di ANTONIO GOZZI
Cesare ‘Cesarino’ Sangermani ci ha lasciati con la stessa gentilezza e discrezione con cui ha vissuto la sua avventura umana. Niente fiori, niente cerimonie, forse un semplice ritorno al mare delle sue ceneri, in quel golfo del Tigullio che ha tanto amato e che è stato lo sfondo della sua vita.
Un protagonista gentile della nautica italiana, erede di un brand che è stato, in un certo momento storico, forse il più famoso del mondo nella costruzione di grandi yacht a vela.
Un blasone di cui era orgoglioso, ma che probabilmente gli è anche pesato, nel confronto con i fasti (quelli delle generazioni precedenti) che non potevano tornare più.
Un suo operaio ricordando l’umanità e il sorriso di Cesarino, ma anche la sua straordinaria conoscenza, ha detto: “Sapeva tutto. Era un’enciclopedia della nautica. Sarà difficile ritrovare uomini così in questo settore”.
Sì, sarà difficile, perché in effetti ciò che colpiva di Cesarino era la competenza estrema, usata sempre con umiltà e gentilezza e senza arroganza. Per ogni problema tecnico e concettuale che poteva porsi nella costruzione di una barca nuova o nella manutenzione di una usata aveva una soluzione razionale e semplice.
Ho passato tanto tempo con lui negli ultimi dieci anni. Mi aveva aiutato a comprare usata una sua straordinaria imbarcazione, il Sangermani Day Cruiser 9.99, ‘Luce’, con cui continuo a girare tra Liguria, Corsica e Sardegna con enorme soddisfazione.
Lui capiva questo mio amore, che era il suo, per uno scafo disegnato negli anni ’30 da suo padre per il podestà di Rapallo, e che in effetti ricordava un po’ le linee dei MAS.
Da questo amore comune era nata l’idea di creare insieme una joint-venture per rilanciare commercialmente queste imbarcazioni.
Quante idee, quanti sogni, quanti progetti fatti insieme intorno al 9.99! L’ultimo, di farne un day cruiser completamente elettrico, con propulsione a idrogetto capace di entrare silenzioso nei parchi naturali senza alcuna emissione molesta.
Ogni progetto, anche quelli più sofisticati dal punto di vista tecnologico, lo entusiasmava, forse perché era consapevole che fino a quando siamo capaci di fare progetti, vuol dire che siamo vivi.
Ogni inizio giugno porto ‘Luce’ in Corsica attraversando il Tirreno tra delfini e balene. La traversata è sempre qualcosa di magico e misterioso, non senza qualche rischio perché, per almeno un’ora di navigazione, sei solo in mezzo al mare e non vedi più costa né da una parte né dall’altra.
Cesarino voleva sempre essere rassicurato del buon esito della traversata, e il rito voleva che quando arrivavo alla Giraglia lo chiamassi per dirgli che ero arrivato al Capo Corso e quanto tempo ci avevo messo.
Quella telefonata davanti alla magia della Giraglia è uno dei ricordi più belli della mia vita e mi mancherà. Davanti allo scoglio corso, anche quest’anno penserò a Cesarino, e so che lui guarderà dall’alto me e ‘Luce’ con l’affetto di sempre.
La malinconia e il rimpianto che ho è che, per mancanza di coraggio, gli ho parlato poco negli ultimi mesi. Spero che Cesarino me lo perdoni. Cercherò di parlare tanto con lui nei miei sogni e nei ricordi di uno straordinario gentiluomo del mare.
Ciao Cesare.