Ripartono in presenza gli appuntamenti culturali organizzati dall’Associazione Il Bandolo, e ripartono con un bell’omaggio a un illustre chiavarese venuto a mancare poche settimane fa. Sabato 2 ottobre, alle ore 17,30, presso la Sala Ghio Schiffini della Società Economica di Chiavari, in via Ravaschieri 15, ecco l’iniziativa dal titolo ‘Ogni pietra ha qualcosa da raccontare’, un ricordo di Guido Lombardi, scrittore e regista chiavarese.
Interverranno Roberto De Bartolomeis e Massimo Ortelio. È prevista nell’occasione la proiezione del documentario ‘I diari del fiume’. L’ingresso è libero prevo controllo del Green Pass e sino a esaurimento dei posti a disposizione.
Guido Lombardi, nato a Chiavari, si era trasferito in giovane età a Roma, dove nel 1965 aveva frequentato una scuola di cinema. Scrisse il capitolo su avanguardia e underground della ‘Storia del cinema’, Garzanti 1988. Con la moglie e compagna di lavoro, Anna Lajolo, ha lavorato sin dal 1967, realizzando documentari, film sperimentali e indipendenti, video sociali e programmi di finzione e inchieste per la Rai.
Tra i pionieri del video in Italia, ha fondato nel 1971 con Alfredo Leonardi il gruppo Videobase, sciolto nel 1978. Oltre alla collaborazione con Rai 3, ha continuato come gruppo Altrementi, fondato con Gianfranco Baruchello nel 1985, a realizzare video indipendenti con attenzione alle nuove tecnologie di elaborazione delle immagini elettroniche.
Massimo Ortelio, uno dei suoi amici più cari, lo aveva ricordato così, lo scorso luglio, sulle pagine di ‘Piazza Levante’: “Guido ha sempre scritto. Scriveva con stile, ed è questo a fare di uno che scrive uno ‘scrittore’. Sapeva dosare aggettivi e avverbi, come ingredienti di una ricetta antica. Sempre sobria ed elegante e costruita con maestria, la prosa poetica di Guido Lombardi era capace di evocare uomini, luoghi e cose, nominandoli, che è poi la qualità sovrana dei narratori. Per me rimane uno dei grandi scrittori di Liguria, un Biamonti del Levante. Non credo che nessuno abbia saputo raccontare come lui, l’incanto, la malìa di questa terra. Guido aveva cantato la provincia in una delle sue serie di documentari più fortunata, ma come regno della biodiversità umana, come terreno di coltura della genialità, vivaio delle arti, dove le donne e gli uomini resistono strenuamente all’omologazione”.