha rappresentato un vulnus per il futuro del gruppo. La sua scomparsa improvvisa – anche se lui stesso aveva annunciato che nel 2019 avrebbe lasciato – ha naturalmente riaperto gli scenari. Ma qual è stata l’eredità di Marchionne? Al suo arrivo la società era sull’orlo del fallimento, nel 2018 era un gruppo nel quale l’auto era una delle componenti, anche per quello che riguarda la Borsa. Dove sono quotate dalla Cnh alla Fca, alla Ferrari. E le vicende legate al tentativo in questi mesi di stringere un’alleanza con Renault dimostrano quanto siano difficili le nozze tra i gruppi automobilistici, ribadendo d’altro canto la necessità di concentrare gli sforzi per gruppi che fanno fatica a sopravvivere da soli”.
Di questo e di tanti altri temi si parlerà domani pomeriggio, ripercorrendo un campo lungo sulle tappe che hanno scandito la vita di manager di Marchionne, ricostruite attraverso i servizi con cui il ‘Corriere della Sera’ ha seguito l’evolversi della sua visione di leadership, dalla nomina quasi dal nulla ad amministratore delegato della Fiat (‘Marchionne chi?’, si diceva in quei giorni) fino al ricovero in Svizzera e alla morte, il 25 luglio 2018, che ha suscitato oltre ogni previsione l’emotività collettiva.
Questa prospettiva è soprattutto utile quando si tratta di un personaggio controverso, sul quale ciascuno ha già costruito una propria opinione, un proprio giudizio. In questa chiave, scrive Saldutti, “rileggere gli articoli pubblicati sul ‘Corriere’ mentre le cose accadevano non è un’operazione di nostalgia, è un atto che può aiutare a rivedere, valutare, e rivalutare, se necessario. Oppure, semplicemente, rimettere i tasselli al loro posto”.
E, in aggiunta, può servire a riproporre sul tavolo i temi che con pensiero originale, non da tutti condiviso, ma sempre sorretto dalla forza della visione e dalla determinazione del temperamento, Marchionne ha inserito in modo irreversibile nelle strategie e nella progettazione del tessuto imprenditoriale e industriale italiano (come l’internazionalizzazione, il rapporto con i sindacati e con la rappresentanza).
“A Sergio piaceva descrivere Fca, Cnh Industrial e Ferrari come aziende ricche di donne e uomini di virtù. Persone che sentono la responsabilità di ciò che fanno, che agiscono con decisione e coraggio, che non si tirano indietro quando si tratta di dare il buon esempio. Se le nostre aziende sono così oggi, lo dobbiamo anche a lui”, ha ricordato il presidente di Fca, John Elkann.
Un manager perfettamente tratteggiato nei ritratti di Bianca Carretto e di Raffaella Polato, ma anche negli articoli di Massimo Gaggi, Giacomo Ferrari e Sergio Bocconi, oltre che nella lettera di Franzo Grande Stevens che è intitolata ‘Per me era come un figlio, è diventato un fratello’. Sino al ‘tocco’ sempre efficace di Massimo Gramellini, che tra i maglioni, i gamberoni e lo spot della Cinquecento, si domanda e domanda: ‘Se finisce il ceto medio, chi comprerà la Panda?’.